Raffaele Mantegazza

La scuola non invaderà mai i tuoi spazi privati

A ciò che non tramonta come è possibile nascondersi?
Eraclito di Efeso

Foto di Hebi B. da Pixabay

Se qualche scrittore di fantascienza prima del 2020 avesse scritto un racconto nel quale le telecamere della scuola penetrano nelle camerette dei nostri ragazzi, ed essi sono costretti a connettersi, a mostrarsi, ad ascoltare e ad intervenire, probabilmente alcuni di noi l’avrebbero tacciato di pessimismo antitecnologico oppure avremmo apprezzato la sua incredibile fantasia. Ovviamente non si può raccontare la didattica a distanza solamente attraverso queste parole, perché è del tutto ovvio che si è trattato di una risorsa fondamentale che ha contribuito a salvare la relazione educativa e a non far naufragare i ragazzi nella paura e nella solitudine, durante le chiusure per il coronavirus. Ma non si può nemmeno ignorare che la necessaria invasione della privacy è stata una caratteristica fondamentale dei mesi della DAD.
La scuola è entrata nelle case: non solo nelle camerette dei ragazzi ma anche nei soggiorni, nelle cucine, e ha necessariamente ascoltato l'abbaiare del cane, il pianto della sorellina, l’acciottolio, dei piatti; ha visto i quadri alle pareti e il colore delle tappezzerie; ha esteso il suo spazio all’interno del nido dei ragazzi e delle ragazze. Cosa comporta tutto questo per quanto riguarda il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato? Nonostante le critiche a volte del tutto legittime, la scuola occupa ancora un posto fondamentale nelle biografie e nelle storie esistenziali dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze. Forse non un posto centrale, ammesso che l'abbia mai occupato, ammesso che esista un centro nella vita di questi adolescenti che invece ci sembra sempre più policentrica, sempre più simile ad un puzzle o ad un mosaico. Ma certamente il pezzo occupato dalla scuola è ancora importantissimo a livello di emozioni, a volte positive, troppo spesso negative. Proprio per questa presa forte sui mondi emotivi la scuola deve imparare a trattenersi, a non penetrare per troppo tempo e troppo in profondità nelle dimensioni intime dei ragazzi e delle ragazze. La scuola che entra nella tua cameretta viene lasciare il suo segno in uno spazio intimo, lo spazio dei sogni, dei giochi, delle riflessioni, a volte anche del proibito. Non dobbiamo avere l’ossessione della quantità: il tempo scolastico deve essere un esempio di quel tempo di qualità sul quale si insiste da anni, un tempo che riassume in sé, in (relativamente) poche ore (ricordiamo che i ragazzi passano molto tempo a scuola) una profondità che forse non è dato incontrare altrove.

C’è un altro tema fondamentale che riguarda l’invasione degli spazi privati dei ragazzi e delle famiglie ed è quello che concerne i gruppi WhatsApp che gli insegnanti attivano. Utili per lo scambio di materiale, questi gruppi diventano pericolosi se mel gestiti; abbiamo visto per esempio insegnanti assegnare compiti “sul gruppo” il sabato pomeriggio o addirittura la domenica all’ora di pranzo. A parte il fatto che si tratta di avere quel minimo di buonsenso e di capacità di programmazione che porti a capire che i compiti vanno assegnati a scuola, il senso di mancanza di rispetto per l’intimità famigliare è qui molto forte da parte dei ragazzi e dei loro genitori. Ma c’è anche di più: in questo caso la scuola non sa limitarsi, non sa cioè organizzare i propri tempi, ovvero non sa fare esattamente quello che chiede ai ragazzi (dovete organizzare la settimana per svolgere i compiti; non dovete fare in modo che i vostri impegni interferiscano con la scuola); è uno di quegli esempi di incoerenza adulta che indeboliscono il messaggio educativo.
Ma possiamo parlare anche del rispetto della privacy all'interno della scuola, che non è e non deve mai essere una istituzione totale così come l'ha definita Goffman. Per il sociologo infatti l’istituzione totale non si caratterizza soltanto come quello spazio nel quale una persona è internata per 24 ore al giorno ma anche come un tipo di istituzione che, pur limitata nel tempo, va ad interessare nel suo arco temporale tutte le dimensioni esistenziali delle persone che vi abitano: pensiamo ai bagni, pensiamo agli spogliatoi, pensiamo ai corridoi, pensiamo a tutti quegli spazi del disimpegno che sono fondamentali per ogni essere umano che nella scuola devono essere garantiti ai ragazzi anche correndo qualche rischio. La nostra scuola permette ai ragazzi di chiudersi a chiave nei bagni? È una domanda prima di tutto educativa e pedagogica.
Abbiamo assistito qualche mese fa alla scena di un ragazzino che di ritorno dalla scuola affermava di essere arrabbiato con l’insegnante di italiano per il tema che egli gli aveva assegnato per il giorno successivo. La traccia era: “Racconta una bugia che hai detto ai tuoi genitori”; il commento del ragazzo era stato: “Se ho detto una bugia ai miei genitori ti pare che la vada a raccontare a un insegnante?”. Anche questa è una invasione della sfera privata dei ragazzi: come possiamo pensare che un bambino o un adolescente ci spalanchi i propri mondi intimi e le proprie dimensioni emotive solo per svolgere un compito? Se si vuole lavorare sul tema della bugia sarebbe molto meglio proporre un testo letterario o poetico nel quale il protagonista mente e poi chiedere ai ragazzi le loro reazioni e i loro commenti, in modo da fornire loro un materiale proiettivo sul quale eventualmente far giocare le proprie emozioni rimanendo protetti dallo sguardo adulto e da quello dei compagni.
Uno sguardo che è sempre percepito come scrutatore e indagatore, come nella citazione di Eraclito. Ci è mai capitato di avere una piccola macchia sulla camicia e di girare per la città pensando che tutti stiano guardando noi e ci stiamo giudicando? Un ragazzino di tredici anni con i brufoli vive lo stesso imbarazzo per sei ore al giorno; se poi è in DAD e il suo volto è fissato sullo schermo, egli sarà convinto che tutti i compagni di classe lo stanno guardando e lo stanno prendendo in giro. La scuola prevede spazi e tempi di esibizione (l’ora di educazione motoria, le attività teatrali, l’interrogazione alla lavagna) ma è all’interno di questi momenti che occorre la massima attenzione da parte dell’insegnante per far sì che il ragazzo sia sereno rispetto alla sua immagina di sé e sia protetto rispetto alla sua eventuale vergogna di mostrarsi.
La scuola ha i suoi spazi e i suoi tempi. Non sono da riempire come se fossero scatoloni per un trasloco; al loro interno sono da prevedere spazi di privacy e di intimità; e non è proprio il caso che una scuola già così piena si espanda troppo anche all’esterno. Pensare alla scuola quando si è a casa è bello e utile, ma come si pensa alla fidanzata o al fidanzato quando ella/egli non è presente, ovvero con quel nostalgico amore che è permesso solo dal vuoto della distanza.