La scuola raccontata diventa un boom editoriale

21.09.2013 19:31
Categoria: Articoli giornale

La grande preoccupazione per il destino della nostra scuola si può percepire anche dal numero sempre crescente di libri dedicati al problema dell'educazione. Marco Lodoli su Repubblica del 20 settembre

La grande preoccupazione per il destino della nostra scuola, e dunque per il nostro futuro di paese vivo e consapevole, si può percepire anche dal numero sempre crescente di libri dedicati al problema dell'educazione, all'inquietudine degli adolescenti, allo spaesamento degli insegnanti. Il tema brucia, e ci provano in tanti a spiegare cosa accade in classe, a testimoniare con passione quel caos doloroso, a elaborare nuovi progetti educativi: sono appena stati pubblicati alcuni volumi che, da punti di vista diversi, convergono sul tema: Elogio del ripetente di Eraldo Affinati (Mondadori), Tutti in classe di Alex Corlazzoli (Einaudi), L'arte di insegnare di Isabella Milani (Vallardi), La scuola che vorrei di Adolfo Scotto di Luzio (Bruno Mondadori).

I corni del dilemma a me sembrano evidenti, da un lato la scuola italiana vorrebbe agganciarsi al modello anglosassone, produrre conoscenze certificabili, formare studenti che siano oggettivamente pronti a entrare nel mondo del lavoro, spazzando via il fumo per preparare un arrosto ben commestibile. Una scuola che sia efficiente, che non si perda in ciance sentimentali, che sia anche severa e inflessibile: ogni studente dovrà saper mettere le crocette al posto giusto, dimostrando in modo inequivocabile di possedere competenze utili, di essere una risorsa umana in grado di trovare presto la sua collocazione sul mercato del lavoro.

Ma dall'altro lato aumenta il disagio sociale e culturale, le scuole sono piene di studenti carichi di problemi esistenziali, la fragilità psicologica cresce a dismisura. Più il mondo pretende qualità sicure, efficienza, docili risorse umane, più la scuola si trova ad affrontare un malessere diffuso, ragazzi complicati, infelici, smarriti. È questa, in estrema sintesi, la questione di fondo. Affinati sente il dovere di difendere "i ripetenti", quegli adolescenti che restano indietro, macinati da un'idea crudelmente meritocratica della scuola. La figura del somaro rientra nel catalogo storico degli studenti, ma adesso non è più un'eccezione, l'ultimo della classe da bocciare affinché l'insegnamento proceda spedito: ora ci sono classi intere, soprattutto nelle periferie e negli istituti professionali, composte da ragazzi offuscati dalla sottocultura di questi decenni. Migliaia di ragazzi che hanno alle spalle famiglie dissestate, che vivono in quartieri impossibili, storditi da falsi miti, persi nel nulla pericoloso di una marginalità senza scampo. Paradossalmente sono tutti ripetenti, vite che non hanno alcuna speranza di uscire vittoriose da una scuola immaginata per formare parti di un motore che va a pieni giri.

Gli insegnanti, e lo racconta bene Alex Corlazzoli, sentono ancora il bisogno di ascoltare le storie dei loro studenti, perché senza un'attenzione partecipe tutto va in malora. Qualsiasi professore sa che oggi tanti ragazzi arrivano attorno alla cattedra chiedendo aiuto, perché si sentono soli e senza punti di riferimento, perché la confusione gli mangia l'anima. La scuola vorrebbe trasformarsi in un'azienda capace di consegnare ai suoi clienti un sapere utile, e invece si ritrova ad affrontare macerie psichiche, un mondo adolescenziale bombardato dal cinismo, dalla povertà, dall'ignoranza.

Forse la scuola dovrebbe ancora difendere un patrimonio culturale nobile, una tradizione immensa da trasmettere alle nuove generazioni, come sostiene Scotto di Luzio, ma gli insegnanti si ritrovano in una trincea fangosa, inermi a combattere contro una trasformazione antropologica devastante, contro un immaginario consumistico dove non trova posto nessun principio di bellezza e di conoscenza. Insomma, siamo chiamati a preparare studenti che sul mercato del lavoro sappiano reggere il confronto con i loro coetanei tedeschi, cinesi, indiani, ma ci troviamo ad affrontare un marasma esistenziale nato proprio all'interno di un mondo creato per premiare pochi ed escludere troppi.

 

(La Repubblica, 20 settembre 2013)

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