Scuola e sessualità. Ragionando su un caso di cronaca

12.09.2013 15:41

Luciano Corradini interviene su un tema alla ribalta delle cronache nei primi giorni di settembre di quest'anno, traendone spunto per una riflessione su un aspetto fondamentale della personalità e della civiltà, la sessualità, evidenziandone le implicazioni sul versante che è proprio della relazione educativa.

Simbolo di vita e di morte, demonizzata, divinizzata, rappresentata in modo delicato o ridicolo, tabuizzata, banalizzata, commercializzata nei più diversi modi, la dimensione sessuale resiste a tutte le definizioni e a tutte le sistemazioni teoriche, etiche, giuridiche, pragmatiche, che si susseguono dai tempi più antichi, e con particolare impegno nell'ultimo secolo, a partire dal grande tentativo freudiano di farne l'onnipresente fondamento della personalità umana, della civiltà, delle sue conquiste e dei suoi errori.

In quanto dimensione pervasiva della vita e della cultura, la sessualità umana, anche a prescindere da una specifica attenzione didattica, non può non essere già dentro la scuola, sia nelle singole discipline, sia nel cosiddetto curricolo nascosto dell'informalità quotidiana, sia infine negli stessi comportamenti più o meno espliciti, corretti e accettabili di questo o quel docente e di questo o quello studente.

La dimensione sessuale infatti non è solo un oggetto da studiare, ma una problematica da vivere, da chiarire e da risolvere in un contesto esistenziale ben determinato: una problematica squisitamente personale, da cui dipendono però conseguenze d'importanza decisiva, per la vita dei singoli e della società.

In tempi successivi, a partire dalla fine Ottocento, si è invocata un'organica educazione sessuale, per affrontare problemi come le malattie veneree, l'ignoranza e la violenza sessuale, il controllo delle nascite, la formazione di identità sessuate reciprocamente rispettose, la diffusione dell'AIDS, l’aborto, l'omofobia e più in generale le questioni di intercultura e di bioetica. Nelle circolari ministeriali sull'educazione alla salute, sui progetti giovani, ragazzi, genitori, e successivamente nelle Indicazioni nazionali del ministro Moratti si è parlato più correttamente di educazione affettivo-sessuale.

Il fuoco dell'attenzione è stato però quasi sempre concentrato su che cosa insegnare e come educare i ragazzi e i giovani, considerando l'insegnante, uomo o donna, giovane o anziano, come un esperto professionalmente più o meno preparato allo scopo e comunque non personalmente implicato in questa problematica. La cronaca, la letteratura e il cinema non hanno mai trascurato di raccontare e di drammatizzare anche un coinvolgimento sessuale di qualche docente, in relazioni discutibili con i suoi alunni o con qualcuno di essi. Talora ha dovuto occuparsene anche il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con l'aiuto di qualche ispettore.

Il caso del cinquantasettenne professore di Saluzzo, arrestato il 16 agosto scorso con l'accusa d'aver avuto rapporti sessuali con due allieve che all'epoca dei fatti erano minorenni, ha suscitato sconcerto, per la diversità dei giudizi che sono stati espressi ai cronisti da parte di suoi colleghi, studenti e genitori dei ragazzi. Si va da chi elogia la cultura, la sensibilità e il fascino del docente a chi parla di plagio, o addirittura di satanismo. L'8 settembre scorso l'imputato è stato interrogato per quattro ore dal pubblico ministero, poi si è ritirato "provato e silenzioso, a testa bassa" in preghiera, nella cappella della casa di accoglienza di don Benzi, dove si trova agli arresti domiciliari.

Avrebbe confessato, precisando che si trattava di rapporti consenzienti e non violenti. L'ex moglie lo sostiene, aggiungendo che "a volte si sconnette dalla realtà". I suoi figli dicono che viveva "con grande empatia" il suo rapporto con gli studenti. Evidentemente questa empatia è andata oltre i limiti che dovrebbero essere avvertiti da una vigile coscienza professionale, assistita da adeguati freni inibitori. Lui stesso lo ha ammesso, confessando alla preside d'aver "tradito la fiducia" dei colleghi. I quali, dopo averlo inizialmente difeso, si sono dichiarati da lui "delusi". In effetti il consenso delle ragazze, anch'esse interrogate dal Pubblico ministero, di per sé non basta a giustificare un comportamento simile da parte di un docente che, per di più, è stato trovato in possesso di materiale pedopornografico.

Episodi come questo inducono a riflettere su aspetti complessi, affascinati e insieme inquietanti e pericolosi della funzione docente. Quando si parla della formazione dei docenti, solitamente non si esplorano i "fondali" della relazione educativa, insieme con le responsabilità e le tentazioni che possono caratterizzare nel bene e nel male la professione docente.

Capita talora che ci si occupi degli aspetti affettivi ed emotivi, per affrontare i conflitti, i problemi disciplinari, i rifiuti, la noia, le difficoltà di convivenza, la scarsa padronanza delle regole di una sana, efficace, soddisfacente comunicazione da parte degli insegnanti, piuttosto che del possibile coinvolgimento in vicende che sfocino esplicitamente su relazioni di tipo sessuale.

Ricordo che Lucio Lombardo Radice, dopo aver proposto, nel febbraio del 68, "una scuola più esigente di quella attuale, in cui i giovani debbano lavorare di più", ma con "l'entusiasmo di chi si sente crescere, scopre ogni giorno nuovi segreti, nuove bellezze, nuove vie di conoscenza, nuove possibilità per l'intelletto", concludeva, rivolgendosi agli insegnanti: "Se vogliamo essere educatori dobbiamo anche, credo, dare ai giovani il senso della drammaticità di tutte le cose davvero grandi e belle della vita umana: creazione artistica e scoperta scientifica, lavoro e amore, procreazione e morte".

Riassumerei queste preziose osservazioni dicendo che l'insegnante non deve tanto sedurre, quanto accompagnare i suoi studenti, come Socrate accompagnava il giovane Ippocrate alla scuola di Protagora, ascoltando e facendo domande, con affettuosa ironia e con attenzione a promuovere in lui "virtute e conoscenza", per usare il linguaggio di Dante. Con le classiche parole della filosofia greca, si può parlare di sintesi sapienziale di ethos e pathos, di physis e nomos, di eros e di agàpe, senza dimenticare l'eutrapelia (la dimenticata virtù del buon umore), che aiuta molto a parlare di cose su cui è difficile pensare, vivere e comunicare in modo serio e sereno, onesto e affascinante.

Mi è rimasto in mente un episodio capitato durante gli esami di maturità, a Milano, negli anni '60. Un mio simpatico collega di matematica mi disse che talvolta gli veniva la tentazione di "fare una propostina" a qualcuna delle belle ragazze che si presentavano agli esami; ma poi aggiunse che se una simile "propostina" fosse stata fatta a sua figlia da un collega, lo avrebbe preso a pugni. Di fatto, invece che lasciarsi prendere da sulfurei e tetri pensieri, trasformava la sua ammirazione per la gioventù in contagiosa allegria, con battute ottimistiche e divertenti, che incoraggiavano le candidate intimorite dall'esame.

Una volta, quando insegnavo all'Istituto magistrale, mi capitò di ricevere una telefonata da un'alunna, che dopo un po' di esitazione mi disse che era innamorata di me. Sdrammatizzai la cosa con una battuta: "Me lo dici così, su due piedi?". Con qualche difficoltà, perché la ragazza reagiva talvolta col mutismo, talvolta con spirito polemico, per la frustrazione subita, l'episodio si concluse nel contesto di una classe che ci sforzavamo ogni giorno di vivere come comunità insieme rispettosa e solidale.

Ricordo con altrettanto affetto e simpatia le classi dei ragazzi del corso C Meccanici dell'ITIS di Reggio Emilia. A quarant'anni dal loro diploma, quelli di quinta mi hanno invitato a cena, regalandomi una targa su cui c'è scritto "con immutata stima, sincero affetto, profonda riconoscenza".

Se il professore di Saluzzo avesse immaginato in questo modo il suo futuro di pensionato, non si sarebbe lasciato illudere da pericolose e devastanti "scorciatoie" verso un'intimità che non ha nulla a che fare con le gioie e le sofferenze della scuola.

Chi è Luciano Corradini

http://www.lucianocorradini.it 

Professore emerito di Pedagogia generale nell’Università di Roma Tre, è stato dal 1997 al 2006 presidente nazionale dell'UCIIM; in precedenza aveva ricoperto la carica di presidente dell’IRRSAE Lombardia (1979-1990), è stato vicepresidente pro-ministro del Consiglio nazionale della PI (1989-1997) e sottosegretario alla PI nel governo Dini, col ministro Lombardi (1995-96). Ha fondato a Roma, nel 1993, l'ArDEP (Associazione per la riduzione del debito pubblico). Sul piano internazionale ha rappresentato il Governo e la scuola italiana in sede di Unione Europea, di Consiglio d’Europa, di UNESCO, di UNICEF.

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