Da Primo Levi ai dischi in vinile: cosa salveranno del Novecento i ragazzi del ‘99

21.12.2016 16:45

L'eredità di un'epoca vista con gli occhi di 500 giovani che compiranno 18 anni nel 2017 (Paolo Di Paolo, Repubblica, 20 dicembre 2016) ... È divertente - e istruttivo - esplorare questa nuvola di suggestioni, di indizi. È come guardare un paesaggio da lontano, o più semplicemente: il passato visto dal futuro ...

CIAO, ragazzi del '99! Siete l'ultimo mezzo milione di italiani con la carta d'identità novecentesca; a un passo dall'essere maggiorenni, come il nuovo secolo. Ai nati cent'anni prima di voi toccò in blocco - era l'inizio del 1917 - il "battesimo del fuoco", la chiamata alle armi della Grande Guerra. "Eravate ieri fanciulli e ci apparite oggi così grandi!", scriveva di loro, quasi commosso, un D'Annunzio paternalista. E voi?
Incasellare una generazione, definire una fascia d'età è un'impresa destinata al fallimento, o persa in partenza. Ma un dettaglio anagrafico speciale vi costringe nei panni di quelli cui tocca chiudere i conti. Del lungo "secolo breve" che avete alle spalle, vi restano intorno oggetti - un vecchio telefono fisso, un videoregistratore che non funziona più, libri da digerire, pezzi di storia da ripetere alla cattedra, forse qualche canzone. Siete venuti al mondo mentre miliardi di umani adulti si eccitavano per il passaggio epocale: fra speranza e angoscia, aspettavano dal Duemila qualche sorpresa. Sono stati esauditi. Spiazzati, spaventati, forse delusi.
Nel frattempo, nasceva l'euro, Kubrick girava l'ultimo film e usciva di scena, Benigni prendeva tre Oscar, Microsoft lanciava un servizio di messaggistica istantanea, oggi già obsoleto. A mezzanotte del 31 dicembre 1999 i computer di mezzo mondo rischiarono di incepparsi per un cambio di cifre. Andò meglio del previsto, ma non su tutti i fronti. Dissero a voce alta - con parole più comiche o più ingenue? - che cominciava il decennio della pace e della non violenza, che si apriva un nuovo capitolo della storia del pianeta.
Quanto a quello vecchio, come vedete, non è facile liberarsene: categorie, schemi, ipoteche, fantasmi ingombrano ancora il campo. Forse, per uscire davvero dal Novecento, bisognerebbe essere come voi, che lì avete solo un piede, anzi un dito. Essere come Leonardo, che l'altra mattina - fra i banchi di un liceo romano - mi spiegava che per lui "destra" e "sinistra" non sono che concetti astratti: non voglio essere né di destra né di sinistra, non mi interessa, voglio avere un'idea mia. Nessun tono qualunquista, no: una serietà assoluta, pensosa. Di che anno sei, Leonardo? Del 2001. Ah ecco, per il te il Novecento è finito davvero. Anzi, non è mai cominciato.
Fanno quasi sorridere, ormai, le lunghe discussioni di 15 anni fa sui programmi scolastici latitanti sul contemporaneo: baruffe storiografiche, ansie pedagogiche, prudenze politiche. La giusta distanza adesso c'è?
Per non perdere tempo, al liceo Virgilio di Roma, nove mesi fa, hanno inventato l'Atlante digitale del Novecento letterario (anovecento.net). Una piattaforma web che già coinvolge più di ottanta scuole superiori in tutta Italia e registra un migliaio di visualizzazioni quotidiane. I ragazzi tardo o post-novecenteschi lavorano - con grande libertà - sulla letteratura soprattutto, ma anche sull'arte e sul cinema del ventesimo secolo. Discutono, recensiscono, raccontano. Niente modelli rigidi e niente limitazioni: i "classici" affiancano i contemporanei: Calvino e Tiziano Scarpa, Bassani e Busi, La Capria e Zerocalcare. Una militanza collettiva, giornaliera, appassionata: "Stiamo scrivendo insieme, quasi senza volerlo, un grande libro digitale sulla cultura migliore del secolo scorso", mi spiega Carlo Albarello, il docente che coordina il progetto a livello nazionale.
"Lasciando liberi i ragazzi di accostarsi a ciò che più li seduce". Julie, ragazza del '99, conferma. Cita Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De André, La nausea di Sartre e Aracoeli di Elsa Morante. "Penso che in casa mia - dice - l'oggetto più novecentesco in assoluto sia proprio la libreria". Da lì pesca romanzi, storie di "uomini inetti e nauseati" dell'altro secolo. Filippo evoca la vecchia cinepresa di suo padre, i Pink Floyd e Hermann Hesse. Dice che ama, del Novecento, il trionfo del cinema e della musica. Il "riscatto", precisa. Per Francesco la cosa più novecentesca ospitata in casa sua è il telefono fisso, con disco numerico e cornetta. Un reperto archeologico. Se dico Novecento, chiudendo gli occhi un istante, cosa ti viene in mente? La prima cosa in assoluto, senza pensarci troppo. Risposta: "Pasolini".
È divertente - e istruttivo - esplorare questa nuvola di suggestioni, di indizi. È come guardare un paesaggio da lontano, o più semplicemente: il passato visto dal futuro. Se questo è un uomo - arrivato fra le mani degli adolescenti grazie alla scuola - sta in compagnia di Sara di Antonello Venditti, di Albachiara di Vasco, di Colazione da Tiffany. Misteriosi, imprevedibili i meccanismi di trasmissione del sapere, del traghettamento di un immaginario da un'epoca all'altra. Passa qualcosa, a volte con uno sbadiglio, ma passa. Passano due versi di Ungaretti, la sua poesia più breve finita sulle t-shirt; passano, per qualche via più oscura e comunque benemerita, James Dean e George Orwell, passano Frida Kahlo, Martin Luther King, non passa nessun leader politico europeo.
Nell'ultimo mese - attraverso un questionario messo online dall'Atlante del Novecento - è stato possibile coinvolgere un campione di circa 500 studenti nati tra il '98 e il '99 e sparsi sul territorio italiano. Cinque domande sul rapporto con il Novecento, risposte autonome e protette dall'anonimato. Scorrerle è come radiografare la formazione di un immaginario. Capita che a venire in mente, per primi, siano riferimenti scolastici, "istituzionali": per Luigi Pirandello, per esempio, è un autentico plebiscito. Lo scrittore-Novecento è lui. Montale, Pasolini e soci non indietreggiano.
Ma il personaggio-Novecento? Di sicuro più recente: Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il protagonista del monologo teatrale di Alessandro Baricco che i ragazzi citano in massa. Fuori dalla letteratura, hanno posto - in una beata e (inconsapevolmente) postmoderna confusione - Arrigo Sacchi e Sailor Moon, Michael Jackson e, chissà perché, il McDonald's.
Ma anche i propri nonni e la penicillina, il Muro di Berlino, "un libro di letteratura con scritto Novecento", l'Olocausto e le suffragette, "la mia nascita", "la vertigine di un uomo che guarda il vuoto", "un'ampia strada di città, affollata di persone".
Meriterebbero un capitolo a sé le risposte più spiazzanti, più poetiche e anche quelle solo ironiche. Che cosa mi viene in mente se penso al Novecento? "La parola "perdita"", "Una culla", "Juventus-Ajax 1997", "Niente". Chi prende sul serio le domande si dice incuriosito dall'esplorazione del ventesimo secolo: colpisce la modernità delle scelte, colpiscono le implicazioni drammatiche di quelle scelte. Colpisce la capacità di scavo psicologico, la testa "scoperchiata" al centro di certi romanzi dalle tecniche stilistiche ardite.
"E non sono storie così lontane", dice Valeria, "le trovo attuali, raccontano aspetti di una crisi d'identità che non è superata". Per conoscere le preferenze effettive dei ragazzi del '99, bisogna forse scavalcare le risposte più deferenti. O forse no. Magari citare Se questo è un uomo è, per qualcuno, segno di una consapevolezza guadagnata. Il rapporto con un'eredità impegnativa: chi testimonia per i testimoni? Chissà se di un secolo sopravvivono anche le paure. Se accanto al fotogramma di un film, alle note di una canzone, si ereditano anche i sentimenti. Quali? Intanto, fra Il tempo delle mele e David Bowie, fra Rocky, Battisti e Sergio Leone, fra Arancia meccanica e Il grande Lebowski, una folla di oggetti.
I diecimila dischi in vinile di mio padre. La lampada Arco della Flos progettata nel '62. Una divisa militare. Una statuina di Chaplin. Un servizio da tè in porcellana. I doppi vetri. Il parquet. L'oggetto più novecentesco in casa mia? Scherza Mara: "Mia nonna".