Tra presente e futuro, l'impegno della Cisl - I contributi di Gavosto e De Silvestri
Nel corso della giornata in cui si è lanciata la campagna RSU, organizzata dalla Cisl Piemonte insieme alla Federazione Cisl Scuola, Università e Ricerca, oltre all’intervento della segretaria confederale Annamaria Furlan e della segretaria generale della Cisl Scuola Maddalena Gissi, sono stati di particolare interesse i contributi “esterni” di Andrea Gavosto (Fondazione Agnelli) e di Donato De Silvestri (Docente dell’Università di Verona).
Andrea Gavosto ha presentato, nel corso del proprio intervento, una fotografia del sistema scolastico italiano, spingendosi anche ad interessanti analisi temporali oltre che comparative (con altri Stati OCSE).
In particolare si è osservato come il divario (tra l’Italia e gli altri Paesi) per il numero di anni di scolarizzazione si sia andato riducendo mentre resta ancora molto preoccupante quello in termini di competenze (l’Italia è solo 26° fra i paesi OCSE per le competenze in lettura).
Altro aspetto indagato dal rapporto della fondazione Agnelli è la spesa in istruzione nei vari paesi: anche in questo caso si vede come l’Italia, a fronte comunque di una minore popolazione scolastica, investa in termine di % sul PIL meno che negli altri Paesi (anche volendo considerare i 3 miliardi della Buona Scuola). Non conta solo quanto si investe ma soprattutto come si investe.
La scuola media resta sempre una delle criticità del sistema scolastico italiano mentre, per quello che riguarda le scuole secondarie di II grado si assiste ad una ripresa del livello di apprendimento (nei licei e in minor misura nei tecnici) mentre resta fortemente deficitario il livello di apprendimento dei professionali (con tutti i problemi che questo aspetto si trascina: vedi abbandoni scolastici).
Si sono poi indagate le possibili aree di intervento.
Alunni. Intanto si è indagato il numero di alunni frequentanti ed il numero di docenti impiegati nel periodo dal II dopo guerra ad oggi e si è notato come negli ultimi anni il rapporto tra questi valori si è assestato a 9,7 alunni/docente medi, mettendo anche in risalto il decremento cui andrà incontro la popolazione scolastica nel futuro (fenomeno già in atto).
Si è prestata attenzione alle diverse strutture scolastiche anche per verificare i livelli di entrata nel mondo della scuola e per sfatare il (falso) mito che nella scuola si esca dopo rispetto al resto dei Paesi OCSE.
Si sono raffrontati tre modelli scolastici: oltre a quello italiano, quello scandinavo (con un ciclo unico fino a 16 anni), e quello tedesco (contraddistinto da una precoce canalizzazione degli alunni nella scelta tra i vari istituti superiori).
Come prima si diceva si sono anche osservate le entrate degli alunni nel mondo della scuola (generalmente 6 anni, più di rado 5 o 7) e le uscite dal sistema scolastico (con una prevalenza dei 19 anni seguita dai 18).
Docenti. Il corpo docenti è caratterizzato da una scarsa propensione alla adozione di pratiche innovative restando piuttosto legato a quelle di tipo tradizionale e a quello costruttivista.
Si sono poi rappresentati gli esiti di una ricerca che ha coinvolto 1626 insegnanti di V° primaria e di I° media di italiano e matematica osservati 3 volte (analisi effettuata insieme a INVALSI). Si sono osservate le strategie didattiche, la gestione della classe, sostegno guida e supporto ed infine il clima di apprendimento.
In sintesi l’analisi ha verificato che solo 2 ragazzi su 10 si rivolgono agli insegnanti se non interpellati; nel 30% dei casi le regole non risultano essere rispettate; la persistenza di modelli didattici di stampo prettamente tradizionale (basato sulla trasmissione dei saperi cattedra-alunni); una scarsa importanza data al momento di feedback. Aspetto piuttosto preoccupante è che 8 insegnanti su 10 sono ancora piuttosto lontani dal realizzare una vera ed efficace personalizzazione dell’insegnamento.
Un accenno è stato poi fatto anche alle carenze dell’edilizia scolastica; a questo proposito si è presentato un progetto di una scuola di Torino (SM Enrico Fermi) fatta apposta sugli alunni con spazi e laboratori per le varie discipline in cui sono le classi a spostarsi e non i docenti.
Università. Breve analisi anche del sistema terziario in Italia ove si verifica l'impossibilità di raggiungere l’obiettivo del 2020 con il 40% della popolazione tra i 30-34 anni con titolo terziario (attualmente siamo al 26%).
Da notare anche che dopo l’introduzione del 3+2 le iscrizioni all’università sono aumentate, salvo calare man mano che le famiglie si rendevano conto del modesto beneficio lavorativo. Con la crisi si è ridotto il numero di diplomati tecnici che proseguono.
Oltre al calo delle immatricolazioni, il fenomeno dell’abbandono degli studi contribuisce a spiegare la bassa incidenza dei laureati in Italia. Continua a essere elevata la quota di mancate iscrizioni al secondo anno: era del 19% prima della riforma del 3+2, oggi è scesa al 16%.
In Italia si osserva anche il fenomeno determinato dal fatto che le aziende italiane non assumono giovani laureati anche se questo determina un miglioramento nella produttività.
Donato De Silvestri ha invece indagato, da par suo, il mondo della comunicazione di oggi, caratterizzato da notizie vere, bufale e fake.
In particolare si è evidenziato con apposite slide come oggi non ci sia più il tempo (ma anche la voglia) di indagare con attenzione sulle varie comunicazioni che ci raggiungono essendo portati ad accettare il tutto. Questo consente ed amplifica le possibilità della mala informazione se non della contro informazione.
Il prof. De Silvestri è partito dall’analisi di alcune “credenze” prese da tutti per vere e le ha confutate anche con dati storici alla mano.
Successivamente ha voluto mettere in evidenza come le cosiddette fake news siano più veloci nella diffusione rispetto alle notizie vere (fino a 40 volte più veloci) a causa della comunicazione “social”. Infatti, si è notato il fenomeno che conduce il comunicatore social a retwittare la notizia (nuova – molto sovente falsa) perché si osserva un piacere ad essere i primi a “socializzare”, a “postare”, ecc. la notizia. Ovviamente questo determina un circolo vizioso che, come sopra detto, esclude l’analisi delle fonti e la fase della riflessione.
Si è anche dimostrato come la stessa notizia, ripetuta più volte, conduca a creare “pensiero”. Esempio a fronte di poche maestre che adottano comportamenti violenti viene ignorato il comportamento di tutte le altre e nell’opinione pubblica si diffonde il pensiero che la scuola sia un ambiente violento e comunque che il corpo docenti sia un ambiente pericoloso. Lo stesso può dirsi, sempre in tema scolastico, dei casi di abusi su adolescenti.
Nelle proprie conclusioni il professor De Silvestri ha voluto rivalutare la comunicazione tradizionale, quella fatta di persona, guardandosi negli occhi con la volontà di crescere insieme. Aspetto che, rivolto alla RSU, ha portato a rivalutare anche l’esperienza del tavolo negoziale che deve essere affrontato con piacere (non sicuramente come esperienza dolorosa od imposta) e come occasione per crescere e far crescere insieme la comunità scolastica.