La lotta alla discriminazione non si fa con accuse immeritate e polemiche fuori misura
Si può senz’altro discutere sull’opportunità, e sull’effettiva utilità, di inserire nel Ptof, sia pure a fini meramente descrittivi, osservazioni riguardanti i diversi contesti sociali cui fanno riferimento i plessi di un’istituzione scolastica. Da qui a trarne lo spunto per leggervi da parte di una scuola e di chi la dirige intenti di discriminazione, segregazione e ghettizzazione ce ne corre, ed è francamente inquietante la foga con cui tante intelligenze più o meno vive della politica, della cultura e del giornalismo si sono affannate a decretare un “crucifige” che appare del tutto immotivato e immeritato se solo si ha la pazienza, e la voglia, di allargare lo sguardo oltre le poche righe incriminate. Quel testo, e il sito di quella scuola, possono dire senz’altro qualcosa di più, e sicuramente di ben diverso dalla realtà che si è voluto dipingere utilizzando categorie interpretative e dietrologie tipiche della “piazza virtuale”, a dimostrazione di quanto il sospetto e l’inquietudine stiano purtroppo diventando la cifra della nostra esistenza sociale.
Si vada a leggere, nel Rapporto di Autovalutazione (RAV) dell’IC Via Trionfale, la sezione opportunità, laddove è scritto che “la disomogeneità socioeconomica rappresenta uno stimolo alla personalizzazione dei percorsi” e inoltre che “la presenza di alunni di cittadinanza non italiana rappresenta una risorsa e un'occasione di crescita e di arricchimento sia individuale che di gruppo”. Poco importa, a quanto sembra, che la scuola dichiari di promuovere l'inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali, di valorizzare le differenze culturali, di adeguare l'insegnamento ai bisogni formativi di ciascuno di tali allievi, attraverso l'utilizzo di strategie didattico-educative che favoriscano un apprendimento autentico. O che tra le priorità dell’azione didattica sia indicata “l’ulteriore riduzione della varianza degli esiti tra fasce di alunni verso il raggiungimento dei livelli alti per tutti”.
A suggerire un minimo di cautela in più nei giudizi potrebbe essere anche il curriculum vitae della dirigente scolastica – lo si trova pubblicato on line - persona certamente al di sopra di ogni sospetto per quanto riguarda eventuali simpatie verso comportamenti ghettizzanti o segreganti; tant’è vero che negli anni passati è stata addirittura accusata di eccessiva inclusione, in episodi di segno esattamente opposto a quelli che oggi investono la scuola da lei diretta.
Spiace che anche autorevoli commentatori, senza curarsi di acquisire qualche ulteriore elemento di conoscenza in più, abbiano preferito assecondare l’onda di riprovazione per presunte azioni discriminatorie operate dall’Istituto, finendo inevitabilmente per coinvolgere nelle loro accuse non solo una dirigente, ma lo stesso corpo docente e in definitiva un’intera comunità scolastica fatta oggetto di una censura dilagata e dilatata sui media e senz’altro immeritata. Tanto è vero che in difesa della scuola e del suo personale è intervenuto lo stesso consiglio di istituto, organismo che rappresenta tutte le componenti della comunità, compresi i genitori.
Spiace e sorprende, inoltre, che il lancio di strali abbia inspiegabilmente risparmiato quanti hanno pensato e voluto norme che impongono alle istituzioni scolastiche obblighi di pubblicazione di dati di ogni sorta “anche al fine di permettere una valutazione comparativa da parte degli studenti e delle famiglie” (legge 107/2015 art. 1 c. 17). Basti pensare che attualmente sul portale “Scuola in chiaro” sono pubblicati per ogni istituto persino i dati relativi ai risultati delle prove Invalsi classe per classe. Viene da chiedersi se il problema vero sia un presunto comportamento poco inclusivo delle scuole o non sia piuttosto l’assillo che viene loro imposto di ottemperare a obblighi di pubblicazione di dati e di compilazione delle voci contenute nelle varie piattaforme e App messe in campo dal Ministero, laddove servirebbe invece temperare l’urgenza di tali pubblicazioni, insistendo casomai sulle precauzioni necessarie nella comunicazione a utenti e stakeholder, onde prevenire il rischio di letture improprie o addirittura distorte, come avvenuto nel caso dell’IC Via Trionfale.
È infine davvero improprio, se non effetto di una cattiva coscienza, attribuire alla scuola la responsabilità per atteggiamenti di segregazione sociale che sono invece purtroppo presenti nella nostra società e risultano persino accentuati negli ultimi anni per tante ragioni, legate anche al nostro sistema di organizzazione economica (come tanti dati dimostrano); atteggiamenti contro i quali tutte le scuole, ogni giorno e molto spesso da sole, sono sempre e più d’ogni altro fortemente impegnate.
Roma, 17 gennaio 2020
Maddalena Gissi
Segretaria generale CISL Scuola
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