Necessario a tutti, ma ai politici di più. Un salto oltre piccole logiche
Una riflessione del sociologo Mauro Magatti (Avvenire, 11 agosto 2021) su quanto servirebbe oggi una politica lungimirante e non ripiegata su obiettivi di breve respiro. Rovesciando il titolo del suo pezzo, si può dire che si tratta di un'attitudine richiesta prima di tutto ai politici, ma che in realtà riguarda un po' tutti e ciascuno di noi.
Come sempre accade, l’avvicinarsi delle elezioni amministrative agita il mondo della politica. Gran parte delle tensioni che in queste settimane stanno scuotendo la maggioranza di governo (la giustizia, il Green pass, il ddl Zan) altro non sono che il tentativo dei vari leader di partito di piantare bandierine in vista del voto di ottobre. Una dinamica che non sorprende e che fa parte dell’ordine delle cose: con realismo, i politici di professione sanno che la loro sopravvivenza è legata a questi appuntamenti minori e alle tensioni interne che ne seguono.
Purtroppo però, questo modo di ragionare costituisce uno dei problemi di fondo che occorre cercare di superare. Inutile riempirsi la bocca della parola 'sostenibilità' se tutto, poi, rimane come prima. Viviamo in un tempo in cui è sempre più evidente che i problemi che abbiamo davanti non possono essere affrontati con la logica specialistica che ha dominato gli ultimi decenni. Perché, come recita un aforisma di Marshall McLuhan, «lo specialista è colui che non fa mai piccoli sbagli mentre avanza verso un grande errore». Quando si parla di sostenibilità – termine sintetico che indica il cambio di paradigma di cui abbiamo bisogno per guardare con speranza al futuro – intendiamo sostanzialmente due cose: la prima è il superamento dell’orizzonte di breve termine per puntare a obiettivi più ambiziosi che richiedono tempo e pazienza («il tempo è superiore allo spazio»). La seconda è che in un mondo dove tanti piani sono tra loro interrelati – dove cioè «tutto è connesso» – serve uno sguardo integrale capace di legare gli specialismi e i localismi in una visione unitaria (dove «il tutto è superiore alla parte»).
Lo aveva spiegato, già molti anni fa, un grande sociologo tedesco Niklas Luhmann. Il mondo contemporaneo è un sistema complesso organizzato in sottosistemi specialistici funzionanti secondo una precisa logica interna: se sei un’impresa di mercato, devi fare profitto; se sei un politico, devi vincere le elezioni; se sei un ricercatore, devi pubblicare sulle riviste scientifiche, etc. Ogni sottosistema definisce così le proprie priorità che, oltre a essere parziali (cioè determinate dalla logica del suo funzionamento interno), vengono poi ordinate in base al criterio dell’urgenza. Non si fa quello che è più importante, ma che è più urgente: la trimestrale per le imprese, il concorso universitario per il ricercatore, le elezioni amministrative per la politica.
Con la conseguenza di trascurare gli obiettivi più impegnativi che servono per cambiare davvero le cose e dar senso a quello che si fa. Se nella situazione sempre più delicata nella quale ci troviamo si rimane chiusi dentro questa logica 'sottosistemica' sarà impossibile incamminarsi davvero nella direzione della sostenibilità. Occorre, dunque, un cambio di mentalità: se sei imprenditore è, sì, importante fare profitto, ma a condizione di non distruggere il pianeta in cui la tua impresa opera e di non sfruttare le persone che lavorano con te. È quello che, per fortuna, hanno capito gli imprenditori che cercano realizzare profitto nel rispetto dei vincoli ambientali e sociali. E che, investendo sulla qualità invece che sulla quantità, trasformano un vincolo in una opportunità. La stessa cosa vale anche per il politico che ha, sì, il problema di vincere elezioni, ma a condizione di sapere affrontare e risolvere veramente i problemi complessi della vita comune senza sottostare ai diktat delle lobby e senza limitarsi ad accontentare le richieste degli elettori al solo scopo di vedere crescere il proprio consenso. Lo abbiamo visto in queste settimane a proposito del governo.
Mentre Draghi e il suo esecutivo cercano di spingere la classe politica ad andare al di là degli interessi di bottega, vedere i leader impegnati a piantare bandierine fa venire qualche dubbio: ma la classe politica è capace di quel senso di responsabilità così essenziale per affrontare con successo quanto sta accadendo con la pandemia? Un’ultima notazione: questa capacità di tenere insieme i diversi aspetti della realtà, e di andare al di là delle logiche specialistiche e localistiche, è propria dell’umano. Non ci sarà mai alcun apparato istituzionale, né alcuno strumento tecnico in grado di ricomporre creativamente ciò che accade nella realtà. È, infatti, tipico della ragione dell’uomo riuscire a fare quel salto al di là di ciò che sembra impossibile per arrivare a reperire nuove possibilità di vita. Anche quando sembra non esserci via d’uscita.
Nella vita sociale, economica, politica, è proprio questa facoltà che permette di trovare soluzioni 'intelligenti'. Sì dirà che è difficile. E che i tanti vincoli dell’organizzazione della nostra società sono troppo stringenti: ma se ci facciamo prendere dalla rassegnazione (l’imprenditore deve solo fare profitto, il politico deve solo vincere le elezioni, il ricercatore deve solo pubblicare articoli scientifici) di fronte al mondo che abbiamo costruito, siamo davvero perduti. Al di là della retorica, la sostenibilità orienterà davvero i nostri passi quando impareremo a fare l’esercizio del tenere insieme ciò che invece la nostra organizzazione sociale continuamente scompone.
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