La generazione alpha cresce e può insegnarci qualcosa
L'impatto della pandemia sui giovani e sui bambini è ancora tutto da verificare. Sul quotidiano "Avvenire" del 15 giugno 2021 Chiara Giaccardi e Sara Sampietro presentano un'interessante ricerca condotta dall'Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Cattolica di Milano su 600 bambini dai 5 agli 11 anni.
La seconda ondata di Covid 19 sembra finalmente in recesso, ma gli effetti psicosociali della pandemia restano ancora tutti da valutare. Se la generazione degli anziani è stata quella colpita in modo più drammatico, e la più vulnerabile agli effetti potenzialmente letali del virus e se gli adulti hanno cercato di re-inventarsi, soprattutto in ambito lavorativo, sui giovani e soprattutto sui bambini l’impatto è ancora tutto da verificare. Le piattaforme digitali hanno svolto un ruolo di primo piano durante tutta la fase pandemica: per la scuola, il lavoro, l’informazione e il tempo libero. Si è trattato solo di una overdose, di una intossicazione da cui depurarci? O sono emerse pratiche che possono gettare nuova luce sul nostro rapporto con un mondo sempre più digitalizzato? E il legame tra le generazioni, che in tanti casi si è rinsaldato per far fronte all’emergenza, può ricevere nuovo impulso dall’esperienza maturata in questo anno e mezzo, anche grazie alla nuova consapevolezza sulle potenzialità tutt’altro che “virtuali” del digitale? Se, come sosteneva Bernard Stiegler, è l’educazione che fa le generazioni (che non sono pura successione cronologica tra ascendenti e discendenti, ma trasmissione di sapere, esperienze e conoscenza) possiamo forse intravvedere una nuova alleanza possibile, sulla base di una reciprocità dove anche i piccoli hanno qualcosa da insegnare agli adulti.
Ottimisti, inclusivi, curiosi e green: sono queste le caratteristiche dei giovani appartenenti alla generazione Alpha (nati dal 2010 in poi) emerse da “Gen Alpha Docet”, l’approfondimento dedicato alle ripercussioni della pandemia tra i più piccoli che si inserisce all’interno di Opinion Leader 4 Future, programma di ricerca triennale dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica, in collaborazione con le Media Relation di Credem Banca. La rilevazione è stata effettuata da Tips Ricerche su un campione di 600 bambini tra i 5 e gli 11 anni su tutto il territorio nazionale, attraverso gruppi di discussione e interviste.
Come si informano gli Alpha? Dalla ricerca è emerso che dal punto di vista mediale i bambini manifestano grande duttilità e capacità di servirsi di diverse piattaforme e diversi linguaggi (tra i device più utilizzati emergono smart tv, citata dal 51%, smartphone 35% e tablet 29%). A livello di temi gli Alpha sono attratti dalla natura, dalla scienza e dal futuro (impegno e responsabilità verso l’ambiente sono rilevanti per il 71% della fascia più grande del target). Cercano attivamente informazioni sui loro interessi e sui loro personaggi preferiti, ricorrendo ai motori di ricerca e soprattutto a YouTube (irrinunciabile per il 45% degli 8-10) e interagendo su piattaforme social quali TikTok (cresciuto dal 2019 dal 13% al 35%) e Twitch (+7%).
La pandemia ha stravolto le routine degli Alfa. Hanno conosciuto il dubbio e l’incertezza. Hanno visto i loro genitori sotto pressione. Hanno avuto paura per la salute dei loro nonni (a tal punto che in molti hanno ribattezzato il Covid “l’influenza dei nonni”). I loro rapporti sociali sono diminuiti: hanno incontrato poco gli amici, sono andati a scuola a intermittenza e hanno dovuto abbandonare le attività sportive ed extra-domestiche. Molti però sono stati anche gli aspetti di positività, tra cui la possibilità di passare maggiore tempo con i propri familiari, spesso riscoprendoli: «Mio papà fa ridere, è simpatico anche quando è in riunione di lavoro, io lo sentivo sempre», afferma Roberta di 9 anni. Si sono gradualmente abituati a una quotidianità più tranquilla, scandita da ritmi lenti e libera da programmazione. Hanno appreso nuove abilità legate alla vita domestica (per esempio la cucina e il giardinaggio). Se durante il primo lockdown sembrano aver prevalso resilienza e ottimismo, soprattutto nel periodo estivo, la seconda ondata ha procurato un senso di déjà-vu e di stanchezza, ma ha anche aperto le condizioni di una nuova speranza. È vero che alla stanchezza per il protrarsi dell’emergenza si è aggiunta una sorta di saturazione dell’informazione, percepita a tratti come ansiogena e contraddittoria. Nel complesso, però, l’informazione li ha aiutati a capire la situazione, ad attrezzarsi, ma anche a sentirsi parte di una comunità pronta ad affrontare il problema. Per capire cosa stava accadendo, hanno scelto come primo «filtro» la famiglia, sviluppando al contempo un precoce senso critico e un atteggiamento «attivo» rispetto alla tv e ai social media. Hanno avuto così la possibilità di avvicinarsi a tematiche per loro nuove, come la politica, di cui hanno iniziato a interiorizzare i volti e le logiche. Racconta Margherita di 8 anni: «C’era Conte a capo, poi hanno litigato e ri-votato… io ho visto in tv quando ri-votavano». Hanno mostrato inoltre un forte desiderio di partecipazione, sfociato in un interesse sempre più costante per le tematiche ambientali, ma anche nell’attivazione a favore della riapertura delle scuole. Sono scesi in campo. Come Anita, la dodicenne di Torino, capofila del movimento “School for future”.
Alpha docet
Molti sono gli insegnamenti che le generazioni più adulte possono apprendere dai più piccoli in materia di media: non cedere alla noia, alla ripetizione e all’abitudine; rimanere curiosi e aperti, scoprendo continuamente nuove possibilità; coltivare un atteggiamento disinvolto, ma anche proattivo nei confronti delle novità tecnologiche (per il 36% essere tecnologicamente attrezzati e competenti è una priorità) e preferire contenuti capaci di raccontare in maniera originale e fedele la complessità della quotidianità, al di là di luoghi comuni e stereotipi.
Ma anche confrontarsi in famiglia su quello che i media propongono e godere della piacevolezza dei consumi mediali condivisi, costruendo insieme quella che Roger Silverstone chiamava una “economia morale” capace di filtrare in modo critico e costruttivo le tante voci che affollano lo scenario mediale in modo troppo spesso cacofonico. Lo spiega bene Vittorio di 10 anni: «Era da un po’ che non vedevamo la tv insieme, perché la sera i miei genitori hanno tante cose da fare, quando stavamo a casa invece l’abbiamo fatto tante volte… era bello stare tutti vicini sul divano e dirsi delle cose!».
Ci si domanda, giustamente, se la società digitale non allenterà sempre più i legami fra le generazioni. Un esito tutt’altro che remoto, se ci si limita ad “adattarsi” a un contesto sempre più plasmato da logiche tecnocratiche e di mercato. Ma questo non impedisce di agire diversamente, e di “adottare” le potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico, con tutte le ambivalenze che lo caratterizzano, dentro contesti relazionali affettivamente caldi e intertemporalmente densi. Piegandolo, quindi, a fini relazionali piuttosto che lasciar colonizzare le relazioni da logiche che le strumentalizzano e le frammentano. Nell’era digitale, una nuova alleanza tra le generazioni, sempre più necessaria, può passare anche da qui.
(Ricerca dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo della Cattolica su 600 bambini dai 5 agli 11 anni)
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