"Il cambiamento climatico è reale, ma cambiare si può"
Sul tema del giorno, il riscaldamento climatico, un'intervista di Andrea Lavazza al presidente del CNR, Massimo Inguscio, pubblicata su Avvenire del 15 marzo 2019
«In passato, i progressi nella ricerca e nelle applicazioni tecnologiche sono stati spesso stimolati dalla competizione e dagli investimenti bellici. Quando si pensava di doversi difendere da un nemico, o si voleva acquisire una supremazia, si investiva e si sperimentava a ritmo accelerato. Oggi, per fortuna, non ragioniamo in termini di una guerra contro qualcuno, ma dovrebbe essere chiaro che abbiamo un 'nemico' in comune, un nemico di tutti: il cambiamento climatico, la febbre che colpisce la Terra, gli oceani, l’aria, la fauna e la flora. E per questo si deve unire e rafforzare ogni sforzo». Non teme di usare questa analogia emergenziale il presidente del Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr), Massimo Inguscio, alla vigilia della grande mobilitazione dei giovani per la tutela del Pianeta.
Hanno ragione i ragazzi a mobilitarsi per lo stato della Terra, date le sue condizioni attuali e date le scelte politiche finora assunte?
I giovani hanno enormemente ragione, perché sono in gioco gravi ricadute sul loro futuro, che si manifesteranno quando essi saranno adulti e avranno a loro volta figli. La terra che sto usando non l’ho ereditata dei miei genitori, mi è stata data in prestito dai miei figli, dice un saggio proverbio cinese. Ecco, questo atteggiamento è quello che i ragazzi in tanti parti del mondo stanno scoprendo. E il loro ruolo è fondamentale. La scienza parla chiaro, pur con la provvisorietà delle sue acquisizioni: non c’è dubbio che vi sia un riscaldamento medio del Pianeta dovuto ai comportamenti umani e che esso stia accelerando. Proiezioni ragionevoli ci inducono a essere pessimisti già per i prossimi 20 anni. I dati e le analisi provengono da un monitoraggio fatto a livello internazionale e multidisciplinare.
Quali sono le azioni concrete che si dovrebbero mettere subito in atto?
Serve un nuovo modo di produrre energia, che sia rinnovabile, e di consumare. All’inizio può sembrare diseconomico, ma poi si scopre che non è così. Ci sono accordi e trattati, l’Italia vi ha aderito con convinzione. Ma è ora di mettere in atto tutto ciò che si è stabilito e di sanzionare chi non rispetta gli impegni presi con gli Accordi di Parigi nel 2015 e rinnovati a Katowice lo scorso dicembre alla COP24, cui abbiamo anche noi scienziati contribuito con la conferenza internazionale sulla salute della terra del 15 novembre alla Pontificia Accademia delle Scienze e le cui dichiarazioni finali sono state consegnate a papa Francesco. Sono necessarie Road Map fissate per legge. Persino nell’America di Obama – che ha spinto tanto con il fisico e premio Nobel Steven Chu, mio collega, come ministro dell’Energia – non si era riusciti a costruire vero percorso vincolante e di lungo periodo. Il passo da fare ora riguarda limiti precisi alle emissioni e ai consumi rispettati da tutti.
Gli scienziati che contributo possono dare? E il Cnr in particolare quali progetti ha in corso?
Molte organizzazioni scientifiche si stanno riorganizzando intorno a aree strategiche di ricerca. Al Cnr lo si fa con nuovi istituti per "energia e mobilità sostenibile", "bioeconomia", "cambiamenti climatici e scienze polari", cercando di mettere in connessione ricerche multidisciplinari e tecnologia, con applicazioni, per esempio, nell’ambito della produzione e consumo del cibo. Come Cnr, abbiamo basi ai due Poli, dove si può misurare la febbre della Terra, perché lì i fenomeni avvengono più rapidamente. Ma facciamo anche un attento monitoraggio del Mediterraneo, dove registriamo aumento del livello del mare, erosione della costa, crescita della temperatura e variazione della salinità, straordinari effetti migrativi, fenomeni di accelerazione della desertificazione, con forti effetti sugli ambienti di vita, le persone, gli animali, le piante, al terra, l’acqua.
Lo stimolo dei giovani può essere utile per controbilanciare gli interessi economici e politici che si oppongono a "politiche verdi"?
Il messaggio che si lancerà domani è importantissimo. Che si mobilitino i giovani, che tornino a occuparsi di problemi fondamentali e urgenti su scala internazionale e non per motivi ideologici, tutto questo è affascinante. Emerge anche l’importanza della conoscenza: finalmente, ci si accorge dei cambiamenti climatici, dei consumi non sostenibili. Un successo pure per gli scienziati, usciti dall’autoreferenzialità e capaci di comunicare al pubblico la gravità del problema che è mondiale e non più procrastinabile. Il Cnr in questi anni ha raggiunto migliaia e migliaia di studenti con nuovi programmi di informazione e sensibilizzazione, il cosiddetto "outreach". E poi ciascuno può dare un contributo con i suoi comportamenti individuali: pensiamo ad esempio ai benefici che porta capire quanto importante e preziosa è l’acqua, che va consumata più dal rubinetto e meno da bottiglie di plastica. E poi mangiare meno carne e più frutta e verdura, utilizzare i mezzi pubblici e biciclette, installare pannelli solari a casa... Spesso non si cambia atteggiamento per l’abitudine a comportarsi in un certo modo. I giovani invece non hanno sedimentato queste rigidità.
* Presidente del CNR
Intevista a cura di Andrea Lavazza
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