Graduatorie ad esaurimento: una situazione paradossale

09.07.2010 12:10

Sta suscitando diffusa preoccupazione la decisione del Consiglio di Stato di revocare, per una banale ma colpevole svista dell'Avvocatura dello Stato nelle procedure di notifica, una sua precedente decisione con la quale aveva accolto l'appello del MIUR sui provvedimenti cautelari adottati dal TAR del Lazio in merito alle modalità di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.

La vicenda presenta aspetti a dir poco paradossali: i comportamenti del MIUR che lo scorso anno furono oggetto di "censura" da parte del TAR (anche se in verità il tribunale ha sempre e solo emesso ordinanze sospensive, in attesa di un pronunciamento nel merito, mai avvenuto), hanno nel frattempo trovato pieno avallo giuridico con l'approvazione della legge 167/09, che all'art. 1, commi 4 ter e 4 quater, fornisce l'interpretazione autentica di quelle norme di cui i ricorrenti asserivano l'avvenuta violazione.

E' stato dunque lo stesso Legislatore a certificare, attraverso una propria interpretazione autentica, la corretta applicazione della legge da parte del MIUR. Ciò nonostante, oggi si chiede a quest'ultimo (anzi, si dà mandato ad un commissario ad acta di farlo in sua vece) di adempiere ad atti di natura cautelare di cui si fa molta fatica a comprendere la ragione, essendo stato chiarito nel modo appena descritto il quadro normativo a cui la controversia fa riferimento. Per quanto possa apparire assurdo, si invita in sostanza il MIUR (o meglio il commissario chiamato a sostituirlo) a compiere atti che risulterebbero in palese violazione delle norme di legge il cui vero significato è stato chiarito dalle citate norme interpretative (legge 167/09).

In attesa di conoscere gli sviluppi di una vicenda kafkiana, che nella sostanza ci sembra fatalmente destinata a non produrre effetti sui provvedimenti adottati lo scorso anno, mentre rischia di creare qualche intralcio sulle operazioni di avvio del nuovo anno scolastico, ci chiediamo fino a quando il precariato della scuola dovrà sopportare di essere trasformato in teatro di un infinito e lacerante contenzioso, di cui gli unici a trarre sicuro vantaggio sono ad oggi gli studi legali, con annesse propaggini sedicenti "sindacali", che su tale contenzioso giustificano la loro esistenza e puntano a costruire le loro fortune.

Da parte nostra ribadiamo una posizione sempre sostenuta fin dal momento in cui le graduatorie permanenti sono state rese "ad esaurimento" (legge finanziaria 2007).

Come si ricorderà, tale trasformazione, legata peraltro all'impegno di favorire lo "svuotamento" delle graduatorie avviando un piano straordinario di 150.000 assunzioni, si accompagnava in origine ad una previsione di vero e proprio congelamento delle graduatorie stesse, senza prevedere nessuna ulteriore opportunità di aggiornamento. Anche a seguito delle pressioni esercitate dalla CISL Scuola e dalle altre OO.SS. restò invece - alla fine - la possibilità di un aggiornamento biennale, escludendo tuttavia (con la sola eccezione consentita nel 2007) la possibilità di cambiare provincia di inclusione, se non attraverso un inserimento cosiddetto "in coda". Una regola posta allora in termini molto chiari, rispondente a requisiti di ragionevole equilibrio tra esigenze diverse e che trova il suo fondamento nella necessità di salvaguardare chi, giustamente, chiede di non veder rimesse in discussione, ogni due anni, le proprie legittime aspettative, dovendo già scontare i tempi lunghi in cui si consuma l'attesa di vedere stabilizzato il proprio rapporto di lavoro.

La pretesa di un inserimento "a pettine", ancor più se estesa addirittura a quattro province (come potrebbe avvenire in caso di pedissequa applicazione delle resuscitate ordinanze di sospensiva del TAR Lazio), comporterebbe invece effetti di segno opposto, alimentando divisioni, incertezze e conflittualità laceranti all'interno del variegato e purtroppo esteso mondo del lavoro precario.

Un sindacato degno del nome deve fare di tutto per scongiurare esiti del genere: chi viceversa con la sua azione deliberatamente se ne fa promotore, abbia almeno il pudore di non fregiarsi di un titolo che non merita.