Scrima risponde al Corriere, no ai soliti cliché su lavoro pubblico
La Cisl Lavoro pubblico, per voce del suo coordinatore Francesco Scrima, risponde così all'articolo di Giovanni Belardelli pubblicato ieri, 25 gennaio, dal Corriere della Sera ("L'Italia del lavoro senza posto fisso"):
"Il professor Belardelli conosce bene i rischi dell’eccessiva semplificazione. Così come conosce bene gli effetti politicamente dannosi dei cliché. Capita però che anche un autorevole commentatore cada nelle trappole che è spesso bravo a denunciare. Per questo riteniamo doverose alcune puntualizzazioni.
In primo luogo la spaccatura tra lavoratori garantiti e lavoratori privi di tutela, che pure esiste, non corrisponde all’alternativa pubblico privato. E’ piuttosto una condizione trasversale a tutto il mondo del lavoro (si chieda ai 120mila precari della Pa e ai 200.000 precari della scuola, o ai 56mila lavoratori delle province), e che di certo non è bene correggere con il principio dei vasi comunicanti quanto con regole che tutelino tutti.
In secondo luogo il lavoro pubblico non può essere rappresentato come il paese del Bengodi. Se si escludono gli appannaggi della ristretta casta dei mandarini di Stato, le retribuzioni sono basse, i contratti congelati da anni, le carriere bloccate, la mobilità professionale ferma. In molti enti si lavora male, anzi si è messi in condizione di lavorare male da una classe politica e amministrativa che sull’inefficienza lucra interessi illegittimi e anche dividendi elettorali. Per non parlare di un organico che invecchia e in cui manca il normale ricambio delle competenze.
E allora, e veniamo al terzo punto, è pensabile cambiare questo stato di cose a colpi di tweet? No, a meno che non si vogliano alimentare le banalizzazioni, come accade quando una grande riforma - quella delle elementari del 1990 - viene giudicata uno spreco di risorse, ignorandone del tutto i presupposti e soprattutto i risultati, in termini di efficacia e qualità riconosciute in tutto il mondo.
La verità è, sia detto senza retorica, che i lavoratori pubblici sono i primi a chiedere innovazione, velocità, flessibilità. Basta fare un giro in tante amministrazioni che ogni giorno si impegnano a garantire, tra mille difficoltà, istruzione, salute, prevenzione, previdenza, assistenza. Cioè quei servizi che fanno di questo territorio una comunità.
Non c’è dubbio che il settore pubblico di questo paese vada cambiato. Una scuola più avanzata, amministrazioni più snelle e moderne, servizi nuovi e nuovi investimenti in competenze professionali. Il sindacato lo chiede da anni. Ma di fronte, colmo dei privilegi, siede troppo spesso un datore di lavoro che, dietro gli annunci, scopre sempre le macchie del gattopardo".
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