Contratti e un cambio culturale perché i sorrisi non si spengano. Annamaria Furlan su "Avvenire"
La Giornata mondiale contro la violenza alle donne è anche quest’anno un momento di forte denuncia contro i continui episodi di violenza, di molestie, di umiliazioni a danno di tante donne, spesso in una drammatica solitudine. Non basta più indignarsi o chiedere anche pene più severe contro chi si macchia di questi orrendi crimini. Parliamo di quattromila casi di violenza in Italia ogni anno, una media di undici al giorno.
Nei primi dieci mesi del 2020 ben novantuno sono state le donne vittime di omicidio. Soprattutto durante il lockdown il numero dei femminicidi è aumentato: una donna uccisa in casa ogni due giorni. Una strage. Discriminazioni, umiliazioni, violenza e odio nei confronti delle donne non sono il passato, ma dominano il nostro presente e fanno regredire la nostra democrazia. È come una guerra moderna tra generi, un conflitto latente in cui anche la violenza verbale e il linguaggio talvolta sguaiato e aggressivo dei social fanno spesso da incubatore a quella fisica. Per non parlare dei costi sociali ed economici di questa “piaga” in termini di cure fisiche e psichiche, perdite di giornate lavorative, spese per i servizi legali e sociali. E il problema riguarda ormai anche i bambini: in due casi su tre i figli hanno assistito alla violenza nei confronti delle loro madri. Un dramma nel dramma.
Ecco perché, al di là degli slogan e della giusta solidarietà, abbiamo bisogno di un’alleanza vera tra le istituzioni e la società civile. Dobbiamo tutti mobilitarci per cercare di cambiare questa orribile situazione. Anche il sindacato può fare molto attraverso la contrattazione per prevenire le forme di discriminazione sessuale e tutelare la donna in ogni ambito. Non partiamo da zero. Abbiamo fatto tanti accordi in questi anni, a livello nazionale e anche territoriale, per supportare le vittime di violenza e di molestie nei posti di lavoro con percorsi di accompagnamento e con l’intervento di tutta la rete antiviolenza. Ci sono tanti esempi di contratti di secondo livello in cui abbiamo elaborato un “codice di condotta” da applicare in ogni azienda per prevenire le molestie e il mobbing.
Bisogna rafforzare questa buona prassi, anche a livello europeo, promuovere in ogni luogo di lavoro accordi per una “tolleranza zero”, in modo da tutelare la dignità delle donne, la loro autonomia decisionale, accompagnarle a ricostruire la loro vita. Le donne hanno pagato, e continuano purtroppo a pagare, anche un prezzo altissimo a causa della pandemia e delle ripercussioni negative sulla nostra economia. Tantissime donne sono state le prime a ricadere nell’area della precarietà, dell’emarginazione, della povertà. Senza sostegni alla maternità, soprattutto in un periodo come questo in cui il Covid ci sta costringendo a rivedere l’intera gestione della vita quotidiana, sono le donne a rinunciare al proprio posto di lavoro. Solo lo scorso anno più di 37mila neo mamme hanno dato le dimissioni dopo la nascita del primo figlio. Nel 2020, a causa del Covid, questo numero sta raddoppiando.
Ecco perché è necessario fare di più per incrementare il lavoro femminile, come forma di riscatto civile e di inclusione sociale, battersi anche per una effettiva parità salariale tra uomini e donne.
Ma, soprattutto, dobbiamo ripartire dalla scuola, dai processi educativi, fin dalla primissima infanzia, per far rispettare la donna in tutti i contesti: sociali, lavorativi e familiari. Ci vuole, insomma, un cambiamento culturale che metta al centro la tutela della persona. E ciascuno deve fare la sua parte in questa battaglia. “Le donne sono fonte di vita. Eppure sono continuamente offese, picchiate, violentate”, ha detto all’inizio dell’anno Papa Francesco. “Da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità“. Sono parole di grande profondità che devono farci riflettere. Sconfiggere ogni forma di violenza nei confronti delle donne è oggi una questione di civiltà, una priorità che deve vederci tutti uniti, uomini e donne, per una causa che è il fondamento stesso della nostra società libera e democratica. Per non lasciare che la violenza spenga il sorriso di tante donne.
Annamaria Furlan, segretaria generale della CISL
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