No al gioco delle tre carte su taglio del cuneo fiscale e aumenti contrattuali. Serve piano pluriennale da 16 miliardi
Il 6 marzo ci sarà la prima giornata di sciopero nella scuola incentrata sui temi del precariato e degli amministrativi facenti funzione Dsga. L’emergenza precari nella scuola ha assunto termini e dimensioni di vera e propria patologia del sistema e va contrastata con decisione; a tale obiettivo vanno aggiunti il rinnovo del Ccnl e l’incremento degli investimenti in Istruzione.
Finora, da parte di tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, non abbiamo visto un solo provvedimento che abbia messo nero su bianco un piano di investimenti consistente per far uscire l’istruzione e la formazione dallo stato di abbandono in cui si trovano, contrastando la precarizzazione del lavoro e garantendo retribuzioni adeguate agli insegnanti.
Invece, leggiamo ancora una volta che la Ministra Azzolina indica nel taglio del cuneo fiscale e nei fondi stanziati per il rinnovo del Ccnl le condizioni per riconoscere un aumento di 100 euro mensili netti al personale della scuola.
Non è così. Ad oggi, queste condizioni non ci sono affatto.
Il taglio del cuneo fiscale è una misura di equità sociale che riguarda tutti i lavoratori: nel caso specifico della scuola, peraltro, non tutti potranno beneficiarne.
Il Contratto ha un altro scopo: è finalizzato, da un lato, a recuperare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, dall’altro a riconoscere l’impegno professionale di tutti i dipendenti. Sommare impropriamente i benefici del taglio del cuneo fiscale agli aumenti del Ccnl significa giocare con la realtà dei fatti.
Il punto è che finora i fondi stanziati per gli aumenti contrattuali nel triennio 2019/2021 comportano un aumento di 80 euro medi mensili lordi, elemento perequativo compreso. Come si può sostenere che si tratti di aumenti dignitosi per una categoria su cui grava la responsabilità di formare le future generazioni, che tutti riconoscono di importanza fondamentale per il futuro del Paese, ma che continua ad essere schiacciata e pervicacemente tenuta, sul piano stipendiale, sulla dimensione di un lavoro impiegatizio, peraltro ai livelli iniziali?
La scuola, dopo il piano che accompagnò alla fine degli anni novanta il varo dell’autonomia scolastica, ha dovuto registrare soprattutto tagli, pseudo riforme, blocchi dei Ccnl, aumento delle pastoie burocratiche. Basti ricordare che in quegli anni i finanziamenti per i piani dell’offerta formativa erano di circa 196 milioni di euro mentre oggi si sono ridotti a 30 milioni.
L’attuale Presidente del Consiglio il 24 aprile 2019 in un testo con noi sottoscritto si è impegnato a stanziare risorse per avvicinare gli stipendi del personale scolastico a quella della media europea.
E cultura di Governo vuole che chi assume l’incarico di Ministro dell’Istruzione si senta investito della responsabilità di onorare quegli impegni istituzionali che appartengono alla precedente e all’attuale maggioranza e al medesimo Presidente del Consiglio.
Da qui parte la nostra piattaforma rivendicativa: 16 miliardi di investimenti in più anni - il punto di Pil che ci separa dall’Europa - per dire basta al lavoro precario, per superare il divario tra organico di diritto e situazioni di fatto, per aumentare il tempo scuola, per rinnovare il contratto con aumenti a tre cifre che vadano ben oltre i 100 euro mensili.
Se il Governo continuerà a fare orecchie da mercante non ci fermeremo con lo sciopero del 6, ma proseguiremo con altre iniziative di mobilitazione per rivendicare più scuola, stipendi più alti e più ampi spazi negoziali.
Roma, 17 febbraio 2020
FLC CGIL Francesco Sinopoli
CISL FSUR Maddalena Gissi
UIL Scuola RUA Giuseppe Turi
SNALS Confsal Elvira Serafini
GILDA Unams Rino Di Meglio
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