Riti di passaggio
Quando la scuola sa essere davvero accogliente e il prossimo si fa comunità. Un padre racconta e condivide la sua gratitudine
Estate 2012. A settembre Pietro inizia la scuola superiore, fondazione ISB, una scuola alberghiera che ha attivato un percorso personalizzato, con un alto rapporto di materie laboratoriali rispetto alle classiche.
La scuola si trova a poco più di 20 km di distanza da Grumello, il paese in cui abitiamo; sono necessari due mezzi di trasporto: il pullman e la metropolitana leggera. Per arrivare a scuola per l'inizio delle lezioni alle 8.10 la partenza è alle 6.50.
A Grumello c'è un'altra scuola con un corso molto simile a questo, e inizialmente ci eravamo rivolti a loro, puntando sull'immediata autonomia offerta a Pietro negli spostamenti. Ma non sempre la vicinanza è anche disponibilità. La saracinesca della scuola Ikaros è abbassata, serrata stretta. Il direttore usa parole neppure troppo velate per dire che lì Pietro non ci può andare. La sua scuola deve produrre professionisti, di alto livello, dice. Non può accettare "l'assalto ai forni" dei ragazzi con disabilità.
Naturalmente avremmo potuto rivendicare il diritto. C'erano tutti gli estremi. Ma un luogo che non ti accoglie non è un buon luogo, e certo forzando il clima non sarebbe migliorato. Lasciamo la scuola alla sua presunta eccellenza. Un' occasione mancata per fare corrispondere le profusioni lessicali a favore dell'inclusione, la “persona al centro”, a gesti concreti. Non ci soffermiamo troppo su questa miseria, ma un cenno di cronaca era doveroso.
Dunque, si va a Torre Boldone. Sveglia alle sei. Per fare le cose con calma. Certo il risveglio ha necessità di carburazione, un po' per tutti. Si pone la domanda, la solita domanda che pone il bivio fra promozione della libertà e dell'autonomia e invece sottolineatura della sicurezza. Entrambi gli aspetti hanno una loro dignità e per ciascuna persona si coniugano in modo originale. Ma per Pietro sembra che questo della scuola superiore, il rito di passaggio, sia cruciale, sarebbe molto negativo mancare questo appuntamento.
Ci informiamo sulle esperienze di altri che hanno affrontato questo passaggio prima di noi. Incontriamo storie cariche di energia, di rispetto per la libertà dei figli, di grande attivazione progettuale e di investimento emotivo. Due mamme. Annamaria Invernizzi e Manuela Colombo. Per entrambe, ora che le figlie sono capaci, di andare da sole, le fatiche e le paure sono passate, sedimentate, giustificate, e superate. Spingono a provare, a osare.
I viaggi estivi per sperimentarsi sul tragitto sono un po' artificiali, con noi genitori, con poche persone sull'autobus e sul tram. E soprattutto senza una meta vera da raggiungere, con qualcosa di vero da fare. Ma hanno comunque il pregio di cominciare a far conoscere i luoghi, cominciare a rendere familiari case e strade e scorci di città.
A scuola ci sono materie interessanti, laboratori di cucina, di sala bar, di pasticceria. Anche di affettività e di economia domestica. Insieme a matematica, chimica e italiano, educazione civica, igiene, sicurezza, inglese e religione. Verso marzo anche il laboratorio di giardinaggio. E coordinamento psicomotorio, ginnastica insomma.
Due divise previste dalla scuola aiutano Pietro e i suoi compagni a entrare nel ruolo: quella di cucina e quella di sala bar, eleganti e preziose. Pietro non ha accesso al codice alfabetico, la sua comprensione linguistica e soprattutto l'espressione limitano fortemente la sua possibilità di comunicare la sua ricchezza interiore, le sue intuizioni, la sua ironia. Che però, pur limitati, trovano modi per uscire, attraverso le parole ascoltate in casa, a scuola, dai film, dalla lettura dei libri. Giri di frase che servono per esprimere quello stato d'animo, quel desiderio, che inventare da zero sarebbe troppo difficile: quali parole, quale ordine, con quale morfologia? Da tempo Pietro utilizza elementi di comunicazione aumentativa per poter partecipare in modo più significativo alle lezioni. La traduzione dei testi nel sistema simbolico WLS gli permette un accesso ai significati e a comprendere quegli elementi della lingua altrimenti inaccessibili, attraverso le sole lettere alfabetiche. Nella nuova scuola questa modalità non è conosciuta, almeno non nel modo e nella rappresentazione che per Pietro è diventata naturale e importante. Sarà necessario un lavoro di supporto iniziale, mostrare alle insegnanti come fare, con quali strumenti, con quali attenzioni, produrre le lezioni per permettere a Pietro di partecipare in modo attivo. E di poter anche effettuare le valutazioni come i suoi compagni.
Un tempo intenso e impegnativo, faticoso, che ha prodotto però dei canali comunicativi importanti, di fiducia, di stima reciproca, che hanno permesso di dirsi con più immediatezza, di criticarsi e di migliorare. Il viaggio diventa un'occasione di progettazione partecipata, di coinvolgimento del contesto.
Quel concetto altre volte ascoltato diventa occasione concreta. Diversi sguardi, diverse conoscenze di chi sia Pietro si confrontano e si misurano, trovano delle possibili soluzioni per superare le difficoltà che si presentano. Ponendo Pietro come protagonista, perchè questo rito di passaggio sia un elemento di fiducia su cui costruire la sua consapevolezza di ragazzo che diventa grande: crescono i peli della barba e la voce si fa più profonda. A scuola da solo. Sembra possibile.
Ci sono quattro ragazzi che accolgono la proposta di essere compagni di viaggio di Pietro, compagni di viaggio come molti altri che prendono lo stesso pullman, ma che hanno uno sguardo particolare per lui, per ricordargli la fermata a cui scendere se serve, per scambiare una parola. Con discrezione e leggerezza. Ragazzi poco più grandi di lui che sperimentano la possibilità e la bellezza di esercitare la responsabilità della prossimità, senza essere schiacciati da vincoli eccessivi, da contratti gravosi.
Questi ragazzi sperimentano anche loro l'adultità che c'è nell'accompagnare, che è reciprocità, certo asimmetrica rispetto a Pietro, in età e competenze, ma che apre alla conoscenza e alla relazione. Aira, Eleonora, Matteo, Daniele. E poi si aggiunge anche Danilo. Ragazzi splendidi a cui va la nostra gratitudine, semplice e profonda. Insieme ai tanti compagni che al mattino presto lo riconoscono e lo salutano e lo tengono dentro, dentro il loro sguardo, dentro le loro parole.
Poi ci sono i passaggi per prendere il tram. L'assistente educatrice accompagna con gesti sempre più allentati questo passaggio, fino a scomparire. Dentro un gioco di fiducia e di sfida. Che produce certo qualche sbavatura, qualche smarrimento di percorso, qualche ansia anche. Ma che riesce a superare l'inverno e poi la primavera. L'assistente educatrice viene invece richiesta in modo più importante dentro la scuola, per accompagnare, forse Pietro, forse la scuola stessa, in questo incontro, nuovo e difficile perchè fuori dalla campana di Gauss delle consuetudini note. Esplorazioni che generano poi arricchimento, ma che sono anche fatica. E impegno e risorse devono essere dedicate.
Sentiamo dentro questo tempo la tenacia di Pietro, la ricchezza della collaborazione, dentro il riconoscersi di diversi soggetti, che riescono a superare anche i vincoli di una rappresentazione iniziale. La costruzione, per quanto fragile, sta in piedi. Pietro impara a fare il cappuccino con la macchina da bar, prepara piatti a partire dalle ricette, ma anche inventandone una sua, che avrà l’onore di essere proposta a tutta la classe. Conosce i suoi nuovo compagni, che diventano ben presto il suo orizzonte di confronto. I racconti si popolano dei loro nomi. Delle relazioni che nascono, della bellezza che ciascuno ha. Pietro ha un'immagine di sè arricchita da questa esperienza. Del viaggio compiuto in autonomia, delle relazioni con i compagni e con i professori. Dei luoghi che diventano familiari e che a volte si possono anche esplorare in modo diverso. Desideri di esplorazione e di violazione delle regole stabilite che portano a tensioni locali, a conflitti che vengono affrontati. Con la fermezza e presenza necessari.
Ora l'anno scolastico è terminato. C'è il tempo dell'estate da attraversare. Tempo con i suoi vuoti, le sue possibilità, la luce della sera che dura fino a tardi. Libertà e possibilità. Difficili e ricche da affrontare. Questa breve narrazione è soprattutto un modo per ringraziare tutti, che insieme ci siamo confrontati con Pietro in questo passaggio impegnativo e affascinante della sua vita e della nostra. I compagni di viaggio, don Fabio che ha saputo coinvolgerli dall'impegno con il Cre, l'assistente educatrice che ha accompagnato Pietro con empatia e amicizia, stabilendo anche con noi genitori uno spazio di confronto ricco e reciproco. L'assistente sociale che ha colto l'importanza di un impegno pur non dovuto dall'amministrazione comunale, la logopedista Nora Bergamaschi che ci ha accompagnati tutti con la sua autorevolezza e gentilezza nel mondo della comunicazione aumentativa, il dottor Marco Rho che ha dedicato tempo e attenzione e professionalità nella definizione del percorso e nella sua verifica, la dirigente e gli insegnanti della fondazione Isb, e le persone di Torre Boldone che hanno accolto Pietro come nuovo cittadino, offrendogli uno spazio conosciuto e che lo contiene.
Infine un grazie a Manuela Colombo e Annamaria Invernizzi, le due mamme che hanno condiviso con me le loro narrazioni, per come hanno vissuto l'analogo passaggio con le loro figlie. Narrazioni sincere e forti di cui sono molto grato. L'esperienza di altri ci dà l'ardire di affrontare passaggi difficili, e ci sentiamo sostenuti dalla loro storia. A cui anche noi aggiungiamo la nostra.
Antonio Bianchi