Gli Scooppiati. Ovvero ... diversamente Band!
Fare musica, diventare membro di una band, ricevere applausi e una montagna di soddisfazioni. Vi presentiamo la band musicale integrata composta da disabili e non, “Gli Scoppiati”, nata grazie all’iniziativa della onlus H-Anno Zero (da www.disabili.com)
L’adrenalina di stare su un palco, ricevere applausi, divertirsi con gli amici, impegnarsi e vedere riconosciuti i propri sforzi. Sono, tutte queste, cose che chi ha una band conosce bene. Perchè quando sei su un palco la musica parla per te, ma fluisce attraverso di te. Esprimersi attraverso la musica e farne un impegno può essere anche un modo per mettere in pratica l’integrazione, nel caso di disabilità. Ed è quello che ha fatto e fa la band integrata degli “Scooppiati”: un gruppo musicale molto eterogeneo, o meglio, integrato.
La band nasce dal progetto di integrazione “Su x le scale”, nato per aiutare ragazze e ragazzi disabili ad integrarsi socialmente, a comunicare ed esprimersi attraverso la musica. Si tratta di un’iniziativa facente capo alla cooperativa sociale “H – Anno Zero” che lavora da 30 anni nell’area handicap del municipio XI di Roma, ma che oltre alle attività artistiche, si occupa anche di assistenza domiciliare e scolastica.
Seppur nata da poco, la band degli Scooppiati ha riscosso molto successo, come al teatro San Raffaele di Roma durante gli eventi “Integrare tra il dire e il fare” e per il “Premio Fabrizio De André”; il “Festival della musica impossibile” a Falconara; “Insieme possiamo” all’auditorium Santa Chiara di Roma, e molti altri. Per saperne di più abbiamo fatto alcune domande a gruppo Giuseppe Salis il “manager” e responsabile del gruppo.
La vostra cooperativa opera nel campo della disabilità da tempo e su diversi fronti. Come mai da un certo punto avete deciso di formare una band, quindi di utilizzare proprio la musica come linguaggio di integrazione?
Diciamo che la musica è sempre stata al centro dei progetti integrativi della nostra cooperativa, concentrandosi però solo sulla musicoterapia. Ultimamente ci siamo accorti di particolari attitudini dei nostri ragazzi a cantare o suonare. Ecco perché una Band: per rispondere a queste potenzialità e sfruttarle al massimo.
Materialmente come si compone questo gruppo che, sappiamo, ha alle sue spalle già numerose esibizioni?
La Band si compone di dieci elementi: Manuela , Francesca, Alessandro sono i nostri cantanti, Federico e Fausto sono i nostri musicisti. Federico sta imparando la batteria, e Fausto è il nostro percussionista. Io, Andrea e Raffaele siamo gli assistenti, e abbiamo dei volontari che vengono a darci una preziosa mano, Marianna e Veronica che sono le coriste e Enzo, il nostro secondo chitarrista. Il repertorio è rigorosamente scelto dai ragazzi, ed è composto, per ora, da cover di artisti italiani, ma sono in lavorazione anche brani nostri per i quali ovviamente ci vuole un po' più di tempo.
Quali sono i risultati tangibili di questo progetto? Al di là del risultato in termini di integrazione sociale, anche da un punto di vista "terapeutico" avete riscontrato un beneficio per questi ragazzi?
Oltre all'integrazione che è evidente, il risultato al quale aspiravamo era di dare l’opportunità a questi ragazzi di sentirsi speciali, di poter esprimere le loro emozioni e le loro capacità, e di ricevere quell’applauso che ti gratifica la vita. E sì! Abbiamo riscontrato un gran beneficio da questo.
Chi è il vostro pubblico, e come siete accolti nelle vostre esibizioni?
Il nostro pubblico è vario e di diverse fasce di età. I nostri fan più importanti sono il nostro Consiglio di Amministrazione della cooperativa che ci segue sempre, e i genitori dei ragazzi che sono i nostri braccio destro. Quando suoniamo dal palco vedi la faccia della gente che all’inizio ti guarda turbata e curiosa, poi a metà concerto si sciolgono tutti!
Ci pare di capire che il vostro bilancio è più che positivo. Che consigli dareste a chi volesse intraprendere un progetto simile al vostro? Quali sono i primi step, le difficoltà che avete incontrato e come le avete superate?
Le difficoltà sono innumerevoli, ma le abbiamo ammortizzate bene perché facciamo parte di una cooperativa importante e molto ben organizzata che da 30 anni si occupa di assistenza in questo settore. L’unico consiglio che mi sento di dare è che questi progetti non si fanno per guadagnare: se avete quell’intenzione smettete subito. Questo tipo di progetti si fanno per fare stare bene i ragazzi e dare a loro un’altra prospettiva della vita che altrimenti non avrebbero, e bisogna credere fortemente in questo.
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Testo tratto da http://www.disabili.com