Questo voto nel tempo che ci è dato
Nel giorno in cui si aprono le urne per un referendum e per il rinnovo di alcuni consigli regionali e di altre amministrazioni locali, una riflessione come sempre di grande saggezza ed equilibrio di Marco Tarquinio (Avvenire, 20 settembre 2020), che richiama il senso e il valore di una partecipazione attiva a quella che purtroppo in tanti non avvertono più come una "festa della democrazia".
Tra oggi e domani mattina si vota. Nonostante il coronavirus. Con quali impacci e quali esiti vedremo. Siamo convocati ai seggi per un referendum costituzionale sul "taglio" dei nostri rappresentanti alla Camera e al Senato. Insieme milioni di noi voteranno per assemblee e organi di governo in sei Regioni e in 962 Comuni. È una nuova festa della democrazia. Ma i calanti indici di partecipazione di questi anni ci dicono che tanti non si sentono invitati e non la vivono più così. Brutto segno. Quando in una società sempre più persone si sentono spinte ai margini, ininfluenti, indifferenti, arrabbiate o comunque disilluse dal serio gioco democratico c’è da preoccuparsi. E parecchio.
Stiamo infatti entrando in Anni Venti che si annunciano complicati e promettenti come tutti i tempi di crisi. I nostri nonni li vissero un secolo fa, e quelli furono durissimi. Anche allora tanti non parteciparono (le donne neanche potevano). Alcuni marciarono, altri ci marciarono, e il mondo finì in un incubo totalitario. L’immane tragedia che cominciò nel momento stesso in cui la democrazia sembrò a troppi non il migliore ma il peggiore dei sistemi possibili per dare risposte alle domande di sicurezza e di benessere. Un incubo nero, nel cuore dell’Occidente europeo. E insieme un incubo rosso, alla sua grande periferia d’Oriente.
Stavolta abbiamo davanti una prospettiva che non è sogno, ma che è segno e sfida. E che forse ci porterà a non ripetere errori e orrori e a soccorrere miserie e insicurezze. È una prospettiva verde. Verde come i piani «green» che l’Europa e le sue principali nazioni – Italia inclusa, Germania in testa – devono saper realizzare per ricominciare la propria storia sociale ed economica con generoso realismo e secondo giustizia per persone, comunità e ambiente. Verde come il colore delle tasche vuote dei milioni di "scartati" nel rovinoso trionfo delle disuguaglianze frutto delle logiche di un capitalismo predatorio e, per sovrappiù, sotto i colpi di maglio della pandemia più annunciata e meno attesa.
Che c’entra questo con il voto di oggi e domani? C’entra come ogni occasione da non perdere per fare più forte la nostra democrazia, senza dare per scontato che sia salda ed eterna. Certo, non pochi dicono che questo voto deciderà la sorte del governo Conte. Troppo e niente. Questo voto dirà di certo una parola sulle riforme sinora impossibili (perché abortite o bocciate) in un’Italia che merita nuovo equilibrio nelle proprie istituzioni. Cominciare con meno rappresentanti del popolo è giusto o no? E dirà una parola sull’amministrazione di territori importanti, non su chi sta governando mesi cruciali da Palazzo Chigi. Teniamolo a mente, dando corpo e senso alla partecipazione. Ognuno faccia, in coscienza, quel che deve. E accada quel che di buono può.
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