L’economia del senso motore di sviluppo
"Esisteva in passato l’economia 'pane e salame', dove il valore economico era determinato dall’acquisto di beni fisici necessari per soddisfare bisogni primari della popolazione. Nella molto più sofisticata e dematerializzata economia di oggi, dobbiamo pensare invece al valore economico come dato dal prodotto di tre dimensioni: il bene o servizio, il valore simbolico associato allo stesso e l’esperienza che attraverso la sua fruizione può essere realizzata" (Leonardo Becchetti, Avvenire, 19 aprile 2017)
Gli ultimi pionieristici lavori degli economisti Akerlof e Kranton e Lowenstein allargano in modo decisivo l’angusta visuale dell’homo oeconomicus sottolineando come l’uomo sia cercatore di senso prima che massimizzatore di utilità. Coprendo una falla dell’approccio utilitarista alla Bentham, aspramente criticato già agli albori della storia del pensiero economico da John Stuart Mill che, ironizzando, affermava come fosse meglio essere un Socrate insoddisfatto che un maiale soddisfatto. Non si tratta solo di un’astratta disputa filosofica perché, non aprendosi al problema del senso, l’approccio utilitarista non riesce a spiegare parti molto importanti della realtà, come i comportamenti identitari e gli integralismi, che spingono una quota cospicua dell’umanità a porre in atto scelte ed azioni inspiegabili in base al solo principio del benessere economico personale.
Siamo partiti un po’ da lontano per arrivare a spiegare perché l’approccio della ricchezza di senso potrebbe contribuire ad aumentare la capacità di creare valore economico in un settore sempre più importante del nostro Paese, quello culturale. Come è noto, l’economia va dematerializzandosi e i vantaggi competitivi non delocalizzabili rappresentati dalle specificità storiche, artistiche e culturali del nostro Paese diventano sempre più importanti per l’economia, come conferma il boom delle visite nei musei nazionali dell’ultimo anno. Nell’ambito dell’economia della cultura esistono al momento due filoni apparentemente disgiunti: quello delle visite a musei e a beni culturali di vario tipo (chiese, siti archeologici...) e quello delle rappresentazioni teatrali.
L’idea che avanziamo in questo articolo è che in realtà le enormi potenzialità delle sinergie tra questi due ambiti sono ad oggi tutt’altro che valorizzate. Esisteva in passato l’economia 'pane e salame', dove il valore economico era determinato dall’acquisto di beni fisici necessari per soddisfare bisogni primari della popolazione. Nella molto più sofisticata e dematerializzata economia di oggi, dobbiamo pensare invece al valore economico come dato dal prodotto di tre dimensioni: il bene o servizio, il valore simbolico associato allo stesso e l’esperienza che attraverso la sua fruizione può essere realizzata. Per fare alcuni esempi, la pasta di Gragnano prodotta da Libera è sia il prodotto fisico con la sua nota qualità sia con il valore simbolico del suo essere realizzata in un terreno confiscato alla mafia. Così il caffè equosolidale, i prodotti bio, gli aranci Goel prodotti nella Locride sono anch’essi combinazioni di prodotti e valori simbolici. Le visite turistiche sono invece combinazioni di esperienze, simboli e prodotti offerti.
La logica del combinare queste tre dimensioni può diventare una sorgente quasi infinita di innovazione e di diversificazione in grado di creare valore ed occupazione. Tornando alla cultura e all’uomo cercatore di senso, la chiave per l’applicazione di questo principio in tale ambito sta proprio nella sinergia tra la visita al bene culturale e la rappresentazione teatrale (o le tante rappresentazioni teatrali possibili associabili ad un determinato sito culturale). Alcuni parziali esempi, probabilmente già noti a molti lettori, sono gli spettacoli 'luci e suoni': in piccole arene collocate accanto o all’interno di siti archeologici si realizzano rievocazioni storiche associate a giochi di luci proiettate sui monumenti. Ma in realtà le possibili combinazioni dei due principi (visita turistica e rappresentazione artistica) sono infinitamente superiori. Un esempio recente molto interessante è quello di 'pietre vive', un’associazione di volontari che fa rivivere chiese e beni culturali religiosi offrendo ai visitatori un’'esperienza spirituale' associata all’opera artistica che hanno di fronte. Proseguendo su questa strada sono possibili molteplici combinazioni che aumentano di valore mano mano che la qualità degli interpreti cresce e si avvicina a quella di veri attori di teatro.
A differenza di guide automatiche virtuali, che pure sono presenti in vari siti archeologici, stiamo parlando qui di qualcosa di diverso, ad alta intensità di lavoro e che richiede una combinazione di persone fisiche e di presenza degli utenti e degli 'attori-guide' nei luoghi, proprio come antidoto alla concorrenza ormai micidiale di prodotti interamente virtuali. Secondo un rapporto di Symbola, nel nostro Paese il settore culturale ha prodotto solo nel 2013 80,8 miliardi di euro (quasi il 6 percento del Pil). Ogni combinazione di visita abbinata a una rappresentazione artistica può creare valore aggiunto e su ogni sito è possibile costruire un vero cartellone che abbini visita e possibili rappresentazioni (ovviamente offerte come proposta libera assieme alla visita tradizionale). Tutto questo potrebbe far lievitare in modo significativo gli introiti del settore culturale, andando a sviluppare innumerevoli combinazioni di fruizione di beni culturali associati a un’esperienza speciale, soddisfacendo in modo nuovo e variegato la domanda di senso dei visitatori.
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