Le mense negate agli stranieri: i tre insegnamenti da Lodi
Sulla sentenza che condanna come discriminatorie le disposizioni con cui il comune di Lodi aveva disciplinato l'accesso alla mensa scolastica, richiedendo a cittadini extra comunitari la produzione di documenti praticamente impossibili da reperire, interviene sulle pagine di Avvenire del 16 dicembre 2018 Maurizio Ambrosini, sociologo dell'Università di Milano, consigliere esperto presso il CNEL e Responsabile scientifico del Centro studi Medì-migrazioni nel Mediterraneo di Genova. Interessante la sottolineatura di quanto sia importante ed efficace su questi temi un'attiva mobilitazione a livello sociale.
La sentenza del tribunale di Milano sul caso Lodi è ricca di insegnamenti e merita pertanto qualche ulteriore riflessione.
Il primo insegnamento consiste nelle parole stesse del giudice, che ha contestato al Comune di Lodi una palese condotta discriminatoria. In Italia l’autonomia concessa alle autorità locali non consente di introdurre «specifiche e più gravose procedure» a carico di cittadini extra-Ue per l’accesso a prestazioni sociali agevolate. Nella fattispecie, certificazioni di non possesso di beni immobili nei Paesi di origine, in cui spesso il catasto neppure esiste o non funziona. In altri termini: le normative locali che penalizzano gli immigrati sono viziate da intenti discriminatori. Gli Enti locali che hanno preceduto e seguito Lodi su questa china inquietante faranno bene ad adeguarsi rapidamente alla sentenza milanese, se vorranno evitare condanne e risarcimenti.
Ne discende un secondo insegnamento: brandire slogan come «prima gli italiani» è un inganno a danno dei cittadini-elettori. La politica che sfrutta il rancore e alimenta contrapposizioni sociali, anche prescindendo da valutazioni di natura etica, di fatto promette misure semplicemente impossibili da attuare secondo l’ordinamento vigente. Una politica così non è solo iniqua, ma illusoria. Può raccogliere consensi, ma non attuare i programmi che proclama. In sostanza, vende merce taroccata ingannando i clienti. Si spera che la sentenza di Lodi apra gli occhi a tutti: ai compratori di precedenze nazionali a presunto (presunto!) vantaggio degli italiani e agli spericolati venditori di una «pregiudiziale etnica» condannata dalla legge. Anche chi ha proposto il Reddito di cittadinanza riservato ai soli italiani e chi ha incassato la promessa senza batter ciglio dovrebbe trovare materia di riflessione e di ripensamento.
In terzo luogo, la sentenza ci ricorda che in una democrazia matura il consenso elettorale non attribuisce agli eletti prerogative decisionali affrancate da ogni vincolo. Il principio di maggioranza è temperato dal quadro normativo e in special modo dai princìpi costituzionali. Le democrazie si reggono su un sistema di pesi e contrappesi in cui gli organismi di controllo hanno il compito di vigilare sulle decisioni politiche centrali e locali. Accusare i tribunali o le corti costituzionali di non essere eletti, di essere formati da funzionari stipendiati, come a volte capita di sentire, denota disprezzo verso i meccanismi di funzionamento dei regimi democratici.
Da ultimo, va osservato che il ricorso contro le determinazioni del Comune lombardo è stato presentato da due associazioni impegnate nella difesa dei diritti degli immigrati e che il "caso Lodi" ha suscitato una vasta mobilitazione sociale, di insegnanti e immigrati a livello locale e poi su scala più ampia, anche internazionale. Erano stati raccolti 160.000 euro per finanziare il rientro a mensa dei bambini ingiustamente esclusi. Se il successo dell’azione legale è il frutto dell’impegno e della competenza di legali che difendono gratuitamente la causa dei poveri - italiani di nascita e immigrati, pari sono - non di meno la mobilitazione dei cittadini, italiani e stranieri, può fare molto. Poiché le politiche discriminatorie fanno appello al consenso popolare, è importante rendere evidente che motivate e vivaci componenti della società civile rivendicano invece il rispetto dei princìpi di eguaglianza e solidarietà: quelli della nostra Costituzione e della nostra cultura.
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