La nuova piazza sono adulti e anziani
Più consapevolezza di ciò che significa perdere un diritto, questa la ragione, scrive Flavia Perina su La Stampa del 26 novembre 2018, che rende gli over 50 protagonisti delle manifestazioni di questi giorni, in Francia ma non solo. "Liquidarla come coda irrilevante del Novecento è sciocco. Fare i conti con loro si rivelerà prima o poi obbligatorio".
«Quanti anni ha signora?» «Settantaquattro». «Cosa sta facendo?» «Aiuto a costruire la barricata contro la gendarmeria». «Perché è qui?» «La mia pensione non mi permette di arrivare alla fine del mese». È una delle interviste realizzate a Parigi da France Info, nella diretta sugli scontri tra i Gilets Jaunes e la polizia, una delle moltissime che mostrano insoliti dimostranti con i capelli bianchi e facce segnate dalle rughe.
La seconda e la terza età sono protagoniste assolute dell'ondata di proteste in Francia, anche nella loro versione più conflittuale. Le foto di anziani che prendono a calci i lacrimogeni, in prima fila sugli Champs Elysées insieme ai giovani casseurs, riempiono le pagine dei giornali. Ed è la classe anagrafica tra i 50 e i 60 ad aver battuto per mesi il tam-tam dell'«ora basta» sui social network, a cominciare dalla stella del movimento Jacline Mouraud, ex moglie di un militare e madre di tre figli, autrice del video-denuncia da sei milioni di visualizzazioni che ha acceso la polveriera.
Non succede solo in Francia. Anche in Italia il ritorno della piazza è stato segnato dall'attivismo degli over 50. Irrisi dal M5S come madamin, borghesi, anziani perditempo con barboncini al seguito, sono stati loro a riempire i luoghi della protesta antigovernativa a Roma e a Torino, ma hanno costituito anche una parte consistente e molto visibile dei cortei delle donne di sabato scorso. «Le ex ragazze degli Anni 70 sono le più consapevoli di ciò che significa perdere un diritto – spiega Luisa Rizzitelli, tra le fondatrici del Rebel Network – perché hanno combattuto per ottenerlo». Ma c'è di più. «Sono nate in un mondo dove tutto era politica. Si sono formate nella politica. Sono forse l'ultima generazione a credere nella potenza della politica, nonostante l'enorme disillusione per i partiti, ai quali quasi tutte hanno voltato le spalle».
Forse è proprio qui la chiave per capire il mondo alla rovescia visto con assoluta chiarezza a Parigi, con gli anziani in strada a urlare contro la polizia anziché a casa a borbottare contro i dimostranti delinquenti, come succedeva in passato. Non solo una questione geografica, campagne contro città. Non solo una questione di censo, ceto medio impoverito contro classi garantite. Non solo una questione di istinti – tesi molto gettonata in Francia da intellettuali come Èric Zemmoure – legata a un ciclico riemergere della jacquerie, la sollevazione contadina. Anche altro. Anche una questione anagrafica, che vede la vecchia generazione dei baby boomers mobilitarsi per difendere gli standard minimi del benessere. Pensavano di averli conquistati a vent'anni, li vedono messi in discussione, tornano a ribellarsi. Il fatto che le loro manifestazioni siano un successo non è casuale: hanno le competenze, sanno come si chiama all'adunata. «Non è difficile: un microfono, un altoparlante e via» racconta Fabien, il contadino che coordina i blocchi di Saint Germain Laval, nella Loira.
«In fondo anche il voto della Brexit – spiega Marco Palillo, giovane expat e ricercatore alla London School of Economics – va letto così. Hanno deciso gli anziani, pensando di proteggere un sistema di welfare che giudicavano in pericolo, mentre i giovani non sono andati ai seggi, non hanno capito che quel referendum avrebbe cambiato le loro vite». Palillo non è stupito di quel che accade nel continente. «Le vecchie generazioni hanno i codici della politica, la capiscono, ne conoscono il potere. Non credo che le nuove abbiano la stessa consapevolezza. Condividono un poste pensano di aver fatto abbastanza».
Altro che madamin, altro che gioco per classi privilegiate. La sollevazione della seconda e della terza età contro i governi, vista da questa prospettiva, appare come il pubblico pronunciamento di uno spezzone generazionale, forse l'ultimo, che conserva un'idea vitale della partecipazione politica e crede nel valore delle battaglie collettive. Ha segni diversi nei diversi Paesi. Commette di sicuro errori, talvolta – come in Inghilterra – cade negli inganni o si lascia strumentalizzare, come è inevitabile. Ma liquidarla come coda irrilevante del Novecento, retroguardia trascurabile rispetto al mondo nuovo dove i corpi, le piazze, il reale, saranno inevitabilmente sostituiti dal virtuale, è sciocco. Esistono e si fanno sentire, rappresentano il grosso degli elettorati attivi, fare i conti con loro si rivelerà prima o poi obbligatorio.
- Files:
- perina_26112018.pdf644 K