La rinuncia di Benedetto XVI - "Toto corde"
“Declaro... me renuntiare”: la dichiarazione di rinuncia di Benedetto XVI a proseguire il ministero di sommo pontefice della Chiesa Cattolica, ha avuto l’effetto di una deflagrazione, come nell’immagine del lampo sulla cupola di San Pietro, colta da un fotografo attento al cielo tempestoso di Roma, in quella storica giornata.
Un Papa dichiara di rinunciare: è sembrato un andare contromano, un controsenso, un’inversione, un’aporia del lessico cristiano che fa dell’“Annuncio” la parola chiave.
Lo shock è stato universale, appartenendo le dimissioni di un Papa, finora, al regno della finzione cinematografica, al confine della realtà. Ci si affanna ad indagare le motivazioni dell’atto, questo “unicum” della storia millenaria del papato, perché Celestino V è un altro racconto.
E come sempre, quando le parole e i gesti rompono gli schemi su cui pigramente ci si adagia, siamo tenuti, sulla scia dello smarrimento, a cercare il senso, a prendere la novità di ciò cui assistiamo dentro e su di noi, per comprenderla.
Quanto, ora soprattutto, si apprende di questo straordinario Papa è la dichiarazione di umanità: declaro me esse hominem; la volontà di servire la Chiesa e l’umanità: velim servire. Si comprende la riserva immensa di fede e sentimento che afferma di custodire, dicendosi pronto ad un’interiorità e ad una vita futura di contemplazione e di preghiera che va oltre l’essere stato Papa, “toto corde”.
Il cuore c’è tutto, intelligenza e pazienza, il nuovo tempo e l’attesa. La forza di questo gesto sta tutta nel ritorno umile, dal pinnacolo più alto del tempio, fino alla terra che siamo, alla libertà del nostro povero cuore: questo siamo, ognuno di noi, re e sovrani, mendicanti tutti; un battito segreto e di fronte all’Eterno.
(Leonarda Tola)