Quando l'accoglienza parla tedesco
di Leonarda Tola
Dalla Siria si sono messi in cammino migliaia di profughi che hanno marciato verso la terra promessa che è l’Europa e sono arrivati, accolti ‘a braccia aperte’, in Germania, che oggi sta dando un esempio di straordinaria umanità non ponendo “limiti all’accoglienza” di quel popolo in fuga.
Ci piacerebbe poterlo comprendere, dire e ripetere in tedesco questo annuncio di speranza e di vita, con la lingua della cancelliera Merkel: parole che sono state "benedizione", dette per il bene, di quella moltitudine di fuggiaschi che, cacciati dall’Ungheria, dopo decine di kilometri a piedi, avvicinandosi alla nazione agognata, riprendevano a sorridere e a dichiararsi “felici”.
Parole, quelle del governo e del popolo tedesco, dopo le quali non sarà più consentito a nessuno, neanche per scherzo, di ricorrere secondo lo stereotipo ai toni della lingua teutonica, esasperandoli, come si fa, in crudeltà e ferocia, ogni volta che, nei film e nelle barzellette, si danno ordini di morte o si intimano fucilazioni.
Davanti agli occhi del mondo, c’è la tragedia di un popolo che a piedi e a testa alta, con la dignità che solo quell’accoglienza promessa e mantenuta autorizzava, ha attraversato il deserto in cerca di salvezza; i tedeschi, nella loro lingua, la stessa con cui sono state innalzate cattedrali al pensiero filosofico, alla teologia e alla poesia, ma anche è stato pianificato un genocidio, pensato e perpetrato “il male assoluto”, hanno fatto discorsi che oggi dicono parole in disuso: simpatia e pietà, solidarietà e compassione, generosità e altruismo, aiuto e soccorso, benevolenza e amicizia, rispetto e considerazione. Dei profughi esuli in fuga da morte e guerra.
Quante sono oggi le lingue d’Europa in cui questi sentimenti e propositi si esprimono con parole che escono dal cuore e poi vengono pronunciate e sottoscritte, intenzioni che si fanno proclami per azioni concrete e progetti politici operativi? Poche o nessuna, abituati come siamo piuttosto a sporcare la lingua, anche il nostro bell’”idioma”, con parole di odio e xenofobia, di disprezzo e insulto, di denigrazione dello straniero e razzismo.
Saranno anche ricchi e potenti i tedeschi, ma meritano di esserlo a pieno titolo, se l’opulenza questa volta serve finalmente all’unico scopo che dovrebbe avere: spartirla per dare il pane a chi non ce l’ha, una casa a chi l’ha persa, la vita ai bambini, che è dovuta. Cominciando a chiedere perdono, in tutte le lingue del mondo, per Aylan, il piccolo siriano di tre anni che le pietose onde del mare hanno adagiato su una spiaggia della Turchia.
Troviamole, nell’Europa cristiana le parole, per rispondere al “lamento d’agnello dei fanciulli”, che scuotano il silenzio delle molte coscienze sedate.
6 settembre 2015