Dieci anni senza Biagi
Dieci anni fa veniva assassinato Marco Biagi, un uomo al quale il diritto del lavoro italiano ed europeo debbono moltissimo. Il suo ricordo in uno scritto di Raffaele Bonanni.
Sono passati dieci anni dall'assassinio di Marco Biagi, l'uomo che con il suo "Libro Bianco" si era impegnato per cambiare le condizioni del mercato del lavoro e che la Cisl stimava come si deve stimare chi si misura sul serio per garantire situazioni di progresso sociale ed economico nel nostro Paese.
Di Marco conservo un ricordo indelebile. Straordinario. Era un uomo amabile, molto preparato, con un interesse vivo per le posizioni della Cisl sulla contrattazione, sulla bilateralità, sulla formazione. Biagi aveva capito che bisognava adeguare il mercato del lavoro italiano alla nuova realtà europea, superando i ritardi evidenti di natura ideologica, persistenti ancora nel mondo politico e nello stesso movimento sindacale. Per questo aveva cercato convergenze con le posizioni espresse dalla Cisl sui temi della riforma degli ammortizzatori sociali, della flessibilità, della partecipazione e del cambiamento del sistema contrattuale.
Egli era persuaso di una verità che condividiamo a fondo: simili riforme non debbono essere calate dall'alto con misure legislative, ma debbono prima di tutto affermarsi nel confronto e nel negoziato tra le parti sociali, imprese e lavoratori. Cercava di individuare con coerenza e gradualità le procedure necessarie al dialogo sociale in tutti i settori, a partire dai livelli territoriali, fino alle forme di negoziato nazionale. Sostenitore della partecipazione e della bilateralità, Biagi aveva inserito questi principi nel suo "Libro Bianco" come i punti forti da cui è scaturito in seguito il "patto" di luglio e i successivi provvedimenti.
Le Brigate Rosse lo hanno ucciso proprio perché era l'uomo del dialogo, proprio per questa sua profonda determinazione a cambiare in senso positivo tutto un impianto economico e sociale che nel nostro Paese non risponde ancora, a distanza di dieci anni dalla morte di Biagi, alle esigenze di una crescente sfida economica e ai bisogni sociali che essa genera. Marco Biagi aveva capito l'importanza di regolare meglio il lavoro atipico e delle collaborazioni a tempo determinato e la necessità di garantire tutele e garanzie a queste nuove forme di lavoro.
Biagi non ha aumentato la precarietà ma, anzi, ha regolato meglio alcune flessibilità "malate" mentre qualcuno faceva finta di non vedere il fenomeno enorme e mostruoso delle "finte partite Iva". Biagi voleva aiutare i giovani a trovare una collocazione stabile nel mondo del lavoro. Tutto il contrario di quanto sostenevano i suoi detrattori. Nasceva di qui l'esigenza di uno "statuto dei lavori" in grado di estendere diritti e tutele a tutti i lavoratori, e di non chiudersi in una difesa corporativa che produce solo divisioni e incomprensioni nel mondo del lavoro.
Ecco perché ricordare Marco Biagi a dieci anni dalla sua morte, non può limitarsi alla condanna del terrorismo. Bisogna avere la determinazione e il coraggio di riprendere il cammino tracciato anche dalle sue idee perché esse si affermino realizzando quell'avvenire di riforme del lavoro tanto necessarie alla democrazia economica nel nostro Paese.
Questo è il modo migliore per onorare la memoria di un uomo come Marco Biagi.
Raffaele Bonanni