Aldo Moro, l'umanità di un politico

08.05.2014 12:20
Categoria: Agenda 2013/14

Ricorre il 9 maggio il 36° anniversario della scomparsa di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse, da cui era stato rapito il 16 marzo 1978. I brigatisti ne abbandonarono il corpo nel bagagliaio di un’auto lasciata a Roma, in via Caetani, a pochi passi dalle sedi dei due principali partiti dell’epoca, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, impegnati proprio allora nella faticosa apertura di spazi di dialogo e di collaborazione dopo anni di scontri frontali. Di quella nuova stagione politica e culturale, animata dai fermenti del post concilio e dalla volontà di contrastare i rischi di involuzione del tessuto democratico indotti da tensioni interne e internazionali, Moro era stato uno dei principali artefici ed era da tutti considerato il naturale punto di riferimento e di sintesi per ogni ipotesi di possibile convergenza fra mondi fino ad allora non solo diversi, ma decisamente lontani e ostili. Per ricordarne la figura abbiamo scelto di affidarci alle parole di Marco Follini, che proprio Moro avviò alla politica negli anni Settanta, facendo sì che gli fosse affidata la guida del movimento giovanile DC per tentarne una rifondazione, dopo le vicissitudini che l’avevano condotto allo scioglimento. Il ricordo di Follini non è rivolto tanto al profilo dello statista e ai contenuti della sua azione politica, quanto all’umanità di Aldo Moro, alla cura e all’attenzione da lui dedicata alle persone e ai loro problemi, in quella che Follini ricorda come una lezione sulla politica, fatta di fatica e disponibilità.

Lo scritto, che pubblichiamo per gentile concessione dell’autore, è comparso sul numero di maggio 2013 di “Formiche”, rivista mensile di politica, economia, esteri, ambiente e cultura.

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