Nelle paritarie di Bologna lavoratori di serie B?

29.05.2013 17:15
Categoria: Comunicati Stampa

Guardiamo alla disputa bolognese con un’attenzione e una preoccupazione riconducibili al nostro ruolo di soggetto sindacale, più che per altri aspetti di natura giuridico – politica sui quali per lo più si concentra il dibattito. Sotto quest’ultimo profilo, ad ogni modo, ci sembra molto discutibile la tesi di chi vorrebbe dare agli esiti del voto un valore vincolante per le scelte dell’amministrazione comunale. Già la natura del referendum, di tipo consultivo, esclude che lo stesso possa considerarsi sostitutivo o abrogativo della volontà popolare espressa nel momento in cui fu eletto il sindaco, né delle responsabilità di cui è investito. Ovvio che del voto debba tener conto, ma poiché si tratta di atto consultivo, ha il diritto, e forse il dovere, di valutarlo anche alla luce dell’effettivo peso dei numeri che riscontra. È singolare, peraltro, che mentre si è titubanti nel definire un successo quello dei candidati sindaco più votati, perchè sminuito dalla bassa percentuale di votanti (media nazionale 62,3%), non si abbiano dubbi a decretare il trionfo e il valore cogente di una tesi che ha raccolto il 59% in una votazione cui ha preso parte solo il 28% degli aventi diritto. Siamo evidentemente nel campo delle valutazioni a geometria variabile, dove la convenienza vince di gran lunga sulla coerenza. Ma lasciamo che la questione la risolvano gli esperti di diritto, o i più raffinati analisti della politica.

Come sindacalisti, non possiamo fare a meno di porre la nostra attenzione su un aspetto che altri sindacalisti, invece, incredibilmente ignorano, o fingono di non vedere: i posti di lavoro che sarebbero messi seriamente a rischio qualora le scelte del comune di Bologna si attenessero pedissequamente all’esito del referendum. Tutti sanno bene come il settore delle scuole paritarie abbia a disposizione, su questo versante, assai meno protezioni di quello statale. Un sindacato che agisca veramente in difesa del lavoro e dei lavoratori non può ignorare problemi di questa natura, così come dovrebbe interrogarsi sui risultati cui può condurre un radicalismo statalista destinato, qualora si affermasse come criterio diffuso, a mandare in crisi le esperienze migliori della scuola paritaria non statale, lasciando alla fine in vita, indisturbati, solo i più squallidi diplomifici. Sono considerazioni, queste, del tutto naturali per un sindacato come la Cisl Scuola, che associa e organizza i lavoratori senza discriminarli o graduarli in base al loro settore di appartenenza.

Una cosa è certa, qui non siamo di fronte al solito scontro fra destra e sinistra, e tutti dovrebbero prenderne atto e darsene ragione: non è per caso, né per errore, che il sistema pubblico integrato fra scuola statale e scuola non statale sia stato introdotto, nel 2000, con una legge voluta da un governo e da una maggioranza di centro sinistra.

La scuola statale ha subito, negli ultimi anni, gli effetti di politiche sbagliate di taglio indiscriminato della spesa, che l’hanno certamente messa in grave disagio. Una situazione che va affrontata e risolta rilanciando una politica di rinnovato e complessivo investimento, non certo scaricando in tutto o in parte quel disagio sul settore più debole del sistema pubblico integrato.

Roma, 29 maggio 2013

Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola