A proposito dell'aggressione subita da Bonanni a Torino - Articolo di Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola

15.09.2010 18:04
Categoria: Comunicati Stampa

Riportiamo, di seguito (e in allegato), l'articolo del Segretario Generale della CISL Scuola, Francesco Scrima, che sarà pubblicato sul numero di domani di "Conquiste del Lavoro". 

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Caro direttore,

ritorno sull'aggressione subita da Raffaele Bonanni non solo per confermargli la solidarietà fraterna di tutta la federazione da me rappresentata ma anche per invitare a riflettere a mente fredda su molte cose sgradevoli lette e sentite in questi giorni.

La contestazione brutale al nostro Segretario è stata un agguato politico, non un incidente casuale e imprevedibile. Il fatto che gli organizzatori del Partito Democratico ne siano rimasti sorpresi e abbiano accusato la polizia di scarsa diligenza la dice lunga, ahinoi, su quanto, alcuni dirigenti di questo partito siano distanti dalla realtà del Paese.

Gli assaltatori hanno lanciato un messaggio inequivocabile e, dal loro punto di vista, esemplare. Per loro, contro gli avversari le parole e il confronto, anche aspro, non bastano, il ricorso alla violenza diventa legittimo, quasi inevitabile contro i "nemici di classe", i "servi dei padroni", i "traditori della classe operaia".

Siamo di fronte a un linguaggio già ascoltato e a gesti già consumati negli anni più bui della nostra storia repubblicana, parole e gesti che sembrano trovare ancora estimatori compiaciuti e compiacenti.

Sono tornati i cattivi maestri? Sono po' malandati, hanno perso il pelo ma conservano il vizio di predicare assalti al cuore del sistema, apocalissi rivoluzionarie e palingenesi definitive. Si parte così: screditando le regole elementari e obbligate della democrazia, cose troppo mediocri per eccitare l'interesse e impegnare l'etica civile di questi maestri.

Per molti giovani le loro parole si trasformano in pietre, diventano colpi contundenti. Scatenano fantasie ed emozioni negative, inducono a eludere la realtà, a sfuggire l'impatto coi fatti.

Ma siccome i fatti sono testardi e finiscono con l'avere la meglio, allora si coprono e si negano passando da idee confuse a crisi di impotenza, dall'afasia di senso alla logorrea inarticolata e compulsiva dell'insulto, per finire al gesto violento, emblematico e gratuito.

Non è una parabola scontata e mi guardo bene dall'evocare il ritorno alla tragedia del terrorismo. Non nascondo però che la benevola acquiescenza, la complicità a mezza bocca, gli arditi rinvii pseudo-sociologici (al disagio giovanile, alla rabbia dei lavoratori, al governo indegno, all'emergenza costituzionale) evidenti in qualche intervista e in qualche articolo mi hanno sgomentato e offeso. 

Riaffiora la sindrome di una parte della sinistra, che incapace di fare i conti con la vita di ogni giorno per provare a modificarla - secondo quel lento e faticoso lavorio riformatore che fu di Tarantelli, Biagi, D'Antona, Giugni e altri grandi eroi civili - si rifugia nei mantra autoconsolatori e pretende di fare lezioni alla storia, dai cui insegnamenti avrebbe invece tanto da imparare.

Alcuni, con inconsapevole e triste ironia, si vantano di aver avuto sempre torto, salvo non rinnegare nulla del loro passato, altri, più modesti, continuano a disegnare ghirigori a mezz'aria, a ruminare parole d'ordine, a indicare scenari improbabili, e, in mancanza di meglio, ad accusare quelli che si sporcano le mani (contrattando, negoziando e firmando accordi) di essere appunto brutti, sporchi e cattivi.

Niente di nuovo sotto il sole, si dirà. Abbiamo conosciuti momenti simili e anche più duri. Ma è proprio questo che fa male, sembra che questo Paese non voglia uscire dal cerchio magico, non voglia svegliarsi dal sortilegio.

Ogni volta che il gioco delle riforme si fa duro, c'è qualcuno, nel sindacato e nella politica, che si chiama fuori e accusa gli altri di continuare la partita senza di lui.

La colpa è sempre di chi, ragionando, cerca soluzioni, mai di chi non si sforza neanche di capire e resta chiuso in quella sua caverna piena di ombre e di pregiudizi.

Di questo passo il berlusconismo durerà mezzo secolo e diventerà un colossale alibi, una immaginaria malattia genetica utile ad assolversi da ogni peccato in pensieri, parole, opere e, soprattutto, in omissioni.

Le omissioni sono spesso atti di fuga e di viltà, ed è proprio dalla fuga nell'irrealtà che un sindacato non può cadere, in tutti i casi e in ogni settore. E' quello che la Cisl sta facendo anche per il personale della scuola.

Viviamo, nella scuola, problemi analoghi a quelli che la crisi e questa politica riversano su tutti i lavoratori, e anche qui conduciamo un confronto forte ma concreto, una battaglia che sappiamo giusta anche se non facile da comunicare e, anche per questo, a volte ingrata.

Siamo, per natura e per scelta, un sindacato contrario alla facile demagogia, agli anatemi, alla protesta dimostrativa fine a se stessa. Facciamo la nostra parte sulla strada che abbiamo imboccato insieme in questi anni difficili e che Bonanni ha fatto bene a ricordare all'indomani di Torino.

Dobbiamo credere nella forza delle idee, nel metodo del dialogo, nel richiamo alla partecipazione sindacale e civile. Dobbiamo perseverare nell'apertura verso chi non la pensa come noi; dobbiamo avvertire con orgoglio il peso della responsabilità verso gli interessi e i valori che tuteliamo, e verso l'intero Paese.

E' quello che i lavoratori ci chiedono. Interessi e valori importanti da trasmettere anche ai giovani. Noi continuiamo a lavorare per una buona scuola, quella che ci ostiniamo a volere nonostante tutto, quella su cui vorremmo confrontarci con tutti - ministri e colleghi di altri sindacati - una scuola che ha un grande, disperato bisogno di buoni maestri.

Roma, 15 settembre 2010

Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola