6 maggio - O Coto

06.05.2013 19:28
Categoria: In Cammino Parlando di Scuola

 

6 maggio

Da Portomarìn a O Coto

Ci dicevano alcune guide che la Galizia è un pezzo di Irlanda rimasto nel continente. E oggi ne abbiamo avuto conferma.

Nella più lunga tappa del nostro Cammino (35 Km) una pioggerella invadente ci ha accompagnato con pervicace insistenza. A poco servivano a coprirci i numerosi boschi di eucalipto, né quelli di querce che ci facevano da precario tetto lungo i sentieri.

Il paesaggio si fa un po’ più dolce, ma le salite (qualcuna dura) e le discese (spesso scivolose) si inseguono in mezzo a campagne verdi piene di mucche al pascolo, spesso sdraiate del tutto indifferenti al clima uggioso. La pioggia fa tacere i galli, che ci hanno inseguito nei giorni scorsi. Anche i grilli stanno muti nelle loro tane. Il silenzio è qui quasi solenne.

La tappa di oggi non offre monumenti importanti da visitare, è la natura piena che fa sia da figura che da sfondo al nostro vedere. Qualcuno potrebbe dire che non c’è nulla di interessante. Eppure i nostri occhi sono pieni di visioni morbide e pastellate. Visioni che solo la lentezza e la leggerezza dell’andare a piedi e del guardare senza fretta possono interpretare. Ci vengono in mente le parole di Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”. Per esempio: lentezza e leggerezza come pensieri pedagogici trasversali. Pensieri che non possiamo perdere per asservirci alla pseudo-moderna frenesia del troppo, che produce molta superficialità e nessuna profondità. Modernissimo ci pare il “non multa sed multum” del nostro padre comune, il boemo Comenio.

Può anche accadere che qualcuno rischi di perdersi nel bosco. E’ capitato ad Aladino che ad un incrocio ha sbagliato strada, forse  a causa dei pensieri che qui vengono facile. Aladino è stato salvato da Kristina, pellegrina americana newyorkese nostra compagna di viaggio da tante tappe, che lo ha inseguito nonostante 20 kg di zaino sulle spalle. Strano questo Cammino, dove nessuno si perde e dove le donne (come dicevamo ieri) sanno farsi valere. Stasera tutti insieme a mangiare coniglio alla gallega per festeggiare il salvataggio di Aladino che si stava perdendo in un bosco di eucalipti.

Eppure, nonostante la pioggia e la lunga fatica, oggi l’argomento del nostro andare è stato l’ottimismo. Tema quanto mai importante in questa epoca che alcuni chiamano delle “passioni tristi”. Ce ne rendiamo conto anche dai numerosi messaggi che per varie vie giungono ai nostri cellulari dai tanti amici e amiche che ci seguono, contenenti sia complimenti un po’ invidiosi, accompagnati da dolorosi lamenti sul loro vivere il lavoro a scuola, pieno di tristezza, fatiche, complicazioni, mancanza di senso.

Si sorride a leggere frasi come “beati voi”. Ringraziamo calorosamente questi amici dei messaggi, ma vogliamo rispondere che questo Cammino è per tutti. Non siamo eroi. Però per fare questo Cammino servono certo le gambe, ma anche la testa e il cuore, soprattutto se hanno una meta. Ecco sì: qui nel Cammino abbiamo compreso ancora di più che l’ottimismo è avere una meta. Sarà perché siamo a solo 57 km da Santiago ma la meta, la mitica meta ci riempie di ottimismo, nonostante i dolori ai polpacci.

Per esempio, Aladino riceve da Chiara un messaggio contenente simpatia ma anche difficoltà. Non abbiamo per Chiara  risposte retoriche né consolazioni facili. La vita oggi, inutile negarlo, è dura. E lo è forse soprattutto perché siamo passati dall’epoca degli anni 50/80 del secolo scorso (che lo storico Hobsbawm chiama “del futuro come promessa”) all’attuale epoca che sente il “futuro come minaccia”.

E qui veniamo, appunto all’ottimismo. Non c’è dubbio che la nostra giovinezza (di noi pensionati affaticati) sia stata piena di ottimismo sociale, economico, civile, democratico. Davanti a noi la meta aveva fini chiari. Più o meno quelli insegnatici da don Milani nella Lettera quando scrive: ”… ai ragazzi si deve dare uno scopo. Che sia alto e nobile: non diventare ingegneri o dottori ma cittadini sovrani. Noi questo scopo lo abbiamo trovato concretamente occupandoci degli Altri”. Non è preistoria della scuola, ma ieri l’altro.

Sappiamo bene che l’epoca presente vive la crisi e non trova futuro, cercando scorciatoie tecnicistiche o demagogiche. Nell’epoca della paura sembra dominare l’”io” sul “noi”. Da qui mancanza di ottimismo, il dominio dell’incertezza, che innervano e addolorano la nostra quotidianità educativa.

Eppure non ci pare di tornare indietro, ma anzi di andare avanti con forza, nel confermare oggi l’”I care” milaniano come unico ottimismo possibile. L’ottimismo che ha come meta gli altri, che con gli altri (e non per sé) trova la strada per non perdersi in boschi di eucalipto o fermarsi in una qualche grotta protetta.

Santiago di Compostela è un grande mito europeo tendente appunto ad “avere una meta nobile”, per la quale ha senso soffrire, impegnarsi, sconfiggere paure e pigrizie. Santiago è quindi naturaliter ottimistico. Agli amici e amiche che lavorano con/per chi è più giovane di noi l’ottimismo si impone come necessità, nonostante le mitologie senza scopi di chi idolatra solo le tecniche. La meta va ovviamente cercata insieme.

Questo ottimismo l’abbiamo trovato in Sara, ragazza bergamasca, formatrice di mananger a Bruxelles, felice di passare le sue ferie sul Camino. Insieme a lei ricordiamo amici comuni: Spaltro, Bruscaglioni.

Dormiamo stasera in una casa rurale ristrutturata e curata con sobrietà elegante e dedizione da mani femminili (a proposito…), casa antica che sa di lavanda e fiori di campo. Tendine lavorate a mano, copriletti e mobili che raccontano di un passato che è ancora in noi. Soffitti con travi di quercia, soprammobili non belli di per sé ma per i valori che esprimevano, come ci insegnava Mario Rigoni Stern. L’ottimismo del futuro deve avere una memoria, non partiamo da zero. Le nostre radici generano futuro, se sappiamo coltivarle, curarle con dedizione e saggezza.

Questa sera brinderemo al successo della “settimana pedagogica” che comincia oggi a Casoli (CH), organizzata dall’ Istituto superiore “Algeri Marino”. Tutti noi inviamo un saluto alla dirigente scolastica, Costanza Cavaliere, motore dell’iniziativa.