25 novembre - Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne

24.11.2011 20:03

La giornata del 25 novembre è dedicata alla lotta contro la violenza sulla donna. Per la CISL questo non è solo un problema di ordine pubblico: va promossa una cultura di autentico rispetto per le donne sostenuta da azioni concrete nella scuola e nella società civile.  

La scelta del 25 novembre, come data internazionale della lotta contro la violenza sulla donna nacque da un accordo delle partecipanti all'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi (Bogotà 1981), quando accettarono il sollecito della delegazione della Repubblica Dominicana che proponeva di rendere omaggio alle sorelle Mirabal (*), tre dissidenti politiche della Repubblica Dominicana, brutalmente assassinate nel 1960 per ordine del dittatore Trujillo.

 Con la risoluzione 54/134 del 17.12.1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 25 novembre “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, invitando governi, organizzazioni internazionali e ONG ad organizzare attività ed eventi per accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica su questo tema.

In Italia solo dal 2005 diversi “centri antiviolenza” e “case delle donne” hanno iniziato a celebrare questa giornata. Ma negli ultimi anni anche istituzioni e vari enti come Amnesty International festeggiano il 25 novembre attraverso iniziative politiche e culturali in contrasto alla violenza sulle donne.

I diritti delle donne sono diritti umani a tutti gli effetti e qualunque violazione di questi diritti è pertanto una violazione dei diritti umani.

Scopo della campagna è l’eliminazione di tutte le forme di violenza sulle donne attraverso:

  • il riconoscimento a livello internazionale, regionale e locale della violenza di genere come violazione dei diritti umani;
  • il rafforzamento delle attività a livello locale ed internazionale contro questo tipo di violenza;
  • la creazione di spazi internazionali di discussione per l’adozione di strategie condivise ed efficaci in materia;
  • dimostrazioni di solidarietà con le vittime di queste violenze in tutto il mondo;
  • la pressione sui Governi affinché adottino provvedimenti concreti per l’eliminazione di questo tipo di violenze.

"Una donna ogni tre" nel mondo subisce maltrattamenti nel suo ambiente familiare, situazione che colpisce, in maggiore o minore misura, tutti i paesi senza eccezione, secondo dati del Fondo delle Nazioni Unite per la Donna (UNIFEM).

La violenza distrugge non solo le vite delle donne, bensì il loro potenziale. Ciò provoca gravi perdite ed arretramento nelle loro stesse comunità.

Povertà e istruzione

La violenza spesso impedisce alle donne di sfuggire alla povertà. L'istruzione può essere una via di fuga dalla povertà, perché accresce le possibilità di scelta delle donne e riduce la loro dipendenza economica, ma discriminazione e violenza negano alle ragazze l'accesso all'istruzione.

L'istruzione è un diritto umano. Ad oggi più di 55 milioni di bambine e ragazze in tutto il mondo non frequentano alcuna scuola. In Tagikistan, molte famiglie non possono affrontare le spese basilari per l'istruzione dei propri figli, quali libri scolastici, vestiti e trasporto. Raramente le bambine e le ragazze vengono mandate a scuola, perché viene data la precedenza ai figli maschi, nella convinzione che potranno guadagnare di più.

Molte ragazze non terminano il proprio percorso formativo, perché si prendono cura della famiglia, lavorano nei campi o al mercato, oppure si sposano in età precoce.

Lo scarso accesso all'istruzione rende le donne estremamente vulnerabili a sfruttamento, matrimoni precoci e violenza domestica.

Povertà e mortalità materna

Il Perù ha il tasso di mortalità materna più alto di tutto il continente americano. La profonda iniquità della società peruviana è rappresentata dalla grandissima differenza del tasso di mortalità materna delle donne delle aree ricche e quelle delle aree povere.

Secondo il ministero della Sanità peruviano, le donne nelle aree rurali hanno il doppio della probabilità rispetto a quelle delle aree urbane di morire per problemi legati alla gravidanza. Centinaia di donne incinte povere, appartenenti a popolazioni native o che vivono in aree rurali, muoiono per complicazioni evitabili, perché viene negata loro l'assistenza medica, garantita - invece - alle donne in tutto il resto del paese.

Povertà e mancanza di potere

Non c'è una società nel mondo dove le donne non rischino violenze basate sulla discriminazione di genere, violenze che impediscono alle donne medesime di prendere parte alla vita sociale e di realizzare i loro diritti umani.

Nonostante lavorino due terzi delle ore lavorative mondiali e producano la metà del cibo del pianeta, le donne guadagnano il 10% del reddito mondiale e posseggono meno dell'1% della proprietà mondiale.

A casa o nella società in generale, le donne e le ragazze svolgono i compiti più umili e la loro voce ha una bassissima probabilità di essere ascoltata e molte soffrono ulteriori discriminazioni a causa della loro etnia, religione, stato civile, disabilità.

La discriminazione e la violenza di cui sono vittime si aggravano in situazioni di conflitto quando le donne, private di ogni bene, scappano dalle loro terre, per vivere in campi profughi dove sono ulteriormente esposte a violenze e abusi, come accade per le tante darfuriane nei campi profughi del Ciad orientale.

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Sulla giornata di domani, 25 novembre, consulta anche ----> la notizia presente sul sito web della CISL nella quale si evidenzia il Manifesto 2011 elaborato per rappresentare la continuità d'azione del sindacato nel solco delle indicazioni contenute nella "Piattaforma Cisl sulla prevenzione della violenza sulle donne e i minori".

La CISL resta convinta che la violenza non può essere considerata solo un problema di ordine pubblico, ma, come ha suggerito il Presidente della Repubblica, in più di un'occasione, "ai necessari interventi di tipo repressivo, da esercitare con rigore e senza indulgenza, si debbono affiancare azioni concrete per diffondere, in primo luogo nella scuola e nella società civile, una concezione della donna che rispetti la sua dignità di persona e si opponga a volgari visioni di stampo meramente consumistico spesso veicolate anche dal linguaggio dei media e della pubblicità. Solo così sarà possibile creare una cultura di autentico rispetto nei confronti delle donne".

Per fare questo è necessario il concorso di tutte le forze sociali: la CISL conferma il suo impegno che, a partire dai luoghi di lavoro, sarà, come sempre, a tutto campo. 

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(*) Le sorelle Mirabal nacquero in Ojo de Agua, provincia di Salcedo, Repubblica Dominicana. Si opposero alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo che, nel 1930 giunse al potere con elezioni truccate, deponendo il presidente Horacio Vásquez (nel 1961, i suoi protettori di Washington, di fronte all'indignazione mondiale, lo lasciarono al suo destino e perì il 30 maggio in un agguato).

Il 25.11.1960 Minerva e María Teresa andarono a visitare i loro mariti alla prigione, in compagnia della sorella Patria. Furono intercettate da agenti del Servizio Militare di Intelligenza: condotte in un canneto, subirono le più crudeli torture prima di essere vittime di quello che si è considerato il crimine più orripilante della storia dominicana.

Coperte di sangue, massacrate dalle coltellate, furono strangolate, messe nel veicolo nel quale viaggiavano e gettate in un precipizio con lo scopo di simulare un incidente.

L'assassinio delle sorelle Mirabal produsse gran dolore in tutto il paese e fortificò lo spirito patriottico della comunità, desiderosa di raggiungere un governo democratico che garantisse il rispetto della dignità umana.

Patria Mercedes (27.2.1924 - 25.11.1960), la sorella maggiore, fu testimone delle numerose ingiustizie che accadevano nel suo paese. Si sposò molto giovane con Pedro Gonzáles Cruz con cui ebbe tre figli. La sua casa servì da rifugio e punto di riferimento per il coordinamento ed organizzazione del "Movimento 14 giugno". Quando il movimento fu scoperto, i dirigenti e la maggioranza dei suoi membri furono imprigionati: tra loro, suo marito ed il figlio di 12 anni. La sua casa fu rasa al suolo ed i beni espropriati.

Minerva Argentina (12.3.1926 - 25.11.1960). Nel 1955 si sposò con Manolo Tavarez Justo da cui ebbe due figli. Fu rappresentante delle idee politiche più avanzate della sua epoca e continua a costituire un riferimento storico per i paesi che costantemente lottano per la libertà. Minerva fu anche una delle organizzatrici del "Movimento 14 giugno". A 22 anni, fu imprigionata per avere respinto le pretese amorose del dittatore.

Antonia María Teresa (14.10.1936 - 25.11.1960), la più giovane delle sorelle, collaboratrice del "Movimento 14 giugno", fu vittima della repressione, subendo il carcere diverse volte. Si caratterizzò per la sua fermezza e dignità durante gli interrogatori davanti agli uomini del SIM, il "Servizio di Intelligenza Militare".