25 aprile - Reliegos

25.04.2013 18:17
Categoria: In Cammino Parlando di Scuola

25 aprile
Da Bercianos del Real Camino a Reliegos

Oggi è festa: 25 aprile. Decidiamo una tappa corta, di 21 km, per riposare le nostre ginocchia. Lasciamo Bercianos del Real Camino con le sue caratteristiche case di mattoni e paglia. Passiamo vicino ad una pista per aerei ultraleggeri che ci fa ricordare Ugo Silvello, bravo formatore e dirigente scolastico del padovano. Ricordiamo Ugo perchè ogni tanto si azzarda a provare il brivido di volare con questi aerei a nostro avviso poco affidabili.

Arrivati a El Burgo Ranero, al bar dell'entrata, troviamo Donato, l'amico di Bologna, insieme al milanese Andrea. Insieme decidiamo di festeggiare il 25 aprile intonando "Bella ciao". Gli olandesi ci guardano divertiti.

Per un sentiero monotono che costeggia la provinciale arriviamo a Reliegos, antico insediamento romano. Reliegos è citato nelle guide perchè il 28 dicembre de 1947 un meteorite di 9 kg cadde proprio in mezzo alla principale via del villaggio, Calle Real. Lungo il percorso abbiamo deciso di proporvi la lettura di un passo di Levi. Per ricordare che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro. Queste parole ci sembrano un buon sigillo per questa nostra tappa e, pur avendole commentate, vorremmo riproporle a voi senza commenti.

Se si escludono istanti prodigiosi e singoli  che il destino ci può donare,
l’amare il proprio lavoro
(che purtroppo è un privilegio di pochi),
costituisce la migliore approssimazione concreta
alla felicità sulla terra:
ma questa è una verità che molti non conoscono.

Per esaltare il lavoro, nelle cerimonie, viene mobilitata una retorica insidiosa,
cinicamente fondata sulla considerazione che
un elogio o una medaglia costano molto di più
che un aumento di paga e rendono di più;
esiste però una retorica di segno opposto,
cinica ma profondamente stupida,
che tende a denigrare il lavoro,
a dipingerlo vile, come se del lavoro, proprio o altrui
si potesse fare a meno. Non solo in astratto, ma oggi e qui:
come se chi sa lavorare fosse per definizione servo,
e come se, per converso, chi lavorare non sa,o sa male,o non vuole,
fosse per ciò un uomo libero.

È malinconicamente vero che molti lavori non sono amabili,
ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto:
chi lo fa si condanna per la vita ad odiare non solo il lavoro,
ma se stesso ed il mondo.

Si può e si deve combattere perché il frutto del lavoro
rimanga nelle mani di chi lo fa,
e perché il lavoro stesso non sia una pena,
ma l’amore o l’odio per il lavoro sono un dato interno,
originario,
che dipende molto dalla storia dell’individuo,
E MENO DI QUANTO SI CREDA,
DALLE STRUTTURE PRODUTTIVE ENTRO CUI
IL LAVORO SI SVOLGE.

Primo Levi, La chiave a Stella