23 aprile - Terradillos de los Templarios

24.04.2013 18:53
Categoria: In Cammino Parlando di Scuola

23 aprile
Da Carrion des los Condes a Terradillos de los Templarios

Roma è la protagonista di questa giornata. Il tracciato di oggi, poco più di 26 km, usufruisce della vecchia via romana, l’Aquitana, che univa Bordeaux ad Astorga: tutta dritta. I pellegrini hanno denominato questa tappa “il deserto” e in effetti fa paura. Giorgio, l’amico veronese, ha deciso di gettare la spugna e tornare a Legnago, mentre Mirko continua. Anche l’amica tedesca Gisella salta la tappa e utilizza il pullman, ci diamo appuntamento per la sera.

Il “deserto” è una striscia senza soluzione di continuità per 17 km. È un deserto per modo di dire, perché si cammina tra il verde, ma non c’è una casa, un albero. Ci vengono i “brividi” pensando ai pellegrini che percorreranno o hanno percorso, negli anni scorsi, questo tratto nei mesi caldi. Anche noi soffriamo nel “deserto”. Costatiamo che è vero ciò che la gente del luogo pensa: fino a Burgos il pellegrino deve percorrere il Camino puntando sulla resistenza e forza fisica. Da Burgos occorre avere “testa”, controllo psicologico della mente che rischia di demotivarsi nei lunghi rettilinei e nei paesaggi tutti uguali delle mesetas.

Noi abbiamo una tattica: oggi immaginiamo le veloci bighe romane dei messaggeri dell’imperatore, che un tempo percorrevano la nostra stessa strada, o i pesanti carri dei mercanti e inoltre, come al solito, parliamo di scuola.

Oggi l’argomento è stato l’educazione motoria. È considerata, a torto, la cenerentola o, a voler essere cattivi, marginale. Tutti noi siamo d’opinione contraria. È un’ottima disciplina che potrebbe anche essere da sfondo e d’aiuto ad altre discipline come la musica, la geometria, la matematica, la lingua e l’educazione artistica.

La discussione si concentra sull’importanza dell’educazione motoria per educare il carattere. Molti nostri alunni vengono descritti come aggressivi. Hanno scarso effetto esortazioni del tipo: “stai fermo, stai buono ecc.”; molto potrebbe fare per questi ragazzi l’educazione motoria. L’aggressività è vista con molta preoccupazione tra le aule scolastiche; riteniamo, invece, che sia un atteggiamento che ha assolutamente bisogno di essere affrontato in termini educativi, non puntando soltanto a eliminarlo.

Quando ci alziamo alla mattina e affrontiamo le difficoltà, abbiamo bisogno di energia per risolvere i problemi, abbiamo bisogno di “grinta”. La “grinta” trova la sua origine nell’aggressività. Nella vita occorre aver la forza per superare le difficoltà e uno strumento efficace per correggere l’aggressività è l’educazione motoria. Certo abbiamo discusso dell’argomento toccando altri punti di vista, ma riteniamo che l’approccio che abbiamo descritto meriti uno spazio di trattazione negli studi odierni sull’educazione motoria. A volte le scuole hanno sprecato l’opportunità data dall’accordo Ministero-Coni di imparare un corretto utilizzo dell’ educazione motoria e, molte volte, gli insegnanti hanno delegato tutto allo specialista senza apprendere loro stessi delle tecniche specifiche riguardanti questa disciplina.

La monotonia del Cammino percorso oggi esaurisce velocemente le nostre forze e cominciamo a procedere in silenzio. Come un miraggio appare, dopo 17 km di “deserto”, il villaggio di Calzadilla de la Cueza; ci ristoriamo con un succo d’arancia e riprendiamo il cammino sempre in silenzio. A Ledigos sentiamo la meta finale vicina. Rallentiamo il passo e parliamo della sofferenza, del disagio giovanile, della ricerca di “essere” in mondi oscuri e pericolosi. Pensiamo che ci sia da una parte una dose di responsabilità personale, ineliminabile, e dall’altra una carenza della nostra struttura sociale, impreparata ad aiutare chi è più debole, chi si “perde nei boschi”.

Nel chiudere la nostra conversazione uno di noi recita le parole di una canzone di Fabrizio de Andrè. “Ho licenziato Dio, gettato via un amore, per costruirmi il vuoto nell’anima e nel cuore; le parole che dico non hanno più né forma né accento trasformano i suoni in un sordo lamento. … come potrò dire a mia madre che ho paura?”

Per associazione ad un altro di noi viene in mente un’ altra canzone di de Andrè. “Banchieri, pizzicagnoli, notai con i ventri obesi e le mani sudate; con i cuori a forma di salvadanai. Noi che chiediam pietà fummo traviati. Navigammo su fragili vascelli per raccontar del mondo la burrasca, ed avevamo gli occhi troppo belli. Che la pietà non vi rimanga in tasca. Giudici eletti e uomini di legge, noi che danzian nei vostri sogni ancora siamo l’umano desolato gregge di chi morì con il nodo alla gola……… UOMINI! a cui pietà non vien sempre, ma accettando il destino comune andate, nelle sere di novembre, a spiare le stelle al fioco lume, la morte e il vento………… UOMINI! Affinchè all’ultimo minuto non vi assalga il rimorso, ormai tardivo, per non aver pietà giammai avuto e non diventi rantolo il respiro, sappiate che la morte vi sorveglia….”

Queste citazioni ci fanno ricordare un nostro grande amico, Massimo Nutini, dirigente del comune di Prato e grande esperto di scuola, nonché consulente ANCI per il campo scolastico e grande conoscitore dell’ opera di De Andrè.

Arriviamo a Terradillos de los Templarios e nell’auberge che ci ospita troviamo tanti amici. C’è Celeste che con l’ago sta bucando le vesciche del nostro amico bellunese Sandro che, stoicamente, accetta ogni sofferenza pur di rimettersi in cammino domani mattina. Ci sono due amici, Donato di Bologna e Andrea di Milano, che ci offrono un succo d’arancia. Tutti i pellegrini, dopo la doccia, sono impegnati nel bucato.

Oggi scriviamo queste note in un campo verde con un magnifico sole al tramonto. Il “deserto” è stato vinto; pensiamo al domani, ora ci gustiamo la cena con le amiche di Camino: Celeste e Gisella.