14 aprile - Nàjera

14.04.2013 22:30
Categoria: In Cammino Parlando di Scuola

14 aprile
Da Logrono a Nàjera

Ci alziamo presto e partiamo con il buio (qui la luce arriva alla 6.45) siamo un po’ preoccupati per i 30 km che ci aspettano. Lasciamo la città di Logrono attraversando degli splendidi e molto vasti giardini pubblici.

C’è molta gente lungo il percorso. Ai pellegrini, che restano inconfondibili con i loro zaini e l’andatura lenta, si aggiungono giovani e meno giovani della città che abbiamo appena lasciato che si cimentano in camminate domenicali per raggiungere un lago dove parecchie famiglie si ritrovano a mangiare verso mezzogiorno. Veniamo a sapere che in città, nella cattedrale c’è un dipinto del Michelangelo. È Gaetano, l’amico bolognese che ci informa.

Purtroppo ieri non abbiamo trovato posto nei classici luoghi dei pellegrini che si trovano al centro città ma in un campeggio della periferia. Attraversato per un’ora e mezza il grande parco di La Grajera  saliamo rapidamente su una collina dove si ha una bellissima vista della città che abbiamo appena lasciato.

Lungo il Cammino troviamo i resti di un antico “hopital” per i pellegrini. A tre km dall’arrivo troviamo il “Poyo” (collina) di Rolando che ricorda la vittoria del famoso paladino di Carlo Magno sul gigante mussulmano Ferragut. Riportiamo la leggenda. Rolando arrivò a Nàjera per liberare i cavalieri cristiani imprigionati dal gigante mussulmano. Dalla collina (Poyo) Rolando vide il gigante seduto sulla porta del castello. Il paladino prese una pietra di 20 kg e la scagliò contro il gigante Ferragut. Lo colpì in fronte provocandone l’immediata morte. Da quel momento la gente del posto chiama la collina con il nome “el poyo de Rolando”. Quanti odi portano le guerre di religione.

Ma non sabbiamo dibattuto di questo durante la giornata. Abbiamo osservato e commentato l’incedere lento dei pellegrini. Ci siamo accorti che qui sperimentiamo un diverso concetto di concorrenza. Durante il cammino vediamo che pratichiamo il “cum-petere”, il chiedere insieme. Quando incontriamo un pellegrino, quando lo superiamo ci capitano alcune situazioni che vogliamo descrivere mettendole in contrapposizione a quanto avviene quando superiamo qualcuno camminando in montagna o correndo in bicicletta. Quando in una salita durante un’escursione in montagna vediamo davanti a noi un escursionista ci viene la voglia di raggiungerlo, anche perché se è arrivato alla nostra portata oculare significa che va più piano di noi. Vederlo, anche se lontano, ci dà un nuovo obiettivo e sfida: raggiungerlo e superarlo. Quatti quatti, stranamente con passo felpato per non farsi sentire ci avviciniamo. Per tale sforzo abbiamo il fiatone ma quando lo raggiungiamo, sforzando di sembrare riposati e naturali, salutiamo e superiamo.  Fatto il sorpasso, pur con il fiatone e il cuore in gola per lo sforzo, ci sentiamo soddisfatti.

C’è il collega Donato De Silvestri che in una sua conferenza spiega in modo delizioso tale meccanismo. Cogliamo l’occasione per invitare Donato a scriverlo in queste pagine.

Con i pellegrini si vivono tutt’altre emozioni. Quando vediamo un pellegrino davanti a noi lo si scruta: come cammina, la velocità, la postura per capire se ha dei problemi, se ci sono delle difficoltà. Se vediamo che cammina male prendiamo subito dei cerotti anti vesciche; se il passo è equilibrato o lento potrebbe aver un calo di zuccheri o d’acqua, allora si prepara la borraccia o un pezzo di cioccolata. Quando c’è il sorpasso la prima cosa è il saluto: “ola, buon cammino”, successivamente si tara la prima impressione di eventuale difficoltà percepita e si chiede se il pellegrino ha bisogno di qualcosa. È un continuo scambiarsi doni, aiuti, informazioni e se il pellegrino ha voglia di parlare, di rompere la solitudine del percorso si rallenta e si cammina insieme.

Anche nelle nostre scuole il confrontarsi dovrebbe essere un “cum petere”, un chiedere insieme. Aver estrema attenzione l’uno dell’altro lasciando ad ognuno la possibilità di interpretare il “cammino” come vuole e all’ andatura ideale, che resta soggettiva. Anche oggi ad un bivio del sentiero c’era un crocchio di pellegrini che discuteva. Il cammino proponeva due strade: quella tradizionale che allunga il percorso di due km e una scorciatoia. C’era chi, esperto, offriva informazioni e successivamente ogni pellegrino sceglieva la strada giusta per sé, secondo le sue forze e i suoi obiettivi.

Eccoci finalmente a Nàjera.

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Ciao amici, buon cammino. Da tempo desidero partecipare al cammino di Santiago; ma per me non è fattibile in quanto sono inseparabile dal mio compagno che è in un disagio fisico e quel cammino e improponibile per noi.

Partecipiamo volentieri e con tutto il cuore al cammino in web. Vi seguiamo con riflessioni e preghiera.

ELIDE E PINO