1° maggio - Villafranca del Bierzo

01.05.2013 23:18
Categoria: In Cammino Parlando di Scuola

1° maggio

Da Molinaseca a Villafranca del Bierzo

Buon 1° maggio a tutti. Soprattutto a tutti i lavoratori della scuola. La tappa di oggi è stata lunga a causa deviazioni. Abbiamo camminato per 9 ore. All’inizio scopriamo la città di Ponferrada con il suo magnifico castello dei Templari e la Cattedrale, poi il percorso si snoda in stradine di campagna, ma asfaltate. A fine tappa avremo fatto 35 km rispetto ai 31 preventivati nella guida. Aladino ricorda che invece di percorrere la strada da Enego ad Asiago abbiamo allungato fino a Canove. Ah! Le radici.

C’è anche un’altra sorpresa per noi lungo il Camino di oggi: una festa di paese a  Cacabelos. Ci concediamo (noi ci siamo dati una regola di fare solo colazione e cena) un gran piatto di polipi (erano preparati come si faceva e si fa a Padova o Venezia: il famoso piatto “de folpi”). La fine tappa ci dona un piacevole saliscendi tra le colline.

Il tema di oggi è il lavoro. La discussione è partita da qui: il lavoro ha in sè la possibile sofferenza, la possibile durezza e asprezza, ha dentro di sé la possibilità di essere alienante. Naturalmente il lavoro è anche gratificante. La vera condanna, ammettiamolo, è il non lavoro, che è oggi al centro della nostra crisi sociale, soprattutto nei nostri giovani. Perché ogni singolo lavoratore dà senso alla sua vita attraverso il lavoro. Lavorare offre la possibilità all’uomo di dimostrare le proprie abilità. I disoccupati gridano: “dateci la dignità del lavoro”. Il lavoro è un valore, va sempre migliorato. Nella scuola poi tutto ciò deve essere elevato all’ennesima potenza: se ben “interpretata” la professione educativa è di grandissimo rilievo sociale. Tanti aneddoti vengono riportati dai “4 vecchi maestri in cammino”. Ne scegliamo uno.

««Avevo promesso ai miei alunni lasciati in quinta elementare che avrei consegnato loro l’ultimo elaborato d’italiano quando ci saremmo rivisti prima della chiamata alle armi per la leva obbligatoria (siamo vecchi). Nel frattempo, il maestro diventa dirigente e sinceramente, pur avendo conservato le prove scritte dei ragazzi, si è dimenticato della promessa. Gli alunni no. Un giorno la DSGA dell’istituto passa una telefonata al dirigente e un po’ imbarazzata dice: “C’è qualcuno che la chiama ‘maestro’ e che le vuol parlare”. Era Davide che mi ricordava la promessa. Si organizza così una serata dove, dopo una gran mangiata, i ragazzi vogliono portare il loro ex maestro in discoteca.

C’è dell’incertezza da parte dell’ex maestro: “Ragazzi è tardi e dovete rientrare a casa”. La risposta: “Non c’è problema, fino a che c’è con noi il maestro possiamo star fuori anche tutta la notte”. Si va in discoteca. Mondo sconosciuto e misterioso per l’ex maestro. Ma sia i maschi che le femmine sono carini e, a turno, non lo abbandonano mai. Loro avevano dato appuntamento alle fidanzate e fidanzati e tutti venivano presentati al maestro. Che era preoccupatissimo: arrivano le due di notte e i ragazzi ballano e bevono non dimenticandosi di far assaggiare ogni volta al loro maestro infernali intrugli di bibite varie mescolate ad alcool.

Arrivano le tre. La discoteca chiude. Che sollievo per il maestro, finalmente si va a casa. Invece no. Lasciano che la discoteca si svuoti e poi si radunano in cerchio e si siedono nella pista da ballo, mettono in mezzo il maestro e gli cantano la canzone che lui  aveva loro insegnato alle elementari: “Arriva i barbari a cavalo i ga do dorni par capejo, xe na valanga che se buta, i gha brusà tuto l’impero, scapemo scapemo che i ne vol magnar”. Il maestro piange di felicità: ha creato un gruppo (c’erano tutti e 25) e ancora erano amici. Il suo lavoro era servito»».

Ecco: lavorare serve. Il lavoro semina.

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Un “caldo” saluto ai viandanti.  Dato il clima, direi che ne avete proprio bisogno! Ricordo che a Molinaseca feci un magnifico bagno nel fiume in una sorta di piscina creata da uno sbarramento artificiale. Era un torrido luglio!
Dopo aver celebrato ancora una volta il 25 aprile e il primo maggio mi chiedo, anche a fronte di espressioni ricorrenti come “pacificazione nazionale”, se questo nostro paese potrà mai ritrovarsi in una memoria condivisa, capace finalmente di non guardare  più alla parte avversa, quella storica prodotta dalla guerra civile e quella politica di oggi, come al “nemico”, ma all’avversario degno di rispetto e ascolto, pur nelle differenza delle posizioni.
Ancora “buen camino”
Mirco