P. Legrenzi - Frugalità

17.06.2014 16:14
Categoria: LETTURE ESTIVE

Introduzione
Frugalità, una scelta da ricchi?

Ci vuole un bel coraggio, direte voi, a predicare la frugalità in un mondo in cui stanno aumentando le differenze tra ricchi e poveri. La frugalità, in effetti, è una scelta che possono fare solo i ricchi. Che senso ha predicarla ai poveri?
E tuttavia gli psicologi sperimentali, a differenza degli economisti, dei filosofi e di tanti altri, non indulgono mai alla tentazione di dare consigli, né tanto meno di fare prediche. Si limitano a osservare i fatti, o a costruire esperimenti, per vedere come le persone reagiscono. Cercherò di attenermi strettamente a tale principio.
Recentemente ho presentato e discusso un saggio sulla scarsità scritto da un economista di Harvard, Sendhil Mullainathan, e da uno psicologo di Princeton, Eldar Shafir. I due hanno studiato come ci comportiamo quando siamo a corto di qualcosa, che si tratti di soldi, oppure di tempo, o d'altro. Che cosa hanno in comune le persone in condizioni di povertà e due professori di successo, con stipendi generosi e finanziamenti da decine di migliaia di dollari? Suona vagamente irrispettoso che, con questi finanziamenti, i due professori abbiano studiato, con ricerche condotte negli Stati Uniti e in altri paesi come l'India, i comportamenti dei poveri. Eppure poveri e ricchi, per lo meno la maggioranza dei ricchi d'oggi, possono condividere la scarsità di qualcosa. Per i primi a scarseggiare sono i soldi, per i secondi il tempo. E la scarsità di soldi, come vedremo meglio più avanti, funziona come una trappola cognitiva che tende a perpetuarsi.
La frugalità è l'unica strategia di prevenzione per molti mali. E tuttavia spesso non è facile metterla in atto.
Può un povero cercare di essere frugale? Per rispondere a questa domanda dobbiamo risolvere una questione preliminare: i poveri sono diversi dai ricchi, o hanno soltanto meno soldi? Gli scrittori Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald discussero questo punto negli anni Trenta, e le loro opinioni divergevano. Secondo Hemingway, i ricchi erano uguali ai poveri, solo che avevano più soldi. Secondo Fitzgerald, al contrario, i ricchi erano fatti di una stoffa diversa. Gabriel Garda Màrquez sembra pensarla come Fitzgerald. Ne L'amore ai tempi del colera il protagonista, Fiorentino Ariza, impiegato con la passione della poesia, si innamora dell'adolescente Fermina Daza. Dopo «cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese» Fermina Daza è libera e domanda a Florentino se è diventato ricco. «Ricco no, sono un povero con i soldi, che non è la stessa cosa», risponde Fiorentino.
Molti, soprattutto in Europa, ritengono che i poveri siano vittime di società ingiuste. Altri, soprattutto negli Stati Uniti, ritengono invece che i poveri siano pigri, impulsivi, senza tenacia e perseveranza. È l'esser fatti in questo modo che li ha resi poveri. Entrambi questi punti di vista sono opinioni non basate né su fatti né su ricerche, come dimostrano Mullainathan e Shafir. In realtà chi è povero non è diverso dagli altri esseri umani, ma vive in un mondo diverso. La povertà innesca modi di pensare e di agire che fanno scattare una trappola che si autoalimenta. La povertà non ci permette di progettare il nostro futuro nei modi e nei tempi corretti. Le prospettive temporali sono corte, non ci sono quasi mai margini di manovra, e il mondo sembra sfuggire al nostro controllo.
In questo saggio però non ci occuperemo degli effetti della scarsità, bensì di una dimensione che concettualmente precede tale fenomeno e in un certo senso lo previene. La frugalità, come vedremo, costituisce una sorta di assicurazione contro l'incertezza del futuro e, spesso, è la premessa per il risparmio. Si può essere poveri in modi diversi, ma difficilmente un povero riesce a essere frugale.
Un filo rosso lega povertà, frugalità e risparmi. In modi diversi, la povertà e, all'opposto, la ricchezza fanno risaltare i nostri limiti, i vincoli della mente umana.
La frugalità, come vedremo, è l'esito di un rifiuto dell'abbondanza e del superfluo. Spesso è una decisione che riesce facile dopo che il superfluo è stato praticato. San Francesco rifiuta le ricchezze e gli stili di vita di una famiglia agiata dopo averli conosciuti. I veri poveri non hanno purtroppo nulla da rifiutare. È difficile decidere di rifiutare qualcosa che non abbiamo ancora avuto, lo è ancora di più in un mondo consumista.
L'economista premio Nobel Paul Krug-man, sulle pagine del «New York Times» del 2 settembre 2013, festa del lavoro negli Stati Uniti (come il nostro 1° maggio), ricorda che Eric Cantor, il leader della maggioranza repubblicana del Congresso statunitense, ha celebrato la festa rivolgendosi soltanto a chi si è dato da fare per diventare imprenditore. Di qui l'ironia feroce di Krugman contro chi ha dimenticato che la maggioranza dei lavoratori americani non è fatta né d'imprenditori né di lavoratori autonomi. Cantor parla nella scia di una diffusa mentalità, non solo statunitense, che disprezza i poveri perché non si sono dati da fare. È una tradizione molto diversa da quella europea, più sensibile alla solidarietà tra chi ha e chi non ha, grazie anche all'influenza della carità cristiana. Eppure entrambi questi atteggiamenti hanno una radice comune e sono simili nelle premesse: la povertà è una condizione difficile da modificare. Il problema viene così spostato altrove, e fino a che non cambiano i diversi «altrove», non ci sarà nulla da fare.
Questo fatalismo misto a compassione ci induce a considerare la frugalità come una scelta da ricchi, e non da poveri. E tuttavia la maggior parte degli abitanti del mondo non ha assaporato l'abbondanza. Sembra dunque che la vera sfida sia passare direttamente dalla povertà a una ricchezza frugale, senza dover necessariamente transitare per una fase di abbondanza nei consumi superflui. È facile accorgersi che, nella nostra società, chi più predica la frugalità spesso lo fa perché è ricco o lo è stato. Si è accorto che era divertente lottare per raggiungere la prosperità, ma che poi la vita consumistica, alla lunga, non è così soddisfacente, anzi è faticosa. Suonano quindi un po' ironiche, irresponsabili e derisorie le esortazioni alla frugalità da chi potrebbe fare a meno di esserlo. La vera sfida è, al contrario, affrontare la frugalità come una scelta a priori, non come un rifiuto di una possibile vita affluente e consumistica. Va abbandonato il modello di San Francesco, il ricco che si fa frugale.

Paolo Legrenzi
Frugalità
Il Mulino, 2014, pagg. 144