P. Dowswell - L’ultima alba di guerra

17.06.2014 16:33
Categoria: LETTURE ESTIVE

Martedì, 11 novembre 1918 2.00, ora di Parigi

Axel Meyer stava dormendo, la testa appoggiata a una sciarpa di lana nera premuta contro il finestrino del treno. Cullato dal ritmo costante delle ruote sui binari, era riuscito ad abbandonarsi a un sonno profondo, come non gli capitava da diversi giorni a quella parte, dopo il terrificante viaggio da Berlino. Quando si vedevano ufficiali nei paraggi i soldati sventolavano bandiere rosse e sussurravano: “Via le luci, fuori i coltelli”. Per poco non aveva visto uccidere un uomo a colpi di rivoltella ad Hannover, ma poi un ufficiale aveva estratto l'arma per riportare l'ordine. Axel si era aspettato che arrestassero l'aggressore, ma questi si era semplicemente dileguato nella folla di militari e l'ufficiale doveva aver pensato che cercare di fermarlo non sarebbe stato saggio.
Axel faticava a comprendere come un comportamento simile venisse tollerato dal più grande esercito del mondo. Non aveva mai immaginato di combattere in guerra, ma da quando l'Alto comando aveva abbassato l'età minima a sedici anni, si era potuto arruolare nell'Esercito imperiale tedesco.
Quel che aveva visto lo aveva scosso nel profondo. Sapeva che c'era una tale penuria di cibo, in patria, che la popolazione era ormai alla fame, ma la Germania stava pur sempre vincendo, no? I russi non erano forse stati sconfitti? I sottomarini tedeschi non avevano affondato centinaia di bastimenti nemici? Axel sentiva montare la rabbia nei confronti di quei traditori, quei rivoluzionari che si facevano chiamare bolscevichi.
Aveva sentito dire che si trattava di uomini tornati da poco dal fronte orientale. Alcuni erano perfino stati prigionieri di guerra. Si erano lasciati infettare dal comunismo, la pericolosa ideologia propugnata dal regime che ormai controllava la Russia. Quei bolscevichi portavano con sé la minaccia dell'anarchia – una parola che Axel aveva appreso da poco a scuola – del saccheggio, dello stupro, dell'omicidio. Tutto l'opposto dei valori che un buon soldato avrebbe dovuto difendere. Lui non aveva intenzione di fare quella fine. Avrebbe reso fiera di lui la sua famiglia, o quel poco che ne restava.
Ascoltando parlare i compagni di viaggio, si rese conto che il treno era pieno di quei traditori. Abbassò la testa e cercò di non incrociare lo sguardo di nessuno. Soprattutto quello di un vecchio del suo plotone che l'aveva preso di mira prima ancora che lasciassero Berlino. “Mandano a combattere i Kinder, ora. Guardatelo.” Aveva indicato Axel. “Ha appena smesso di portare i calzoni corti. Dovresti tornare a casa da tua madre, ragazzino.” Axel aveva pensato di rispondere che sua mamma era morta, ma aveva preferito subire in silenzio. Quell'uomo aveva il fiato che puzzava di alcol e lui non voleva farsi un nemico, soprattutto nello spazio angusto di un vagone ferroviario, dal quale gli sarebbe stato impossibile scappare.
Dopo quell'episodio aveva cercato di rendersi invisibile, ma aveva continuato a domandarsi perché il vecchio se la fosse presa proprio con lui. Non era il solo sedicenne a bordo. Sicuramente anche quel soldato sapeva che la decisione era stata presa dall'Alto comando.
Che strana situazione. In viaggio verso il fronte, spaventato dai suoi stessi commilitoni. Si impose di smettere di preoccuparsi di loro. Era del nemico che avrebbe dovuto aver paura. Axel aveva sentito storie di ogni genere, sui Tommy e gli Yankee. Ed era proprio con loro che avrebbero avuto a che fare. Sapeva che era meglio non farsi prendere prigionieri né dagli uni né dagli altri. Aveva letto sui giornali che gli inglesi mettevano bombe a mano nelle tasche dei soldati tedeschi che erano tanto stupidi o vigliacchi da arrendersi. Lui non avrebbe permesso a nessuno di catturarlo.
Anche in quel momento, mentre sonnecchiava con la testa appoggiata contro il finestrino del vagone, sognava Schnitzel con sopra le uova fritte e deliziose patate coperte di burro fuso. Persino nel sonno Axel era affamato. Aveva sperato di trovare cibo migliore nell'esercito, ma i ragazzi con i quali si era addestrato soffrivano la fame quanto i suoi compaesani di Wansdorf.

Paul Dowswell
L’ultima alba di guerra
La Feltrinelli, 2012, pag. 176