A. Ernaux - Il posto

17.06.2014 17:19
Categoria: LETTURE ESTIVE

Ho fatto la parte pratica del concorso per il Capes in un liceo di Lione, sulla collina della Croix-Rousse. Una scuola nuova, con piante verdi nella sala riservata agli amministrativi e al corpo docente, una biblioteca dalla moquette color sabbia. Ho aspettato lì che mi venissero a chiamare. La prova consisteva in una lezione da tenere in presenza della commissione d'esame, un ispettore e altri due professori di lettere, tutti veterani dell'insegnamento. Una donna correggeva altezzosa gli scritti, senza esitazioni. Mi sarebbe bastato superare indenne l'ora successiva per essere autorizzata a fare come lei per il resto della vita. Davanti a una quarta dello scientifico ho spiegato venticinque righe — bisognava numerarle — di Papà Goriot di Balzac.
Dopo la lezione io e i commissari ci siamo spostati nell'ufficio del preside. «Ha fatto fatica a farsi seguire dagli studenti» mi ha rimproverato l'ispettore. Era seduto tra gli altri due docenti, un uomo e una donna miope con le scarpe rosa. E io di fronte a loro. Per un quarto d'ora ha alternato critiche, elogi, consigli, io ascoltavo appena, chiedendomi soltanto se tutto ciò che mi stava dicendo significava che avevo passato la prova. D'un tratto, con aria grave, si sono alzati tutti e tre all'unisono. Mi sono alzata anch'io, precipitosamente. L'ispettore mi ha teso la mano. Poi, guardandomi bene in faccia: «Congratulazioni». Gli altri hanno ripetuto «congratulazioni» e mi hanno stretto la mano, la donna aggiungendo un sorriso.
Non ho smesso di pensare a questo cerimoniale fino alla fermata del bus, con rabbia e una sorta di vergogna. La sera stessa ho scritto ai miei genitori che sarei presto diventata professoressa “di ruolo”. Mia madre mi ha risposto che erano molto contenti per me. 

Annie Ernaux
IL posto
L’orma, 2014, pagg. 120