Donne e lavoro, ancora molta strada per una vera e compiuta parità

08.03.2024 10:19

In questo 8 marzo, nella Giornata Internazionale dei Diritti delle donne, ci piace ricordare che all’incirca l’80% della popolazione lavorativa scolastica è rappresentata dalla componente femminile. Lo confermano i dati dell’Osservatorio statistico Enti Pubblici che registrano, tra il 2014 e il 2021, 3,3 milioni di dipendenti pubblici; di questi 2/3 all’circa sono donne e, di queste, la metà lavora nel comparto Scuola.

Scegliendo di lavorare nel mondo della scuola, le donne optano con passione per impieghi molto gravosi, che comportano una forte componente motivazionale e hanno immediate ricadute sulla formazione umana e professionale delle donne e gli uomini di domani.

Negli ultimi venti anni il mercato del lavoro si è profondamente trasformato dal punto di vista socioculturale, ma questi mutamenti hanno coinvolto solo parzialmente le donne: ancora oggi l’Italia ha il più basso tasso di occupazione femminile in Europa, solo il 51,1%, con 18 punti percentuali di differenziale di genere.

Nonostante le donne raggiungano livelli di istruzione molto più elevati rispetto al passato, con risultati spesso lusinghieri che dovrebbero in teoria garantire loro l’accesso a qualsiasi professione, nella pratica ciò accade con molta difficoltà. Le donne lavoratrici, infatti, ancora oggi in Italia sono soggette a un fenomeno noto come segregazione occupazionale: lavorano in un range limitato di settori rispetto ai loro colleghi uomini.

Le professioni svolte dalle donne italiane, infatti, hanno per lo più carattere impiegatizio, e sono contraddistinte (in generale) da livelli retributivi più bassi rispetto a quelli percepiti dai lavoratori uomini, a parità di ruolo. Molto spesso svolgono professioni di cura, specie nei comparti della sanità e della scuola. I motivi di questa scelta, e del fatto che di sovente lasciano i loro lavori, spesso riguardano la ripartizione dei carichi di incombenze familiari, che riducono il tasso di partecipazione delle donne al mercato lavorativo. Sono motivazioni citate anche nella Missione numero 4 Istruzione e Ricerca del PNRR, che inizialmente aveva previsto fondi per garantire più di 264mila posti negli asili nido italiani, ma che, dopo la rimodulazione da parte del governo, ne assicura poco più di 150mila, allontanando ancora l’obiettivo europeo del 45% di posti disponibili per numero di infanti dai 0 ai 3 anni, stabilito dall’Europa per il 2030.

Un altro fattore che contraddistingue il lavoro in Italia è la tipologia di contratti precari, che caratterizzano ancora oggi il lungo iter che attende molti di coloro che vogliano lavorare nel mondo della scuola. La recente analisi sui divari di genere nel lavoro, svolta dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, mostra che l’incidenza dei contratti a tempo determinato cresce nel tempo nel nostro Paese, e che anche il datore di lavoro pubblico ha accresciuto il ricorso a questa tipologia di contratto, con un’incidenza, nel 2021, del 15% per gli uomini e del 20% per le donne. Questo incremento dipende soprattutto dai supplenti nel comparto Scuola, che sono prevalentemente donne. Appare evidente che il precariato non faccia che svilire il valore del lavoro della formazione e che debba essere contenuto nella sua applicazione.

Nel comparto Scuola le donne e gli uomini occupati percepiscono all’incirca la stessa retribuzione, ma non dobbiamo sottovalutare il fenomeno del differenziale di paga soggetto all’appartenenza di genere, che interessa praticamente tutti i settori produttivi. La differenza retributiva di genere dipende anche dall’età media dei dipendenti, poiché, generalmente, la retribuzione è correlata agli avanzamenti di carriera e all’anzianità di servizio. Poiché l’età media nel settore pubblico, nel 2021 è, per gli uomini, di circa 50 anni e per le donne di 49, appare evidente la necessità di stabilizzare anche i lavoratori della scuola, prima che raggiungano età avanzate. Il fattore contributivo è, come ripetiamo da anni, anche uno dei principali fattori motivanti per l’incremento della qualità del lavoro svolto.

Il nostro compito nella tutela del personale della scuola traspare in questo 8 marzo leggendo i dati in controluce: vogliamo contribuire nel modo che sappiamo fare meglio, svolgendo responsabilmente, con competenza e forte determinazione il nostro ruolo, a partire dalla contrattazione, per contribuire all’obiettivo di una vera parità, che veda fiorire finalmente le donne in lavoratrici compiute.

8 marzo 2024

Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola