Reginaldo Palermo

Aluisi Tosolini, la scuola come palestra di democrazia

La scuola deve essere palestra di democrazia: lo stabiliscono la Costituzione della nostra Repubblica e lo confermano decenni di ricerca pedagogica e di pratica educativa. Ma come si può conseguire questa finalità. Ne parliamo con Aluisi Tosolini, già dirigente scolastico del liceo “Bertolucci” di Parma, pedagogista e filosofo dell’educazione oltre che responsabile della Rete nazionale delle scuole per la pace.

Partiamo da una prima questione: da almeno un secolo la pedagogia riconosce che educare alla convivenza democratica è una finalità importante del sistema scolastico. Eppure sembra che ogni giorno di più ci allontaniamo da questo obiettivo. come mai?
La scuola è espressione della società in cui vive, ne respira il clima, ne condivide le preoccupazioni, le sfide, i conflitti, le culture, i significati complessivi. E oggi la società nella quale viviamo è attraversata da culture e comportamenti che si alimentano del peggiore cinismo individualista e populista che non riconosce alcun valore alle regole condivise, nega il significato di bene comune, esalta i diritti individuali ma si rifiuta di operare per i correlati doveri con la necessaria responsabilità. La scuola è dentro questo contesto e si impegna a ribadire concretamente i percorsi di costruzione di società democratica essendo lei stessa un bene comune di cui avere cura. Ma non tutto dipende alla scuola.

Il punto è che forse la scuola non deve soltanto educare alla democrazia ma deve essere essa stessa palestra di democrazia…
Dewey, l’attivismo pedagogico, il movimento delle scuole democratiche (si pensi a Summerhill) e le migliori esperienze delle scuole contemporanee ci dicono che la scuola – se vuole educare alla democrazia – deve costituirsi essa stessa come comunità democratica dotata di processi di partecipazione alla gestione, capace di costruire quotidianamente la rinegoziazione delle regole. Non va taciuto però che la soggettività e il protagonismo di alunni e studenti deve essere reale e non puramente simbolico. Occorre cioè che i ragazzi e le ragazze diventino davvero e concretamente soggetti che agiscono per trasformare la scuola, la comunità in cui vivono, il futuro. Ragazzi e ragazze changemaker.  

Lei è stato per molti anni dirigente di un liceo a Parma. Ci può fare qualche esempio di “pratiche” di democrazia che lei ha provato ad adottare nella sua scuola?
Credo che l’esperienza più significativa consista nel riconoscere agli studenti responsabilità e soggettività sino al punto di rendere possibile per gli stessi il vivere la scuola per tutta la giornata (sino all’ora di chiusura) senza l’obbligo di essere “vigilati dalla tutela adulta”. Ragazzi e ragazze che si appropriano di uno spazio comune vissuto come bene comune entro cui realizzare la propria crescita come cittadini e uomini e donne di cultura. Da lì la connessione con percorsi di service learning, impegni di volontariato, sentieri di ricerca culturale in laboratori di innovazione didattica e digitale.

Educare alla democrazia a scuola può servire per migliorare anche i processi democratici nella società?
La scuola è sfidata ad anticipare i processi di trasformazione della società. Ciò è avvenuto, ad esempio, a livello di educazione interculturale, accoglienza e interazione con le diversità: un percorso che ha costruito cittadinanza piena di diritti e doveri prima a scuola e poi come nella società. Anche se, ad esempio, il riconoscimento della cittadinanza italiana secondo la logica jus culturae/scholae non è diventata legge evidenziando il ritardo della società stessa a livello di crescita democratica.

Se ci guardiamo attorno dobbiamo prendere atto che non basta educare alla democrazia se poi la democrazia non si traduce in pratiche di pace. Cosa può fare la scuola in questa direzione?
La pace si insegna e la pace si impara: è questo lo slogan della rete delle scuole per la pace che coordino a livello nazionale. Con la consapevolezza che non si educa alla pace se non si fa praticamente pace tutti i giorni prendendosi cura di sé, della relazione con gli altri, della propria comunità e delle istituzioni, dell’ambiente e dei diritti. Trasformiamo il futuro per la pace e con la cura: è questo il titolo del programma 2023/24 delle scuole di Pace riprendendo sia l’impegno dell’ONU (che ha promosso il Transforming Education Summit e che nel settembre 2024 promulgherà il Patto per il futuro) che le indicazioni dell’ultimo rapporto Unesco: Reimmaginare il futuro assieme. Un nuovo contratto sociale.

Studiare la nostra Costituzione può servire per imparare cos’è la democrazia?
Si. Del resto è quello che ogni scuola deve fare con il curriculum di educazione civica (legge 92/2019) che definisce come primo cardine proprio la Costituzione. Ricordando sempre che studiarla significa anche utilizzarla come criterio di valutazione della vita democratica della società stessa e costituisce un impegno a impegnarsi per realizzarla

Ci può suggerire un libro per ragazzi utile a capire cos’è la democrazia?
Invito tutti a leggere i 30 articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani di cui questo anno ricorre il 75 anniversario. E, tenendo assieme testo della Costituzione e testo della Dichiarazione, lavorare utilizzando il Quaderno degli esercizi di pace messo a punto dalla rete delle scuole per la pace. Perché democratici, pacifisti, impegnati per la giustizia, rispettosi dei diritti, solidali, cittadini responsabili e critici non lo si diventa da un giorno all’altro o per caso, ma solo se ci si impegna quotidianamente e ci si esercita ad esserlo.