Ivana Barbacci

Il dovere della coerenza

Il 18 gennaio si è finalmente chiusa la partita del rinnovo contrattuale per il triennio 2019-21: il riferimento alle date basta da solo a sottolineare come l’avverbio “finalmente” sia quanto mai calzante per una vicenda i cui tempi sembravano diventare interminabili. Non per caso, né per trascuratezza o negligenza delle parti in causa, meno che mai del nostro sindacato, che il tavolo negoziale lo ha sempre sollecitato e soprattutto ne è stato sempre protagonista attivo.
Ricordo che il triennio in questione è stato interessato da eventi di portata straordinaria, come l’emergenza pandemica e l’esplodere di gravissime tensioni internazionali; in entrambi i casi, con ricadute evidenti sul piano economico e sociale.
A rallentare il corso del negoziato ha poi contribuito senz’altro l’instabilità del quadro politico, con l’avvicendarsi di ben quattro governi diversi. E poi una ragione insita nella natura stessa della contrattazione: la necessità di attendere, perché vi sia una firma, che maturino le condizioni per cui quello raggiunto possa essere considerato il miglior accordo possibile.

Non è mai un viaggio liscio e senza imprevisti, quello di un negoziato: fuor di metafora, ricordo che un po’ di tempo lo abbiamo speso per ottenere che la dotazione iniziale di risorse, fissate come sempre dalle leggi di bilancio, fosse rimpinguata con ulteriori stanziamenti. Stanziamenti arrivati con la finanziaria per il 2022, che destinava altri 300 milioni al nostro contratto: da utilizzare, però, con criteri selettivi, per la valorizzazione della professionalità dei docenti.
Nell’autunno del 2022 si è raggiunta l’intesa che ha permesso di contrattare quelle risorse senza vincoli, il che ha consentito di sbloccare la situazione per quanto riguardava i benefici economici, portati al livello medio di 124 euro lordi, grazie anche agli ulteriori 100 milioni stanziati una tantum nel decreto legge 18 novembre 2022 n. 176 (“aiuti quater”). Si realizzavano in tal modo le condizioni che consentivano di firmare, in quel momento, l’intesa sulla parte economica, facendo sì che andasse immediatamente in busta paga la quota più consistente degli incrementi retributivi.
Nei mesi seguenti il confronto è proseguito sulla parte normativa, con risultati particolarmente apprezzabili per quanto riguarda l’estensione ai precari del diritto ai permessi per motivi personali, finora disponibili solo per chi era in ruolo, o altri aspetti per i quali rimando ai commenti e ai video illustrativi disponibili sulle nostre pagine web; di rilevante complessità, soprattutto, le questioni riguardanti il nuovo ordinamento del personale ATA. La trattativa su questo tema è stata molto impegnativa, non solo per la difficoltà a trovare punti di mediazione con la controparte, incline a riproporre modelli propri in generale della pubblica amministrazione, senza tenere in debito conto le specificità delle istituzioni scolastiche: sul versante sindacale, occorreva trovare un giusto equilibrio nel ripartire tra i diversi profili le risorse destinate dalla legge di bilancio approvata a dicembre 2021 al nuovo ordinamento ATA, circa 37 milioni di euro, che in caso di mancato accordo avremmo potuto utilizzare.

Da questa descrizione, necessariamente sintetica, del percorso compiuto, credo si possano cogliere le ragioni che ci hanno indotto a firmare l’intesa del 14 luglio 2023 su un’ipotesi di CCNL che finalmente – torno a ripetere l’avverbio – è stata sottoscritta in via definitiva il 18 gennaio, una volta esaurita la complessa procedura delle certificazioni, nella quale sono coinvolti più soggetti (Funzione Pubblica, Ministero dell’economia, Corte dei Conti, Presidenza del Consiglio), con i tempi più o meno lunghi impiegati da ciascuno di essi per proprie valutazioni.
Riprendo la metafora del viaggio, in effetti la più calzante per questa rubrica, per dire che la firma di questo CCNL non la considero un traguardo definitivo: segna certamente un punto di arrivo, ma pone soprattutto le premesse per una ripartenza, e ho già avuto modo più volte di dire che, per quanto ci riguarda, questa ripartenza dev’essere immediata. A breve daremo, com’è previsto nelle regole della contrattazione, la disdetta al CCNL 2019/21, premessa indispensabile all’avvio del rinnovo per il triennio successivo.

Non per polemica, ma per ricollocare la questione in termini di doverosa chiarezza e correttezza, voglio fare un cenno al problema su cui da più parti si è posta l’attenzione subito dopo la firma del contratto, ovvero quali organizzazioni sindacali abbiano diritto di partecipare a pieno titolo alla contrattazione integrativa in tutte le sue varie articolazioni (a livello nazionale, regionale, di istituto).
Sull’argomento si è già espressa l’ARAN, ribadendo – e non avrebbe potuto fare diversamente – quanto in proposito stabilisce il contratto, che sulla materia si è limitato a trascrivere ciò che da sempre affermano i contratti di comparto: hanno titolo a partecipare alla contrattazione integrativa, e agli altri livelli di relazioni sindacali, solo le organizzazioni firmatarie del CCNL.
Non si tratta di una discriminazione, come impropriamente e maldestramente qualche commentatore, molto superficiale o interessato a distorcere volutamente fatti e norme, vorrebbe far credere. Si tratta di una regola, presente in tutti i contratti precedenti, dettata dall’evidente ragione che non può farsi carico degli aspetti applicativi di un contratto chi non ne condivide i contenuti. Non è affatto in discussione la rappresentatività di una sigla che, in quanto compresa fra quelle maggiormente rappresentative del comparto (attualmente 6 su una marea di oltre duecento che popolano l’esteso arcipelago del sindacalismo scolastico) manterrà in generale le proprie prerogative e parteciperà normalmente al negoziato per il prossimo rinnovo del CCNL, pur non avendo firmato quello precedente.
Le relazioni sindacali, come più in generale la democrazia, si fondano su regole e sul rispetto che alle stesse dovrebbe essere sempre riservato. Regole chiare e ben note a tutti, nel momento in cui liberamente hanno deciso se firmare o non firmare il contratto 2019/21, ben conoscendo le implicazioni che ne discendono.
L’organizzazione sindacale che non ha firmato il CCNL ha rivendicato, legittimamente, il proprio diritto di scelta: lo ha fatto con grande enfasi, presentando pubblicamente la non firma come atto pienamente coerente al proprio percorso negoziale. Mi aspetterei altrettanta coerenza con ciò che quella stessa organizzazione sostenne, giustamente, nel 2018, quando si costituì in giudizio (insieme ad altri sindacati) contro il ricorso intentato da una sigla non firmataria del contratto nazionale che chiedeva di essere ammessa alla contrattazione integrativa.

Guardiamo avanti, comunque, perché il viaggio che deve continuare sarà, come sappiamo per lunga esperienza, faticoso, accidentato, pieno di insidie; ma intanto mi sembrava doveroso fare, su come si è giunti alla firma del contratto e sulle implicazioni che ne conseguono, un minimo di chiarezza.