Lidia Cangemi

L'ecosistema scuola al centro della partecipazione e del territorio

L’obiettivo primario del successo formativo dello studente, l'Agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, le indicazioni OCSE sulle competenze globali e le numerose istanze che giungono direttamente dalla società civile pongono la scuola al centro di un processo di crescita responsabile. Tale percorso deve necessariamente essere sviluppato in armonia con il contesto: gli studenti, le famiglie, le istituzioni, il Terzo Settore.
Dopo cinquanta anni dalla emanazione dei decreti delegati, i recenti dati sulla partecipazione alle elezioni degli organi collegiali mostrano una flessione allarmante. Il dato assume ancor più rilevanza se visto parallelamente all’aumento del numero dei ricorsi dei genitori al TAR contro la scuola (e più in generale alla comunicazione tramite vie legali): la necessità di un ripensamento degli attuali modelli partecipativi si rende sempre più improcrastinabile, alla luce di un contesto completamente mutato che richiede riflessioni su un nuovo modello di scuola.
Obiettivo di questo breve articolo è proporre ipotesi sul tema, a partire dal delicato equilibrio che esiste fra Dirigente scolastico e Organi collegiali. L’attuale situazione normativa sembra acuire alcuni elementi di ambiguità fra le diverse figure: “per dare piena attuazione all'autonomia scolastica e alla riorganizzazione del sistema di istruzione, il dirigente scolastico, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, garantisce un'efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali”(1). Ciò avviene, come è noto, in modo subordinato rispetto ai poteri dell’Amministrazione, centrale e periferica, la quale è “dotata di poteri su profili rilevanti quali la provvista di risorse finanziarie e del personale e capace di influenzare l’operato dirigenziale”(2).
Se il Dirigente, quindi, vive in un coacervo di elementi di limitazione all’esercizio dei suoi poteri, contemporaneamente la comunità sociale spesso percepisce una sostanziale impossibilità dei rappresentanti all’interno della scuola di incidere sul governo della stessa, sentendo l’area di azione limitata ad un ruolo poco più che consultivo.
Una crisi di rappresentanza che coinvolge, talvolta, perfino la stessa componente interna, docenti e ATA, soprattutto nell’impegno in seno al Consiglio di Istituto.
Auspicando, quindi, una riforma complessiva dei ruoli e delle stesse procedure degli Organi collegiali, in vigenza dell’attuale quadro normativo molte scuole si sono già interrogate in merito a possibili azioni finalizzate alla creazione di un ecosistema cooperativo e dialogante in cui le diverse componenti della comunità scolastica si ri-trovino all’interno di confini e aree di responsabilità e accountability chiari e condivisi.
Fra gli scenari possibili, vorrei proporre la creazione di tavoli tecnici di confronto (che al secondo ciclo potrebbero includere anche gli studenti) che possano supportare le scuole nelle numerose (e spesso pressanti) incombenze, ampliando i punti di vista, surrogando quelle indispensabili competenze talvolta non disponibili e creando le basi per una reale partecipazione dei genitori e degli studenti al governo della scuola: si pensi ad esempio alle numerose attività legate alla progettazione (PNRR e simili) che hanno visto le scuole a volte in difficoltà rispetto alla necessità di reperire competenze tecniche e gestionali adeguate e funzionali alle scadenze.
La proposta si concentra sulla creazione di momenti di confronto preliminare e di co-progettazione finalizzati al miglioramento della didattica, dell’Ambiente di Apprendimento, delle attività extracurricolari, dell’approccio alle STEM e – in ogni caso – del generale Ben-essere nella scuola.
Tale opportunità al secondo ciclo potrebbe essere vista anche in ottica di attività di Cittadinanza, Orientamento e PCTO, potendo gli studenti partecipare ad occasioni di potenziamento delle competenze e di avvicinamento al mondo “reale” a partire dalla interazione e dalla riflessione/progettazione sul microcosmo vissuto ed esperito nella propria quotidianità.
Nell’ambito dell’autonomia delle scuole, inoltre, tali tavoli potrebbero includere flessibilmente alcune realtà del territorio (con una sostanziale “curvatura” di alcuni concetti già previsti per i Comitati Tecnico Scientifici) e divenire un possibile centro di una rete territoriale: in tal senso, appare interessante il riferimento ai principi dei Patti Educativi Territoriali, in cui la concertazione fra i diversi attori e la visione progettuale pluriennale già rappresentano un reale sostegno alle comunità scolastiche. Numerose sono le esperienze in cui sono state create le condizioni per una maggiore stabilità delle azioni intraprese, per costruire legami solidi e visioni omogenee e per ottenere tangibili e duraturi risultati di cambiamento in campo educativo.

Queste iniziative di co-partecipazione potrebbero diventare strumenti di policy per combattere la povertà educativa e la dispersione, per potenziare la sensibilità allo sviluppo locale sostenibile, per concretizzare la positiva “interdipendenza” delle comunità, mettendo in valore sia le competenze professionali dei docenti sia le competenze personali e trasversali dei ragazzi, riuscendo anche a rappresentare una occasione relazionale di confronto fra scuola e famiglia.
Un concetto di “scuola aperta”, quindi, come occasione per accogliere le carriere scolastiche più fragili e segnate da maggior fatica e intermittenza che – come evidenziato dalle statistiche – sono più frequenti in famiglie dal contesto socio-culturale meno avvantaggiato.
In questo senso, appare funzionale creare le condizioni per il potenziamento di momenti “auto-organizzati” di incontro di genitori e studenti e di occasioni di riflessione/formazione/informazione che possano essere di aiuto alla costruzione di una mappa valoriale condivisa e di supporto alle fragilità.
L’antico proverbio africano “Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”, grazie alla citazione di Papa Francesco è diventato un messaggio virale : «Per raggiungere questi obiettivi globali, il cammino comune del “villaggio dell’educazione” deve muovere passi importanti. In primo luogo, avere il coraggio di mettere al centro la persona. Per questo occorre siglare un patto per dare un’anima ai processi educativi formali e informali, i quali non possono ignorare che tutto nel mondo è intimamente connesso ed è necessario trovare – secondo una sana antropologia – altri modi di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso»(3).

Va infine citato il testo di Daniel Goleman sull’Eco-istruzione che invia un ulteriore messaggio per una maggiore consapevolezza della forza della cooperazione e della Inter-dipendenza: “anche se alcune delle nostre azioni hanno un impatto negativo, abbiamo anche un infinito potenziale per creare un effetto positivo […]. In fondo è ciò che i bravi educatori fanno meglio: creare le condizioni per imparare a nutrire una speranza concreta”(4).

 

(1) L. 107/2015, art. 1, co. 78. Si veda la interessante lettura della CISL Scuola sul Ruolo e funzioni del dirigente scolastico prima e dopo la legge 107/2015

(2) La collegialità nel sistema di istruzione, tesi di laurea in Diritto Amministrativo 1 (Università LUISS), candidato W. Anzalone, relatore Prof. B.G. Mattarella, A.A. 2019/20.

(3) Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del patto educativo, 12 settembre 2019.

(4) D. Goleman, L. Bennett, Z. Barlow, Coltivare l’intelligenza emotiva. Come educare all’ecologia, ed. it. 2017.