Torino: oltre l'indignazione l'impegno (articolo di Francesco Scrima)
Sul numero di domani di "Conquiste del Lavoro" sarà pubblicato l'articolo - che proponiamo in anteprima - del Segretario Generale della CISL Scuola sui gravi fatti (violenze e derisioni su un ragazzo down) accaduti in classe di una scuola superiore di Torino.
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Ci siamo fermati anche noi, sgomenti, allibiti.
Le prime notizie di stampa e le poche immagini riportate dai giornali erano sufficienti per passare dall'angoscia allo sdegno, alla ribellione.
No, non può accadere che un disabile venga offeso e aggredito; da suoi compagni poi, e a scuola.
Ci siamo fermati a pensare, a interrogare, a interrogarci.
Abbiamo evitato di fare subito, a caldo, dichiarazioni di prammatica e scontate.
Non volevamo accontentarci di semplici esecrazioni usa e getta, né esercitarci in facili e troppo diffusi giudizi mordi e fuggi.
Il fatto era troppo grave, ci interrogava sulla società, sulla scuola, su noi.
Ci chiedeva e ci chiede quali impegni assumere.
Per giorni, come era giusto, i giornali stavano sulla notizia e sul fatto; e altri fatti, in parte simili o comunque accomunati a quello, si venivano scoprendo e veniva reso di pubblico dominio quel malessere profondo dei giovani che noi già sapevamo ma che ora assumeva pubblicamente i toni drammatici della violenza e della crudeltà gratuita.
Per giorni, fortunatamente, i giornali affidavano ai loro migliori collaboratori il compito di scavare sotto la notizia e cercare le cause di mali così incomprensibili e scuri.
Abbiamo apprezzato e condiviso molti commenti: il grido accorato di Galimberti, le amare considerazioni di Marco Lodoli, le sagge e puntuali osservazioni di Michele Serra e di Claudio Magris, gli interventi di altri, fortunatamente tanti altri uomini di cultura e di anima.
Abbiamo apprezzato anche l'immediato intervento del Ministro Fioroni, la sua presa di posizione, le sue dichiarazioni.
Dunque ci siamo interrogati come chiedeva a tutti e fin dall'inizio Umberto Galimberti e accogliamo la sua indicazione quando dice che "la scuola, prima delle discipline che è incaricata di insegnare, prima dell'educazione civica impartita per avviare all'osservanza delle leggi, dovrebbe cominciare a indagare se i fondamentali della natura umana sono ancora presenti e attivi nei ragazzi".
Dunque, ora, interveniamo anche noi avviando una riflessione seria, un discorso che, superata l'emotività e la reattività del momento, cerchi di dare onda lunga a pensieri concreti che portino alle cose da fare.
Occorre intanto distinguere, non fare confusione, non mescolare tutto.
Non mettere insieme maleducazione diffusa, aggressività mal controllata, bullismo, violenza imperdonabile come quella esercitata contro dei disabili.
Certo, il comune terreno di coltura e di sviluppo di tutti questi fenomeni è o può essere lo stesso, ma è necessario distinguerli perché alle diverse forme in cui si esprimono si devono dare risposte diverse.
Sappiamo la crisi della scuola, lo sappiamo per primi, e sappiamo, più in generale la crisi dell'educazione.
Già nel nostro Convegno di maggio su "La Buona Scuola" abbiamo cercato di rilanciare la parola Educazione, una parola quasi dimessa dalla società e per troppo tempo spinta anche fuori dalle aule, sull'invito a inseguire più moderne e fascinose sirene: inglese, internet, impresa, solo per fare un esempio.
Ritornare ai fondamentali e all'essenziale è necessario, sapevamo e sappiamo che la buona scuola è anche questo; molte nostre prese di posizione contro improvvisate e farraginose proposte di riforma, per cui siamo stati accusati spesso di corporativismo e conservatorismo, nascevano da lì.
Ma qui, ora, vogliamo restare sul fatto di Torino, sulla violenza contro quel ragazzo disabile, e vogliamo puntare l'attenzione su come viene affrontato e seguito il problema della disabilità dentro e fuori la scuola.
Il prossimo anno ricorre un anniversario importante e da ricordare: i trent'anni della legge 517.
Dentro quella legge che allora ci portava e ancora ci tiene ai vertici dei confronti internazionali per civiltà educativa, c'era un punto importante: l'inserimento e l'integrazione nelle classi comuni dei ragazzi disabili.
Una conquista da non perdere, da non compromettere, da realizzare pienamente, da migliorare. La nostra ferma mobilitazione contro ogni attacco e ogni restrizione di quei principi e delle necessarie condizioni di esercizio di quella norma, hanno caratterizzato e caratterizzeranno uno dei tratti fondamentali della nostra identità di CISL Scuola.
Le istituzioni, e la scuola in particolare, da allora, si sono mosse sulla strada giusta, ma la società è andata nella stessa direzione?
I ragazzi di quella scuola torinese sembrano essere avulsi dalla cultura della scuola, dal suo impegno, dalla sua testimonianza. Ma questi ragazzi saranno pure frutto di qualcuno e di qualche cosa.
Il grido di Umberto Galimberti: "scuola, scuola, scuola", è anche il nostro grido ed è la nostra quotidiana preoccupazione.
Ha però ragione Marco Lodoli quando ammonisce: "Non gettiamo sulle spalle curve della scuola anche questa colpa", e lo stesso Galimberti annota: "So che i compiti che oggi vengono affidati agli insegnanti sono molti".
Già intervenendo, poco tempo fa, sui problemi di Napoli, ma anche di tante altre zone del paese, e sul ruolo della scuola per sviluppare cittadinanza e vita civile, noi avevamo scritto che gli insegnanti costruiscono ogni giorno percorsi di speranza e progetti che sfidano la durezza e la paura dei tempi.
A mani nude e a voce sola - osservavamo - gli insegnanti, ricchi solo di passione e di buona volontà, combattono contro logiche, modelli e comportamenti che indicano ben diversi percorsi di autorealizzazione e di successo.
L'invito, allora come ora, è quello di fare intesa e condivisione fra quanti hanno a cuore il futuro; occorre stringersi intorno alla scuola, riconoscendo e sostenendo il suo ruolo e il suo compito.
Anche il compito, delicato e importante, di dare accoglienza e rispetto alle fragilità dei più deboli. Il tema del prendersi cura della fragilità ci è caro e l'abbiamo trattato, in particolare, guardando l'infanzia.
Ne diamo testimonianza e visibilità anche con l'ultima pubblicazione che stiamo inviando alle nostre strutture: "Non tradire l'infanzia", dove un prezioso contributo di Ivo Lizzola (1) ci richiama alla centralità di questo tema.
Sulla questione dell'handicap, poi, abbiamo sostenuto e vogliamo contribuire a diffondere un volume di Igor Salomone (2), pubblicato da Città Aperta, dove il dramma e la difficoltà di questa situazione vengono viste "Con occhi di padre" che sono, nel caso specifico, anche occhi di uno che all'educazione dedica tutto il suo impegno accademico e professionale.
Fra le iniziative che mettiamo in cantiere per l'anno che fra poco inizia, un posto di rilievo avrà proprio la questione dell'integrazione. Il nostro impegno sarà alto e sarà continuo.
Ancora un modo per interrogarci e cercare risposte anche ai fatti di Torino dove si sono incontrate e scontrate due diverse fragilità: quella di un ragazzo disabile e quella dei suoi compagni aguzzini.
Due fragilità certo incomparabili, estranee, opposte; ma fragilità tutte e due, fragilità che entrambe ci chiedono aiuto, quell'aiuto che ogni giorno, nonostante tutto e, a volte, contro tutti, la scuola continua a dare.
La scuola non può essere misurata e giudicata sui fatti di Torino o su altre patologie che esplodono in varie parti del paese; patologie che non annullano o sminuiscono il valore quotidiano e nascosto di tanti insegnanti e operatori scolastici.
Ma certo questo pensiero non ci consola ora, davanti a quel ragazzo deriso e umiliato, che segna un fallimento sociale da cui non ci estraniamo.
Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola
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(1) Docente di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza presso l'Università degli Studi di Bergamo.
(2) Vive e lavora a Milano dove insegna, si occupa di formazione, scrive, pratica arti marziali, esce con gli amici e, soprattutto, si reinventa tutti i giorni come padre e marito [dalla terza di copertina del succitato libro, "Con occhi di padre"]