La miseria e la speranza
Genitori che scalano la parete di una scuola per aiutare i figli impegnati nell'esame. "Una mirabile sublimazione di quel che significa voler bene a un figlio e per lui essere disposti ad armarsi di un coraggio assurdo" (Elena Loewenthal, La Stampa, 21 marzo 2015)
Sono aggrappati alla parete di mattoni. In bilico sui davanzali dei piani più alti. Pronti a salire con il prezioso ma leggero bagaglio di risposte, lo sguardo verso quelle finestre aperte.
L’Hindustan Times parla di imbroglio di massa, il ministero dell’Istruzione indiano allarga le braccia: “Non possiamo sparare!”. Ma la scena che si è ripetuta ieri di fronte a tante scuole del Paese dove gli studenti sono impegnati nell’esame di maturità è soprattutto toccante. Apre il cuore e solletica un miscuglio di sentimenti in noi che la guardiamo da un’immensa distanza nello spazio ma forse ancor più nel tempo. Risveglia una specie di nostalgia per cose che forse non abbiamo mai visto ma che pure stanno dentro il nostro Dna emotivo. Questi genitori disposti a rischiare il tutto per tutto – e anche la pelle, data l’impervia pendenza di quei muri – per dare ai loro figli seduti in classe un’opportunità di vita sono lo specchio di quello che noi eravamo neanche tanto tempo fa: nei primi decenni di un secondo dopoguerra segnato da un progresso incalzante, in cui il futuro era fatto soprattutto della speranza che i figli avessero und estino migliore dei loro genitori e nonni. Che loro realizzassero, insomma, un irreversibile riscatto dalla povertà, dall’ignoranza, dalla stagnazione in una storia sempre eguale a se stessa.
Quei genitori indiani aggrappati al muro insieme ai bigliettini con le risposte per l’esame da passare ai figli fanno, sì, una cosa che non va. Stabiliscono una complicità rischiosa con quei ragazzi. Che però non ha nulla a che vedere con quel che succede non di rado nelle scuole italiane, dove madri e padri sono troppo presto pronti a inutili levate di scudi per proteggere i figli da un brutto voto. Perché questi free climber del destino altrui ci dicono che cosa si è disposti ad affrontare, per i propri figli, quando si vuole davvero qualcosa per loro. Ci dicono che esiste ancora un mondo in cui la scuola è un investimento spasmodico, ciò che fa la differenza fra una vita e un’altra. Se noi e i nostri figli siamo ormai mitridatizzati a sequenze di iter universitari, corsi superiori, master e chi più ne ha più ne metta, ci sono ancora tanti luoghi al mondo in cui un esame di maturità segna il destino. Dei figli e dei genitori che hanno dato loro la luce e li hanno allevati, magari nella più tremenda povertà. Ma con il seme di una speranza vitale: quella di dare la possibilità di un futuro diverso dal loro. Di guardarli mentre si affacciano a finestre di opportunità a loro negate.
È dunque una scena così vera e profonda, quella di questi genitori che infrangono le regole ltre che la legge di gravità scalando un muro per aiutare i propri figli. È una scena che ci riporta a un passato dal quale bene o male tutti arriviamo, che ci fa scuotere il capo perché sentiamo che arriva da un universo parallelo al nostro, fatto di tanta più disperazione ma fors’anche di tanta più speranza. Ma è anche una scena che dentro di noi non possiamo non condividere e far propria, perché è una mirabile sublimazione di quel che significa voler bene a un figlio e per lui essere disposti ad armarsi di un coraggio assurdo, a far cose che mai avresti pensato di fare.
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