Nuove regole sulle assenze del personale: niente "fughe in avanti"
Com'era facilmente prevedibile, si moltiplicano dal "mondo della scuola" - in questi giorni - le richieste di chiarimento in ordine all'applicazione dell'art. 71 del decreto-legge 112/08 (convertito con legge 133/08) e alle novità che lo stesso introduce nella gestione delle assenze dal servizio.
Premesso che la materia è suscettibile di produrre una casistica tendenzialmente infinita, anche a prescindere dalle innovazioni introdotte, e riservandoci, come CISL Scuola, di attivare eventuali iniziative di approfondimento nelle opportune sedi negoziali, ci si limita, qui, ad affrontare le questioni che più frequentemente ricorrono e che possono essere sinteticamente ricondotte a due diverse fattispecie:
- decurtazione del trattamento economico per i primi 10 giorni di assenza;
- computo a ore per i permessi retribuiti.
Nel frattempo, è sufficientemente chiarito - a seguito dell'emanazione della nota della Funzione Pubblica 45/08 dello scorso 4 luglio - che cosa debba intendersi per struttura pubblica abilitata al rilascio della certificazione di assenza superiore a 10 giorni (o comunque a partire dal terzo episodio di malattia nell'anno), la quale può essere identificata nel medico di famiglia. Quanto all'anno cui si fa riferimento per individuare il terzo episodio di assenza, ancorché sia evidente che per la scuola sarebbe certamente più funzionale ragionare per anno scolastico, la formulazione letterale del testo di legge è riferita all'anno solare.
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Decurtazione del trattamento economico accessorio in caso di assenza per malattia
Va chiarito, innanzitutto, che tale riduzione è disposta (con le eccezioni richiamate espressamente dalla norma) per ogni singolo episodio di assenza per malattia: ogni volta che ci si assenta, pertanto, si subisce la riduzione del trattamento economico nei primi dieci giorni e solo a partire dall'undicesimo giorno si recupera il diritto alla retribuzione piena.
E' ovvio che l'eventuale ulteriore prosecuzione, senza soluzione di continuità, di un iniziale periodo di malattia non può configurarsi come nuova assenza: non si deve perciò dar luogo ad ulteriori riduzioni una volta superato il decimo giorno a partire da quello in cui è cominciata l'assenza "originaria" (sulla quale si sia innestata una proroga).
Quanto alle voci retributive oggetto di riduzione, la questione è stata oggetto di un primo approfondimento da parte della Funzione Pubblica con la circolare n. 7 del 17.7.2008 in cui - ribadita la formulazione del testo di legge, che include negli elementi decurtabili "ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché [di] ogni altro trattamento economico accessorio" - si rimanda, per l'individuazione degli elementi soggetti a riduzione, alle definizioni delle diverse voci retributive contenute nei contratti collettivi.
Occorre, quindi, assumere a riferimento, per quanto riguarda il Comparto Scuola, l'art. 77 del CCNL, che al comma 1 definisce la struttura della retribuzione dello specifico personale, individuando in modo esplicito ciò che va ascritto a trattamento fondamentale e ciò che invece si classifica come trattamento accessorio.
Una formulazione molto netta che paradossalmente, però, rischia di produrre non pochi problemi.
Stando a tale classificazione, infatti, si può intendere come trattamento fondamentale solo lo stipendio tabellare, integrato dalle posizioni economiche orizzontali (cioè gli aumenti legati alle fasce di anzianità) e da eventuali assegni "ad personam".
Chiaramente riconducibili al trattamento fondamentale, in quanto definite come "sviluppo orizzontale", sono quindi le posizioni economiche del personale ATA di cui all'art. 50 del CCNL (ex art. 7).
Venendo alle voci classificate come trattamento accessorio, consideriamo anzitutto la RPD e il CIA. Si tratta di voci che, come si ricorderà, solo a conclusione di un lungo contenzioso furono assimilate allo stipendio tabellare e quindi sottratte alla riduzione in precedenza prevista sui trattamenti accessori in caso di malattia inferiore a 15 giorni: l'art. 17 del CCNL - nel disciplinare (comma 8) il trattamento economico spettante in caso di assenza per malattia - in effetti li assimila pienamente alla retribuzione fissa mensile.
Tuttavia il decreto-legge 112/08, in forza della clausola di non derogabilità contenuta nel comma 6 dell'art. 71, rende ora assai arduo far valere la norma contrattuale per opporsi ad una riduzione della RPD e del CIA, dato che è il contratto stesso (art. 77) a classificare tali voci come salario accessorio.
Una possibile soluzione del problema, che recuperi per queste voci la valenza di trattamento fondamentale sottraendole alla riduzione, dovrà quindi essere perseguita nelle sedi negoziali cui abbiamo fatto riferimento in apertura di questa nota.
Per quanto riguarda invece le ore eccedenti, ad avviso della CISL Scuola esse devono essere pienamente assimilate al trattamento fondamentale quando si tratti di cattedre strutturalmente costituite con più di 18 ore: al riguardo può valere anche il riferimento all'Informativa 2.7.2003, n. 32, dell'INPDAP, che riconduce tali compensi all'interno della retribuzione fondamentale utile per determinare il trattamento di pensione.
Come CISL Scuola siamo, però, convinti che tale assimilazione possa essere fatta valere anche per tutte le altre situazioni in cui l'orario di cattedra è incrementato, per l'intero anno scolastico, con ore eccedenti: in tal caso infatti il trattamento economico consegue ad un aumentato carico dell'attività ordinaria, con i riflessi che ciò comporta anche al di là del mero incremento delle ore frontali (attività connesse, consigli di classe, ecc.).
Su tutte le restanti voci accessorie, si ritiene scontato che quelle riferite a compensi orari per prestazioni aggiuntive non siano ovviamente in gioco, essendo direttamente legate ad attività che possono essere svolte solo in situazione di presenza sul lavoro.
Per quelle diversamente strutturate (funzioni strumentali, incarichi aggiuntivi, eventuali altri compensi forfetariamente definiti) qualunque ipotesi di una loro eventuale decurtazione deve misurarsi con la necessità di individuare modalità e criteri di calcolo, cosa che non crediamo possa essere demandata alla libera creatività del Dirigente Scolastico o del DSGA.
Anche su questo, naturalmente, sono più che mai indispensabili ulteriori approfondimenti in sede negoziale.
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Calcolo ad ore dei permessi retribuiti
Il comma 4 dell'art. 71 prevede che i permessi retribuiti - quando possono essere alternativamente fruiti a giorni o ad ore - devono essere quantificati comunque ad ore, previa individuazione dell'incidenza che va assegnata alla giornata di assenza rispetto al "monte-orario" complessivamente disponibile. Ciò per evitare che la scelta della giornata di assenza sia fatta coincidere, a seconda delle convenienze, con quelle nelle quali è previsto un maggiore o minore carico orario.
La circolare della Funzione Pubblica del 17 luglio chiarisce in termini inequivocabili che l'applicazione di tale principio avviene con effetto immediato solo laddove i contratti collettivi abbiano già previsto la fruizione alternata (a giorni o ad ore) ed abbiano già fissato il corrispondente "monte-ore": negli altri casi, la norma assume la valenza di direttiva rivolta alle parti negoziali, chiamate a concordare le modalità di gestione in sede di contrattazione integrativa.
Detta norma, pertanto, non trova applicazione - per ora - nel Comparto Scuola il cui CCNL disciplina a giorni tutti i tipi di assenza, con la sola eccezione dei permessi brevi di cui all'art. 16 (sottoposti al regime del recupero).
Chiarezza va fatta per i permessi derivanti dall'art. 33, comma 3 della legge 104/92 (tre giorni al mese), cui fa riferimento il comma 6 dell'art. 15 del CCNL, prevedendone la fruizione a giornate relativamente ai lavoratori che assistono un familiare in situazione di handicap grave.
Al riguardo, poiché sono spesso prese a riferimento le elaborazioni proposte da riviste professionali o altri organi di stampa, che si sono esercitati anche nella produzione di tabelle di corrispondenza fra giornate e ore, ricordiamo che la fruizione alternativa in giorni o ore non è prevista come "diritto" da nessuna disposizione di legge: si tratta quindi di una opportunità la cui disciplina è demandata alla contrattazione.
Il tentativo in tal senso operato nel corso dell'ultima tornata contrattuale non ha riscontrato la necessaria disponibilità da parte dell'ARAN.
E' bene precisare, infine, che il comma 4 dell'art. 71 non interviene sulla possibilità - prevista dal comma 6 dello stesso art. 33 - per il lavoratore portatore di handicap di fruire, in alternativa ai tre giorni, di una riduzione oraria giornaliera di due ore; riduzione per la quale la legge non stabilisce alcun rapporto di corrispondenza, in termini di "monte-ore", con i suddetti tre giorni.
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Per completezza di informazione si rimanda a "DENTRO IL DECRETO-LEGGE 112/08" con l'articolata ed analitica "scheda di lettura" già pubblicata nella notizia dello scorso 3 luglio.