Gianni Gasparini

Brusio

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Parecchi anni fa un autore di origini austriache naturalizzato statunitense, sociologo con formazione teologica che divenne ben noto e apprezzato anche da noi, scrisse un libro a cavallo tra sociologia e teologia che affrontava il tema allora assai discusso della (apparente) scomparsa del soprannaturale nelle manifestazioni del sociale. Questo libro di Peter L. Berger, scritto nel 1969 e tradotto l’anno seguente dal Mulino in Italia, recava un titolo curioso, Il brusio degli angeli. Secondo l’autore il trascendente – simboleggiato qui dagli angeli – si era ridotto nelle società occidentali ad un semplice rumore di fondo a cui non si dà troppo retta: era appunto un semplice brusio. Tralascio gli sviluppi del tema affrontato da Berger, che tra l’altro precorre in modo creativo il pensiero teologico attuale (a proposito in particolare della ‘banalità di Dio’, che anticipa di quasi mezzo secolo le considerazioni sul ‘dio banale’ proposte dal teologo cèco Tomas Halik in Voglio che tu sia, Vita e Pensiero 2017), e mi soffermo sul termine da lui usato, che è piuttosto inconsueto nelle scienze umane e non molto frequente neppure in letteratura.
Il brusio, che rimanda a voci onomatopeiche verbali come bruire (presente anche in francese nell’identica forma bruire) e brusìre, indica un fenomeno che può avere origini naturali (vegetazione e animali) o umane. C’è un brusio di cose che si muovono leggermente (il frusciare o lo stormire delle fronde di un albero) e un brusio che trova la sua causa nel “rumore indistinto e sommesso prodotto da persone che parlano sottovoce”, come può avvenire appena prima dell’inizio di uno spettacolo, di una conferenza, di un rito religioso.
Il brusio di carattere ‘naturale’ è quello soprattutto degli alberi sensibili al vento attraverso il fogliame. Credo che L’infinito di Leopardi parli di questo fenomeno, anche se il termine brusio è sostituito da stormire: “E come il vento / odo stormir tra queste piante, io quello / infinito silenzio a questa voce vo comparando…”.
Percepiamo in questa lirica semplice e straordinaria quanto la leggerezza e insieme la forza degli elementi naturali (la vegetazione) siano in grado di suscitare sentimenti profondi in un poeta che li ascolta ed è ad essi sensibile e permeabile.
Il brusio di origine umana è particolarmente interessante in questa sede, perché per manifestarsi ha bisogno di una pluralità di soggetti, è legato dunque alla dimensione sociale. La socialità si manifesta in questo caso tra un numero di solito considerevole di persone che si trovano in presenza l’una dell’altra e che condividono una scelta di partecipazione ad un dato evento, come a uno spettacolo, un rito o una manifestazione che sta per iniziare.
Questo genere di brusio può tradursi in semplici chiacchiere, chat, parole staccate senza precisi intenti. Ma può diventare anche un rumore che cresce e che si compatta nel portare avanti parole legate e idee significative: ad esempio quelle che fanno riferimento ad un movimento allo stato nascente, ad un orientamento creativo maturato in un insieme di soggetti che diventano un gruppo effettivo. O a cambiamenti sorprendenti e non prevedibili: come ha detto recentemente la neo-segretaria del PD in Italia, “nessuno ci ha visti arrivare”. Si può presumere che questa sorpresa sia legata al fatto che nessuno aveva colto il brusio di fondo, quello che ha permesso una svolta imprevista e ricca di conseguenze in un importante partito politico italiano.
Per finire in musica, credo che l’avvio sommesso del primo tempo della Nona di Beethoven ci faccia percepire all’inizio il suono quasi indistinto creato dagli strumenti musicali: è un brusio che cresce progressivamente e diventa l’attacco della sinfonia con il suo motivo indimenticabile, chiaro e forte.