Leonarda Tola

Scelta per noi da Leonarda Tola

I tempi sono cambiati

Paolo Giordano (1982) ha esordito a 26 anni con “La solitudine dei numeri primi” conquistando il Premio Strega 2008. Autore di altri romanzi di successo, nel 2022 ha pubblicato da Einaudi l’ultimo atteso libro “Tasmania”. È utile dare conto subito della scelta del titolo, andando a cercare sulla carta geografica la Tasmania, stato insulare dell’Australia tra l’Oceano Indiano e il Pacifico. Leggiamo a pag. 110: “Ove acquisterebbe un terreno, lei? Per salvarsi intendo… se proprio dovesse. In caso di Apocalisse. Novelli ha riflettuto qualche secondo, poi ha detto: In Tasmania. È abbastanza a sud per sottrarsi alle temperature eccessive. Ha buone riserve di acqua dolce, si trova in uno stato democratico e non ospita predatori per l’uomo. Non è troppo piccola ma è comunque un’isola, quindi più facile da difendere. Perché ci sarà da difendersi, mi creda. Sì, ha aggiunto con maggiore convinzione, se fossi costretto a salvarmi, sceglierei la Tasmania”.
La domanda è formulata dal protagonista, l’Io narrante del romanzo che è uno studioso di fisica convertito definitivamente al giornalismo scientifico e in genere alla scrittura. Palesi i riferimenti autobiografici che rimandano all’autore Paolo Giordano oggi scrittore affermato avendo alle spalle un dottorato in fisica. La risposta è dell’amico e scienziato Novelli con cui si fa fitto il dialogo intorno a quello che è il tema centrale del libro: il mondo in cui viviamo con i cambiamenti estremi a cui assistiamo e che riguardano il clima, i mari, le piogge, l’acqua, la siccità, i deserti, il caldo e il freddo, le foreste e i ghiacciai; la bomba atomica soprattutto; il tempo presente con le sue inedite inquietudini spinte fino alla paura dell’estinzione umana. Lo stato del pianeta e le sue accertate mutazioni è la ragion d’essere del libro, il centro focale intorno a cui si infittisce la narrazione: digressioni scientifiche suffragate da un sapere attestato che informa e apre utilmente alla conoscenza di questioni anche complicate attraverso la mediazione della letteratura.
La trama del libro insegue la storia personale del protagonista a cominciare dalla vita di coppia: il legame con Lorenza, più grande di lui e con un figlio. Un intreccio in bilico che ora si disfa e ora si riannoda e che conferma Paolo Giordano come fine interprete dell’avventura esistenziale nei suoi risvolti interiori e interpersonali. Coerente e intenso il racconto delle amicizie, soprattutto con il compagno di studi Giulio, con cui condivide una divorante passione: da intendersi come stato di sofferenza e di insopprimibile allarme riguardo alle sorti future dell’umanità e della terra che ci ospita. Se fosse solo questo,
Tasmania sarebbe soltanto un romanzo riuscito. In realtà Tasmania è un libro bellissimo. Da leggere. Per la straordinarietà della scrittura: costruzione di una lingua italiana in cui le parole sono quelle, e non potrebbero essere altre, al massimo dell’efficacia e dell’ordine espressivi. Una lezione. Lo si dice dei classici.

In caso di Apocalisse

Nel novembre del 2015 mi sono ritrovato a Parigi per assistere alla conferenza delle Nazioni Unite sull'emergenza climatica. Dico che mi ci sono ritrovato non perché non avessi cercato io quella situazione: al contrario, la questione ambientale mi impegnava la testa e le letture da tempo. Ma se non ci fosse stata in previsione una conferenza sul clima è probabile che avrei inventato un'altra scusa per partire, un conflitto armato, una crisi umanitaria, una preoccupazione diversa e più grande delle mie da cui farmi assorbire. Forse sta tutta lì la fissazione di alcuni di noi per i disastri incombenti, quell'inclinazione verso le tragedie che scambiamo per nobile, e che costituirà, credo, il centro di questa storia: nel bisogno di trovare a ogni passo troppo complicato della nostra vita qualcosa di ancora più complicato, di più urgente e minaccioso in cui diluire la sofferenza personale. E forse la nobiltà, in tutto questo, non c'entra davvero niente.
Era un periodo strano. Mia moglie e io avevamo tentato a più riprese di avere un figlio, insistito per circa tre anni, sottoponendoci a pratiche mediche via via più umilianti. Anche se dovrei dire, per maggior precisione, sottoponendosi soprattutto lei a quelle pratiche, perché nel mio caso, da un certo punto in avanti, si era trattato per lo più di recitare la parte dello spettatore afflitto. Nonostante la nostra cieca determinazione e una discreta quantità di denaro investita il piano non aveva funzionato. Non le iniezioni di gonadotropine, non le procedure in vitro e nemmeno tre viaggi all'estero disperanti di cui non avevamo fatto parola con nessuno. Il messaggio divino contenuto in quei fallimenti ripetuti era chiaro: tutto questo non fa parte del vostro destino. Dal momento che io mi rifiutavo di ammetterlo, Lorenza aveva deciso anche per me. Una notte, con le lacrime già asciutte o senza piangere affatto (non lo saprò mai), mi aveva comunicato di non avere più intenzione di. Aveva usato quell'espressione sospesa, non ho più intenzione di, io mi ero voltato sul fianco, dandole a mia volta le spalle, e avevo accolto la rabbia che montava per una scelta che mi appariva ingiusta e unilaterale.
In quei giorni la mia piccola catastrofe personale mi stava molto più a cuore di quella planetaria, dell'accumulo di gas serra nell'atmosfera, del ritiro dei ghiacciai e dell'innalzamento degli oceani. Più per levarmi di mezzo che altro, ho chiesto al «Corriere della Sera» di accreditarmi alla conferenza sul clima di Parigi, anche se il termine per la presentazione delle domande era scaduto. Ho dovuto scongiurarli in effetti, come se si trattasse per me di un appuntamento irrinunciabile. Avrebbero dovuto pagarmi solo il volo e i pezzi che avrei scritto. Per dormire mi sarei arrangiato a casa di un amico.

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Poiché la bomba su Nagasaki esplose più tardi di quella di Hiroshima, anche l’inizio della commemorazione è previsto dopo. Questo ci lascia il tempo, al mattino, di attraversare il Parco della Pace, dove un monolite nero segnala l'ipocentro dell'esplosione, e di visitare il museo lì accanto. Nelle sale in penombra, all’interno delle teche, osserviamo l'ostensione dei materiali trasformati dalla potenza dell’atomica: le tegole dei tetti punteggiate di bollicine dopo che l'onda di calore ha fatto letteralmente friggere la pietra, le ombre di un uomo e di una scala tatuate su una parete, un rotolo di filo spinato fuso insieme a formare una ciambella, i ferri accartocciati, i vestiti a brandelli – e ovviamente i corpi, materiale organico fra il resto, le facce rese lisce dalle ustioni, gli occhi sigillati, le bocche sciolte. Verso l'uscita c'è una riproduzione a grandezza naturale di Fat Man. È gialla, di un bel giallo acceso, con le giunture al centro pitturate di rosso. Non ne avevo idea. Mi ero sempre raffigurato la bomba grigia: può una bomba essere altro che grigia? Vicino alla riproduzione viene proiettato un filmato a conferma: un gruppo di soldati americani, tutti giovanissimi e a petto nudo, trasportano Fat Man fuori da un hangar, già dipinta di quel giallo scherzoso. La trattano con gentilezza e deferenza ma senza alcun senso di mistero, come se la bomba fosse un grosso giocattolo prezioso.

da: Paolo Giordano, Tasmania, Giulio Einaudi Editore, 2022