Gianni Gasparini

Punto

L’obiettivo principale delle riflessioni portate avanti in questa rubrica, che fa il verso garbatamente ad altri celebri impieghi del termine Zibaldone, è di fermarci a riflettere sulle parole del nostro lessico, di non darle per scontate. Anche perché la nostra lingua, di per sé ricchissima, abbonda di parole polisenso.
Nel caso di punto i significati, le accezioni e le particolarità di uso sono molto numerosi. Senza pretendere di esaurire la gamma completa di tutti i possibili impieghi di questa parola, accenno ad alcuni di essi tra i più consueti.
Segno di interpunzione fondamentale, il punto fermo ci permette di distinguere e articolare la successione del nostro pensiero (e dei nostri pensieri) quando scriviamo e non ci bastano le virgole, i due punti e i punti e virgola: il punto ci consente poi di scegliere se continuare di seguito sulla riga o andare a capo. Personalmente, trovo impegnativi e talvolta irritanti gli scrittori che formulano proposizioni di decine e decine di righe, e che non vanno mai a capo per pagine e pagine: è di prammatica citare l’Ulisse di Joyce con l’invenzione del suo “flusso di coscienza”, ma non mancano altri autori affezionati a questo stile che mette a dura prova il lettore come, per citarne solo due, l’austriaco Broch (Morte di Virgilio) e il brasiliano Guimarães Rosa (Grande Sertão).
Il punto va poi considerato per il suo riferimento allo spazio: esso viene inteso infatti come un ente geometrico che non si estende in nessuna delle tre direzioni ma che si può peraltro intuire, come avviene nell’intersezione di due rette. In questa deriva si possono illustrare anche le accezioni relative ai punti cardinali, ai significati che un punto assume rispetto a una posizione e a un luogo, e persino riguardo al tempo che scorre uniforme e inarrestabile.
Tralascio il punto come stadio di un fenomeno, come elemento di valutazione (a scuola) e inoltre come indicatore positivo, inteso in quanto punto a favore di chi sta conducendo una gara sportiva. Ometto quindi il termine usato con valore aggettivale negativo, come quando si dice di non avere “punto” o “punta” voglia di fare qualcosa, e il significato avverbiale analogo a “per niente, affatto” in frasi negative.
Mi volgo così finalmente a privilegiare gli usi e i significati che hanno a che vedere con argomento, profilo, punto di vista. In quest’ultimo caso il punto può diventare un brano del discorso, un passo o passaggio di una affermazione o di una relazione. E qui il termine in esame ci invita a fermarci, a sostare almeno un momento per “fare il punto”, per cercare di orientarci nel discorso orale o scritto che stiamo portando avanti. Questo ci dovrebbe permettere di capire ed esprimere “a che punto” siamo o ci troviamo del discorso stesso, oppure del tratto di vita che stiamo percorrendo.
Forse, non si è lontani qui da quella constatazione di percepirsi in un punto mediano della propria esistenza. Vi allude il celeberrimo verso iniziale della Divina Commedia, quello che recita “Nel mezzo del cammin di nostra vita” e che – anche in questa fattispecie – allude inequivocabilmente ad un punto.