Reginaldo Palermo

Sulla scuola l'onda del 1968

Foto di Kanenori da Pixabay

Il 1968 è stato un anno di svolta non solo per la scuola ma per tutta la società italiana. Molto, moltissimo si è scritto su quella fase, ed è ormai impossibile aggiungere altro di nuovo. Possiamo solo limitarci a ricordare qualche passaggio importante.
Incominciando con dire, per esempio, che in realtà – almeno in alcune Università italiane – il ’68 iniziò nel 1967. Le prime proteste studentesche risalgono infatti all’autunno di quell’anno, quando a Torino, il 27 novembre, venne occupato Palazzo Campana che all’epoca era sede delle Facoltà umanistiche. Fra i leader del Movimento c’era anche Luigi Bobbio, figlio del filosofo Norberto.
Il ’67 d’altronde è un anno importante anche per un’altra ragione: nel mese di maggio era stato pubblicato Lettera ad una professoressa, il libro scritto insieme a Don Milani dai suoi ragazzi della Scuola di Barbiana.
Erano fermenti importanti che facevano comprendere che nella scuola l’aria stava cambiando, gli studenti rivendicavano spazi di dibattito e di democrazia, l’ “autorità accademica” veniva messa in discussione.
La lezione cattedratica viene considerata superata e poco produttiva, nelle Università nascono gruppi di studio autogestiti o guidati da docenti “democratici” vicini, ideologicamente e politicamente, al Movimento studentesco.
La primavera del ’68 segna un momento di passaggio decisivo: le idee e le istanza del “maggio francese” si diffondono in tutta Europa e ovviamente arrivano anche in Italia. Il movimento dilaga e si sviluppa in modo spesso incontrollato. Quello universitario è straordinariamente attivo alla Statale di Milano, a Roma, a Torino, a Trento, dove era nata da poco la prima Facoltà di Sociologia.
Per restare ai temi più strettamente scolastici, le rivendicazioni del Movimento studentesco erano legate soprattutto alla necessità di “democratizzare” l’accesso all’università e, per quanto riguarda la scuola superiore, a cambiare radicalmente il vecchio esame di maturità che, all’epoca, era ancora fortemente selettivo e rappresentava uno scoglio molto impegnativo (il programma d’esame riguardava tutte le materie e prevedeva anche “riferimenti” agli anni di corso precedenti).
Nel febbraio del 1969 arriva però l’attesissimo decreto legge “promesso” agli studenti dal ministro della Pubblica Istruzione Fiorentino Sullo: era il decreto n. 9 che modificava radicalmente l’esame di maturità che già da subito sarebbe diventato un “colloquio” su due solo materie scelte fra quattro definite dal Ministero stesso; una materia veniva scelta dallo studente e una dalla commissione che sarebbe stato comunque formata da esterni, ad eccezione di un commissario interno.
Le nuove norme avrebbero dovuto avere una validità sperimentale di soli due anni, ma la legge 15 aprile 1971, n. 146 ne prorogò l'applicazione “sino all'entrata in vigore della legge di riforma della scuola secondaria”. E fu così che di fatto l’esame voluto dal Ministro Sullo rimase pressoché intatto per almeno un trentennio.
A dicembre del 1969 (secondo Governo Rumor, ministro Ferrari Aggradi) arriva la seconda importante “riforma” che consente a tutti diplomati di un corso quinquennale l’accesso a qualsiasi facoltà universitaria (in precedenza solo il liceo classico dava questa opportunità).
L'onda del '68 lasciava il suo segno.