Sul concorso DSGA travisamento dei fatti e gratuite offese. Non è così che si fa buona informazione
Da un giornalista come Sergio Rizzo, di cui ricordiamo anche apprezzati interventi in iniziative promosse dalla CISL, non ci saremmo attesi un articolo come quello comparso su Repubblica di oggi, 21 ottobre, molto inesatto nei riferimenti di merito e addirittura offensivo nella scelta di parole sul cui significato, prima di usarle, avrebbe fatto bene a meditare almeno qualche secondo.
Inesattezza nel merito: non sappiamo da chi abbia attinto le informazioni in base alle quali lancia i suoi strali, ma avrebbe fatto bene a verificare meglio l’attendibilità della fonte, prima di affermare che i partecipanti al concorso ordinario per Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) rischierebbero di essere scavalcati dagli Assistenti Amministrativi facenti funzione per almeno tre anni, per i quali l’intesa MIUR sindacati prevede appunto una procedura concorsuale riservata. Per tale procedura, infatti, è scritto chiaramente nell’intesa che le relative graduatorie saranno utilizzate solo in subordine a quelle del concorso ordinario attualmente in corso. Quindi il paventato scavalcamento sarebbe del tutto impossibile per quanto espressamente previsto nell’intesa. Vale la pena inoltre precisare che quella in questione è una procedura selettiva, che dà accesso a un percorso formativo con esame finale.
Ancor più importante è aggiungere che quegli assistenti amministrativi, dipinti come potenziali usurpatori di diritti altrui, sono coloro che, almeno per tre anni ma spesso per molti di più, ricoprendo mansioni superiori in tante scuole prive di titolare ne hanno consentito il regolare funzionamento degli uffici di segreteria, acquisendo nel contempo – come normalmente accade in ogni ambito lavorativo – un bagaglio di esperienze e competenze professionali che non si vede perché non possano e non debbano trovare adeguata valorizzazione, nell’interesse non solo dei lavoratori coinvolti, ma della stessa Amministrazione che così a lungo si è servita del loro lavoro. Con percorsi trasparenti, come prevede l’intesa per la quale i sindacati hanno lavorato in modo serio e responsabile, puntando a contrastare l’eccessiva precarietà del lavoro, come ci chiede la stessa Europa, e a valorizzare l’esperienza acquisita sul campo, senza nulla togliere ad altre modalità di reclutamento (cosiddette ordinarie) la cui attivazione va doverosamente garantita.
Queste le considerazioni di merito su una vicenda che Rizzo mostra di conoscere per sentito dire, trattandola in modo molto approssimativo. Ancor più approssimativo, e offensivo, liquidare il faticoso e serio lavoro di confronto e negoziato condotto da organizzazioni rappresentative di centinaia di migliaia di persone come “camarille sindacali” che continuerebbero a dettare legge nella pubblica amministrazione. Se Rizzo vuole, gli basterà pochissimo per rendersi conto di come le scelte compiute dal sindacato, nel suo complesso e faticoso impegno di dialogo sociale, non siano mai né facili né indolori, per gli equilibri che ogni intesa obbliga a ricercare, scontando sempre aree di insoddisfazione e di contestazione anche molto aspra per ogni accordo che viene sottoscritto. Ciò rende a dir poco infelice l’uso del termine “camarilla” che, come riporta il dizionario on line Treccani, identifica un “gruppo di persone che, senza meriti e senza riconoscimento ufficiale, occultamente influenzano l’azione di un governo, di solito in senso reazionario e per interessi personali”. Come sinonimi, “consorteria, cricca”: tali saremmo noi, secondo la definizione di Rizzo.
Tutto fa brodo, in tempi di affermato culto della “disintermediazione”: ma quando a utilizzare termini così offensivi non è un leader rampante smanioso di rimuovere ogni inutile impiccio al suo decisionismo (se ne trovano da ogni parte), ma un giornalista del calibro di Sergio Rizzo, c’è da augurarsi che la penna sia sfuggita di mano al suo pensiero.
Roma, 21 ottobre 2019
Maddalena Gissi, segretaria generale CISL Scuola
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