Campagna per la riforma della cittadinanza

08.03.2011 10:15

 

NUOVI CITTADINI, SCUOLA E LAVORO

Al via la fase due della Campagna nazionale per la riforma della legge sulla cittadinanza, promossa dall'Anolf e dall'Anolf giovani, con il sostegno della Cisl. Obiettivo è il riconoscimento dello ius soli agli oltre 800 mila bambini e adolescenti di seconda generazione, nati da genitori stranieri ma cresciuti in Italia.

Persone che si sentono italiane ma che, al compimento del diciottesimo anno, non avendo la cittadinanza (che il nostro sistema giuridico riconosce solo a chi è nato o si è sposato con cittadini italiani) potrebbero perdere il diritto ad avere un permesso di soggiorno.

Li chiamano “gli italiani con il foglio di via”. Generazione “zero”, cittadini senza patria e senza diritti. In Parlamento, sono presenti diversi disegni di legge che chiedono la riforma della legge sulla cittadinanza (non ultimo il testo presentato dagli onorevoli Sarubbi e Granata) ma attualmente tutti giacciono nei cassetti delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato.

La situazione è bloccata. Gli sforzi di sostenere il cambiamento, fatti anche da parte della Cisl, non hanno prodotto effetti. Ma chi non demorde trova sempre nuove strade.

Ed è per questo che è scattata la fase due della Campagna a livello provinciale e regionale con un'agenda di iniziative locali che tocca decine di comuni, che è sospinta dall'energia e dalla forza di quei giovani italiani con il permesso di soggiorno a cui il principio dello ius sanguinis nega la prospettiva e il diritto di essere italiani a tutto tondo.

La nuova fase della Campagna chiede, così, ai Consigli comunali delle Amministrazioni locali di approvare ordini del giorno sulla riforma della cittadinanza.

Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, recentemente si è unito al coro e ha assicurato che lo presenterà. Altri Comuni lo hanno già fatto. Chi non si arrende, del resto, trova sempre nuove strade. Soprattutto se sono giovani con una marcia in più, adolescenti in grado di farsi sentire a voce alta, studenti che frequentano le scuole dell'obbligo e sono iscritti alle università ma che, un domani, non potranno mai fare il medico e l'infermiere, l'insegnante o il ferroviere.

“Non siamo immigrati, non veniamo da altri paesi" – dice Maruan Oussaifi, presidente dell'Anolf Giovani - "non abbiamo attraversato frontiere, noi siamo qui fin dall'inizio della nostra vita. Siamo ragazzi che, nella maggioranza dei casi, non abbiamo mai visto il paese di origine dei nostri genitori, non parliamo la lingua e molto probabilmente ci perderemmo più facilmente nelle vie della città natale di nostro padre piuttosto che a Roma o Milano".

Ma la beffa c'è. Perché, proprio il mancato riconoscimento della cittadinanza in base al principio dello ius soli, mette a rischio la permanenza di questi ragazzi in Italia se, al compimento della maggiore età, non saranno forniti di un permesso proprio per lavoro o studio.

Tutti questi ragazzi hanno in tasca già un foglio di via verso un paese di origine che neanche conoscono, in molto casi. Ragazzi senza voce e rappresentanza.

Ecco perché, nonostante la chiusura del Governo e del Parlamento, l'intuizione dell'Anolf e della Cisl di creare spazi di visibilità ha portato in pochi mesi migliaia di giovani ad aderire al progetto delle seconde generazioni in tante province italiane.

"E' ora di dire basta e farci vedere" - ha detto Yolanda, peruviana - "abbiamo studiato qui ma non ci fanno entrare nel mercato del lavoro, congelano le nostre energie e i nostri progetti".

Si unisce al coro Yosr, tunisina iscritta a giurisprudenza: "Questi per me sono giorni tristi, il mio paese di origine vive ore di angoscia e violenza. ma ci tenevo a essere qui perché sono italiana e questa per la cittadinanza è la mia battaglia. L'Italia accolga la nostra richiesta".

La mobilitazione continuerà sul territorio.

“Non ci fermeremo e arriveremo al nostro obiettivo" – aggiunge Oussaifi - "sensibilizzando la società e le istituzioni per un Italia giusta ed equa". Giusta con i suoi figli. Come Khalid, marocchino di Prato e da undici anni in Italia. "Volevo partecipare a un concorso per manutentore tecnico alle ferrovie dello stato. Mi sono illuso perché quando mi sono presentato al concorso mi hanno detto che era riservato ai soli cittadini italiani. E, allora io non sono italiano?"

Diceva qualcuno che un Paese è di chi lo ama e lo abita. Ma l'Italia si comporta come una riserva indiana che non più alcun senso culturale, giuridico e costituzionale. L'immigrazione viene usata per consolidare il consenso della paura  ma non bisogna lasciarci condizionare.

“La sfida che pongono i giovani va ben oltre il riconoscimento di cittadinanza" – ha spiegato il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, alla presentazione della fase due della Campagna per la cittadinanza - "E' una richiesta che sottende la necessità di un nuovo modello di comunità e di economia sul territorio che mette al centro le persone, politiche di inclusione e produzioni industriali sostenibili”.

Nel 2011, cade il 150° anniversario dell'Unità d'Italia ed è pertanto una buona occasione per riflettere sul processo avviato nel 1861 e tuttora in corso. Riconoscere ai giovani figli d'immigrati nati o cresciuti nel nostro Paese il diritto ad essere italiani non solo di fatto, come già avviene, ma anche formalmente significa capire che il processo di unificazione nazionale oggi continua aggregando non più, nuovi territori, bensì nuovi cittadini.

A scuola, nella società, nel mercato del lavoro.

(Articolo tratto da "Scuola e Formazione")