SI PRECISA LA MANOVRA. SI CONFERMA E CRESCE IL DISSENSO

26.09.2008 14:58

Il giudizio politico della CISL Scuola sul Piano Programmatico previsto dall'art. 64 del decreto-legge 112/08 non può che riflettere le valutazioni ripetutamente espresse nei confronti di una manovra destinata a stravolgere il nostro sistema pubblico di istruzione a colpi di decreto.

Il dissenso rappresentato in più occasioni dalla CISL Scuola - che trova un primo importante momento di sintesi nella Manifestazione Nazionale dell'11 ottobre a Roma - è lo stesso che in queste settimane alimenta la protesta diffusa in tutte le scuole italiane per un'operazione devastante nei contenuti e sconcertante sul piano del metodo: non può definirsi diversamente la scelta di rimettere in discussione nel giro di poche settimane, per mere ragioni di contenimento della spesa, l'intero sistema scolastico.

Il Piano Programmatico, infatti, dovrebbe rappresentare - secondo quanto prevede la manovra del Governo - una "summa" degli interventi attraverso i quali, con la successiva emanazione di uno o più regolamenti, si devono raggiungere in un triennio gli obiettivi di risparmio indicati dalla legge (3.188.000.000 di euro, ossia 87.000 docenti e 44.500 ATA in meno), mediante una complessiva revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico. Il tutto con ampia licenza di modificare le disposizioni legislative vigenti.

Con quali margini per una ponderata riflessione, così come per il dialogo e il confronto, lo si poteva e lo si può chiaramente immaginare.

Sono queste le ragioni per le quali si assiste, da giorni, all'affannoso tentativo di "nobilitare" la manovra con argomentazioni che appaiono spesso improntate (si veda per tutte la questione del "maestro unico") a superficialità e pressappochismo, fatte da politici che si improvvisano pedagogisti e tradotte in spot mediatici che alimentano la nostalgia del "come eravamo", nell'incapacità di fare proposte serie per il presente e per il futuro.

Capita anche, molto spesso, che le affermazioni rese vengano in breve tempo smentite, anche perché la prevista "concertazione" degli interventi fra Ministero dell'Istruzione e Ministero dell'Economia vede finora affermata, sistematicamente, la prevalenza di quest'ultimo.

* * *

La stesura del Piano Programmatico - trasmessa ieri ufficialmente dal MIUR - risulta sostanzialmente diversa da quella illustrata dal Ministro venerdì scorso, 19 settembre, ai sindacati e agli organi di informazione.

Mentre la Gelmini appariva a "Porta a Porta", sparivano, infatti, dal suo Piano, ad opera del MEF, proprio quelle parti che in quella sede stava utilizzando per spargere a piene mani promesse e rassicurazioni.

Scompaiono, in particolare:

  • la raccomandazione ad usare cautela negli interventi sulle scuole dei piccoli comuni;
  • ogni e qualsiasi riferimento al "tempo pieno", definizione che viene accantonata e sostituita da una formulazione ben diversa ("estensione delle ore di lezione pari ad un massimo di 10 ore settimanali, comprensive della mensa");
  • ogni riferimento alla legge 176/07, per far posto - certo più "coerentemente" - al decreto legislativo 59/2004.

Sulla questione del tempo scuola nella scuola primaria - che a seguito del decreto-legge 137 ha assunto via via centralità nel dibattito - si sta delineando con sempre maggior chiarezza uno scenario ben diverso da quello descritto dal Ministro.

Il modello delle 24 ore (con docente unico) non solo si conferma come quello da privilegiare, ma sembra estendersi anche all'opzione base della legge Moratti, quella delle 27 ore. Diversamente non si capirebbe coma mai solo sul modello da 30 ore si avverta la necessità di prevedere esplicitamente il ricorso obbligato al maestro prevalente.

Sul "tempo pieno" si è partiti dall'esplicito richiamo al "modello" reintrodotto dalla legge 176/07, stemperato poi in un riferimento alle "consistenze di organico" previsto dalla medesima suddetta legge, per giungere alla definitiva formulazione (quella sopra descritta) che prefigura uno "spezzatino" ancor più variegato di quello della legge Moratti.

La rassicurazione sul mantenimento del "tempo pieno", quindi, e la promessa di una sua ulteriore diffusione, si rivela una colossale mistificazione: ciò che viene garantita, infatti, è un'opzione di tempo "allungato", in un contesto di notevole confusione organizzativa.

* * *

Riguardo la scuola dell'infanzia, la ventilata espansione del servizio è affidata ad un crescente ricorso al modello solo antimeridiano, che appare l'unica via per recuperare le risorse necessarie. Da notare la scomparsa di ogni riferimento alla consistenza oraria delle due possibili opzioni organizzative (orario completo o solo antimeridiano).

* * *

Sempre in tema di sparizioni, non c'è più il richiamo esplicito ad una integrazione fino a 33 ore dell'orario settimanale nella scuola secondaria di I grado, mentre resta confermata la possibilità del "tempo prolungato" a 36 ore solo in presenza di adeguate condizioni strutturali.

* * *

Per la scuola secondaria di II grado, non ritroviamo più nell'ultimo testo alcune precisazioni riferite ai contenuti disciplinari dei diversi indirizzi (potenziamento dell'inglese nel liceo classico; opzione per una seconda lingua al posto de latino nello scientifico; ecc.). Resta invece la drastica riduzione del monte ore settimanale (non più di 30 per i licei e non più di 32 per  tecnici e professionali).

* * *

Si confermano, altresì, le previsioni di "taglio" per tutti i profili del personale ATA, anche se scompare, nella sezione "Quadro degli interventi", la tabella indicante il riparto della manovra regione per regione.

* * *

Viene ribadito esplicitamente, infine, che gli interventi del Piano sono finalizzati al "globale riassetto della spesa pubblica che il Governo è chiamato inderogabilmente ad avviare", fugando così ogni dubbio circa il fatto che la riduzione della spesa per l'istruzione resta l'unico vero obiettivo che al governo interessa perseguire.