"Scuola, al pettine i nodi che portano allo sciopero" - Articolo di F. Scrima (sul prossimo numero di “Scuola e Formazione”)

14.03.2007 16:16
Categoria: Comunicati Stampa

La nostra speranza di essere un paese normale sembra destinata a non realizzarsi mai. Non è sicuramente normale avere un quadro politico così incerto, fragile, precario da rischiare, a giorni alterni, una crisi di governo; non è normale un clima così litigioso da rendere impossibile anche solo pensare che si possa avere qualche progetto di riforma seria e chiara.

Parliamo dei nostri problemi, dei problemi della scuola, ma ormai tutti dovrebbero essere convinti che questi sono fra i problemi più importanti e urgenti del Paese.

Di scuola, in tivù e nei media, se ne parla ormai ogni giorno per denunciare maleducazioni insopportabili, violenze striscianti, comportamenti inadeguati. autorevolezze scomparse, relazioni educative compromesse.

Ci si ferma e ci si scandalizza sui singoli fatti ma si perde di vista l'insieme; non si considera la difficoltà e la fatica di sostenere un compito educativo che esigerebbe il coinvolgimento solidale e concreto di tutta la società e, in primo luogo, delle rappresentanze politiche che la governano.

La scuola non è un luogo di alieni, è solo il luogo in cui vengono al pettine più facilmente le rinunce e le fughe educative di una società senza padri e senza regole.

Noi difendiamo questa scuola umiliata e offesa da troppe arroganze; noi difendiamo i tanti insegnanti e i tanti professionisti che ogni giorno compiono con dignità e coraggio il loro faticoso lavoro intessuto di cultura e di valori.

Ma a chi stanno poi a cuore, oltre alla scuola, cultura e valori?

Eppure in un paese che aspira a mantenere posizioni di rilievo tra i paesi più industrializzati e competitivi, lavorare per dei sistemi di istruzione e formazione riformati ed efficienti, dovrebbe essere la priorità nazionale.

Considerare i problemi della conoscenza come le chiavi essenziali dello sviluppo del sistema paese, dovrebbe connotare la coerente azione di un Governo e di un Parlamento impegnati, in maniera seria, decente, organica, a fare seguire fatti concreti e scelte pratiche ad altisonanti programmi elettorali, a facili dichiarazioni programmatiche a espressioni di interesse e di intenti spesso solo demagogiche e velleitarie.

Riconosciamo che qualche passo si sta facendo, ma un cammino coerente per un processo riformatore complesso e condiviso dovrebbe passare necessariamente attraverso il confronto sociale, la discussione politico-parlamentare, la concertazione con le categorie coinvolte, il coinvolgimento pieno della scuola.

Invece, la parossistica litigiosità fra le diverse forze politiche, la scarsa coesione che interessa la stessa compagine governativa, la non assunzione del principio superiore di un'etica della responsabilità, porta a trattare di scuola in modo laterale e inusuale.

E' sicuramente inusuale, almeno sul piano del metodo, lo "spacchettamento" di importanti pezzi di riforma dei sistemi di istruzione e formazione operati attraverso la legge finanziaria, o il decreto "milleproroghe" o l'uso ripetuto di decreti-legge.

Si arriva così al paradosso di vedere discussi i problemi della scuola nella Commissione parlamentare sulle attività produttive!

Intanto sembra ancora tutta in salita, tra fondamentalismi ideologici e mancanza di risorse, la questione dell'innalzamento dell'obbligo di istruzione.

A noi sembra opportuno ricordare la necessità di agganciare l'obbligo ad una finalità/terminalità sensata e spendibile sul mercato del lavoro.

Ci sembra francamente privo di senso che il fine e il risultato di un obbligo di tale portata sia solo quello di sentirsi finalmente e semplicemente disobbligati.

Occorre diffidare dei vuoti formalismi e pensare che la frequenza scolastica serve solo se consente una riuscita formativa.

Ma non va in questa direzione e non ci induce all'ottimismo quanto avviene in questi giorni a proposito di organici.

La Finanziaria non aiuta certo la scuola "tagliando" organici e penalizzando le aree e gli alunni con più fragilità e più problemi.

Ci chiediamo allora che valore ha ritrovare la scuola fra le priorità del "dodecalogo" del sopravvissuto Governo Prodi, se poi, a 15 mesi dalla sua scadenza, non si riesce neanche a riavviare il tavolo per il rinnovo contrattuale 2006/09.

E' questo un fatto incredibile e impensabile, la negazione di un diritto talmente ovvio che non si può intendere che come provocazione.

Coerenza politica e decenza nella pratica del buon governo imporrebbero di utilizzare parte delle cospicue ed impreviste nuove entrate fiscali di cui il governo è beneficiario per avviare un vero grande investimento sulla scuola a cominciare da un doveroso adeguamento degli stipendi del personale ai parametri europei.

Sarebbe questa la condizione prima e indispensabile perché l'istruzione, il sapere, la scuola fossero avvertiti veramente come settori trainanti dello sviluppo del paese. E, invece, sono negati anche quei 200 milioni di euro che sono "frutto" di risparmi interni alla scuola.

Così tutti i "nodi" arrivano al "pettine" e per scioglierli non possiamo che ricorrere alle forme di lotta più dure e quindi alla proclamazione di uno sciopero generale della categoria.

Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola