Nè statolatria nè statofobia

17.07.2006 17:18
Categoria: Comunicati Stampa

Il contributo di Francesco Scrima, Segretario Generale della CISL Scuola, in riferimento al dibattito sviluppatosi a seguito dell'intervista al Patriarca di Venezia, Cardinal Scola, apparsa sulle pagine del "Corriere della Sera" di ieri, domenica 16 luglio (detto contributo apparirà sul numero di domani di "Conquiste del Lavoro").

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Nè statolatria nè statofobia

La riflessione e il dialogo sociale sulla scuola sono importanti; se non si investe sulla scuola si condanna il Paese al declino.

Per questo è fondamentale che tutta la società civile si riappropri della questione educativa e arrivi a stringere un patto che impegni tutti a indirizzare le migliori energie, intellettuali, morali ed economiche a sostenere, migliorare e vitalizzare quella che va considerata la più importante fabbrica del Paese, una fabbrica di futuro: la scuola.

L'intervento del Cardinale Scola, da questo punto di vista, è utile ed apprezzabile.

Non si può che concordare su osservazioni come: "Se una Repubblica non fa tutto per la scuola e per l'università, è persa", così come sulla critica a quella "ingessatura centralistica" che noi abbiamo visto rinascere e rafforzarsi con la riforma Moratti, e che sicuramente "non consente di assumere le novità e le contraddizioni che si vanno manifestando nelle nostre scuole ed università".

Ugualmente condivisibile, anzi prezioso, è il grande invito del Patriarca ad "una nuova laicità" che consenta di tenere in dialogo tutte le culture di questo nostro Paese plurale che ormai è anche multietnico e multireligioso.

Il problema, in concreto, è quello dei modi e degli strumenti utili a garantire sussidiarietà e pluralismo proprio dentro quella cornice di dialogo e di incontro, e non di indifferenza e separazione, che resta valore primario di ogni società e di ogni autentico progetto educativo.

E qui crediamo che lo Stato e una scuola della Nazione abbiano una grande funzione e un ruolo ancora insostituibile.

La formazione e la scuola sono un bene comune, non beni privati.

Ci spaventano quelle posizioni neo e ultraliberiste che, in una tavola rotonda degli industriali europei, sono state sintetizzate nell'affermazione: "l'offerta educativa è un'opportunità di mercato e come tale va considerata".

E' una prospettiva che considera l'educazione come un "capitale individuale", di esclusiva pertinenza della sfera privata, da comprare e da giocare in una pura logica di mercato.

Il rischio di ridurre l'educazione a merce da proteggere da "presunti diritti sociali" c'è, seppur in forma diversa, anche non sposando posizioni mercantiliste ma esaltando troppo diritti di appartenenze identitarie.

Quello che rischia di saltare è il concetto di cittadinanza e di coesione sociale.

Allora dobbiamo intenderci sul concetto di Stato e sul rapporto fra Stato e Società Civile.

Lo Stato è la struttura giuridica e politica con cui un gruppo sociale, in un territorio, organizza la sua vita collettiva; dunque lo Stato è una forma complessa di organizzazione e regolazione sociale, non può essere considerato né come una divinità onnipotente né come un moloch terribile.

Noi non siamo inclini né alla Statolatria, né alla Statofobia.

Anche lo Stato è una struttura comunitaria, quella della grande comunità nazionale, quella che ha il compito di promuovere il massimo di inclusione e di garantire l'equilibrio sociale.

Noi abbiamo una concezione positiva dello Stato e della sua funzione, quella concezione che, venendo da Aristotele e passando per la Scolastica, ci fa considerare la polis e la politica una struttura necessaria al bonum vivere.

Ma questo non comporta una concezione negativa del Non-Stato, cioè della Società civile.

Crediamo anzi che la Società civile, in tutte le sue varie articolazioni e libere organizzazioni, debba crescere dentro lo Stato, arricchendolo della vitalità che è propria del caldo spirito comunitario più che di quello burocratico di una struttura giuridica e coercitiva.

Occorre far crescere, dunque, la Società civile dentro lo Stato e non contro lo Stato o in alternativa allo Stato.

Questo, per noi, vale anche per la scuola e per la sua organizzazione e gestione.

Siamo d'accordo col Cardinale Scola quando esalta la scelta dell'autonomia scolastica e lamenta che "in Italia autonomia e decentramento scolastici sono per ora timidi vagiti".

Partiamo da qui e cerchiamo, tutti insieme, di vedere che cosa vuol dire gestire la scuola dell'autonomia e costruire una buona scuola per tutti.

Sicuramente non può voler dire continuare a pensare ad uno Stato tuttoregolante attraverso un suo Ministero, ma non può significare neanche lasciargli solo il compito di fissare norme così generali da permettere poi che ogni scuola sia diversa da ogni altra scuola.

Che ogni scuola debba avere un Progetto Educativo serio e non minimalista, un progetto educativo costruito e condiviso con la comunità in cui opera, è fondamentale, ma non si può dimenticare che anche tutta la comunità nazionale, nel suo insieme, ha bisogno di un progetto educativo forte, inclusivo, unificante.

Noi non ci rassegniamo all'idea che le società complesse siano ingovernabili, o siano governabili solo riducendo al minimo i legami di comunanza e di solidarietà.

Uno Stato astensionista dà solo avvio a una società frantumata, balcanizzata, pericolosamente incline agli scontri e all'inimicizia.

Riteniamo che abbia ancora un senso la metafora, usata da Platone, che vede il governante come tessitore e ci dice che "il fine della tela dell'azione politica è una buona tessitura", una tessitura coerente e solida, non frammentata, non strappata.

Se questo resta un obbligo di civiltà, un obbligo di vita civile capace, laicamente, di dialogo e di unità, e se quest'obbligo vale per ogni scuola che voglia essere scuola di tutti e di ognuno, allora non si capisce che cosa significhi, alla fine, pensare a gestioni privatizzate.

Non risponderebbero che a motivi ed interessi economici.

Ma questo non è, ovviamente, l'interesse del Cardinale Scola e di nessuna Chiesa.

La proposta di annullare, frantumandolo, il sistema della scuola statale pare dunque aprire più problemi di quanti si possa pensare di risolverne.

In termini concreti si consideri solo che in Italia il 72% dei Comuni ha meno di 5.000 abitanti e che il 58% ne ha meno di 3.000.

A chi e come, anche ammettendo un valore a questa proposta, daremo la possibilità di scegliere e frequentare scuole ideologicamente o idealmente orientate?

Anche questo dato ci porta dunque a ribadire il valore e l'insostituibilità della scuola pubblica di Stato e ci porta, come chiede il Patriarca di Venezia, a ragionare tutti, e tutti insieme, di nuova laicità e di nuova scuola.

Una laicità e una scuola forti di valori e di dialogo sui valori; non di rinunce, separazioni o scontro di valori.

   

Francesco Scrima

Segretario Generale della CISL Scuola